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Venti di guerra

Ecco cosa può succedere sui mercati se la Russia attacca questa settimana

L’allarme di attacco imminente è stato preso sul serio venerdì, e ha dato la misura di cosa potrebbe accadere. I precedenti indicano un impatto temporaneo e limitato. Mercati in cerca di direzione, Fed e politica non aiutano

di Stefano Caratelli 14 Febbraio 2022 08:15
financialounge -  mercati Russia ucraina Weekly Bulletin

Se alla fine la Russia dovesse davvero lanciare un’azione militare in piena regola in Ucraina, quanto male la prenderebbero i mercati finanziari? I venti di guerra si sono intensificati venerdì pomeriggio, con indiscrezioni di intelligence che davano un attacco possibile già mercoledì 16 febbraio, e la telefonata del weekend tra Vlad Putin e Joe Biden non ha cambiato sostanzialmente le cose. Ma il mestiere di mercati e investitori è quello di cercare di anticipare le mosse e i trend di politica e economie, e Wall Street ha già mandato in scena una prova generale di come reagirebbe a un evento bellico in Ucraina nella seconda parte della seduta di venerdì. Un test particolarmente affidabile perché effettuato alla vigilia del weekend, vale a dire due giorni di ‘buio’ durante i quali le mani di venditori e compratori sarebbero state legate.

CORSA A PETROLIO E BENI RIFUGIO


Quando sugli schermi e nelle chat dei trader è apparso l’allarme del national security adviser della Casa Bianca Jake Sullivan, secondo cui la Russia avrebbe potuto attaccare in qualunque momento, l’azionario americano ha preso con decisione la direzione Sud, con il Dow Jones giù di 500 punti e lo S&P 500 sotto di quasi il 2%, il prezzo del petrolio schizzato del 4,5% e acquisti diffusi di beni rifugio, dal dollaro allo yen, dall’oro ai Treasury, il che ha fatto tornare il rendimento del decennale sotto il 2%. Il Nasdaq è stato il più bersagliato, probabilmente perché sull’indice tecnologico c’è ancora parecchio profit da mettere in salvo, mentre tra i blue chip spiccava il solitario rialzo del 2,4% di Exxon Mobil. In Europa la notizia, uscita all’ora di pranzo americana ma con i mercati alle ultime battute, non ha fatto in tempo a fare troppi danni. Ora ovviamente ci si chiede quanto la sbandata di Wall Street abbia prezzato una guerra vera e non solo data per imminente da una fonte autorevole.

LA STORIA DEGLI ULTIMI 80 ANNI


Per capirlo può essere utile uno sguardo a quello che è successo in passato in casi simili. Qualche mese fa MarketWatch ha pubblicato una tabellina che va indietro di 80 e passa anni, fino a Pearl Harbour e alla Guerra di Corea, per arrivare alla sconclusionata ritirata di Biden dall’Afghanistan dell’estate scorsa, passando per l’11 settembre e l’invasione di Saddam del Kuwait nel 1990. Quello che si vede è che la reazione di Wall Street a shock geopolitici anche molto violenti è sempre stata alla fine contenuta, con cali immediati limitati entro il 5% e onde successive a due cifre solo in 4 casi in oltre 80 anni: Pearl Harbour, Corea, Kuwait e Torri Gemelle, poi comunque recuperate nel giro di poche settimane, tranne che per la guerra con il Giappone e quella del Golfo. Se Putin dovesse dare l’ordine di attacco ai carri armati schierati ai confini dell’Ucraina, gli asset più esposti a forti movimenti secondo molti esperti sarebbero soprattutto due, il petrolio, con il prezzo che potrebbe facilmente toccare e superare i 100 dollari, e il T-bond a 10 anni, con gli investitori in cerca di rifugio e protezione.

RISCHI SU INFLAZIONE E CURVA DEI RENDIMENTI


Un petrolio a 100 dollari e oltre vorrebbe dire benzina sull’inflazione in America e in giro per il mondo, e magari indurre la Fed e altre banche centrali a diventare più aggressive di quanto vorrebbero. Ma rendimenti dei Treasury in caduta per effetto di un flight to safety farebbero appiattire ancora di più la curva dei tassi USA, con i rischi associati di recessione che si avvicina, il che potrebbe al contrario indurre Powell e compagni a rivedere i piani di rialzo dei tassi e uscita dallo stimolo. Il vero tema che sta emergendo diventa quindi la capacità delle politiche fiscali e monetarie di trovare un punto di equilibrio per assicurare un ‘soft landing’ all’economia americana, che protegga fatturati e utili delle aziende quotate a Wall Street. Il buon senso dice che le correzioni sono salutari per il mercato, fino a che non arrivano davvero però, e possono far scattare reazioni emotive e effetti valanga. La stagione delle trimestrali si è praticamente chiusa con l’85% dei titoli dello S&P 500 che hanno battuto le attese.

COSA DICONO LE GUIDANCE DI WALL STREET


Più importanti dei risultati dell’ultimo trimestre del 2021 sono le guidance rilasciate sul 2022, e qui abbiamo una riduzione delle attese di utili solo nel 6,7% dei casi contro una media storica del 7,4%. A livello di settori, l’Healthcare è stato quello che ha migliorato di più le stime, ma i Tech, nonostante le batoste recenti, e i Consumi, sia discrezionali che di prima necessità, hanno tutti migliorato la guidance a tassi di oltre il 20%. Sembra proprio che il mercato sia in cerca di una direzione, ma non la trova, la Fed non aiuta, e la politica ancora di meno. Anche il quadro tecnico è confuso e di difficile lettura, con lo S&P 500 che viaggia nella parte bassa del trading range che sembra si stia formando, sotto del 7,6% rispetto agli ultimi massimi ma sopra del 4,1% rispetto al minimo intraday del 24 gennaio. Il modo migliore per farsi male sembra sempre quello di cercare di indovinare minimi e massimi di brevissimo periodo, con il rischio di un doloroso ‘buy high’ e ‘sell low’.

BOTTOM LINE


Se dovesse davvero arrivare la guerra in Ucraina nelle prossime ore, il grosso sembra che Wall Street lo abbia già prezzato. Se non arriva c’è da aspettarsi un rimbalzo di sollievo che non indicherebbe però in nessun caso un trend. Per l’investitore che guarda al medio lungo termine, in questo mercato in cerca di direzione sembra più importante guardare alle valutazioni che ai minimi o massimi giornalieri, per capire quando il prezzo è giusto, sia a livello di settore che di singoli titoli.
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