Mercato obbligazionario
Mercato del credito al riparo dalla volatilità, nessuna recessione in arrivo
Nelle Prospettive settimanali del CIO, Neuberger Berman prevede che la volatilità si farà invece sentire sui mercati azionari e sempre più anche sulle obbligazioni governative, causa inflazione e rendimenti reali
di Stefano Caratelli 15 Febbraio 2022 19:45
Nel corso del 2022 ci attende ulteriore volatilità, specialmente in corrispondenza dell’uscita dei dati economici più sensibili, che verosimilmente si farà sentire sui mercati azionari e sempre di più anche sui mercati delle obbligazioni governative. Ma, a meno che non si verifichi un evento globale raro ma decisamente avverso, i mercati del credito continueranno a essere risparmiati dalla volatilità, dal momento che queste dinamiche non hanno a che vedere con la minaccia di una recessione ma con l’andamento dell’inflazione e dei rendimenti reali.
Sono le conclusioni delle Prospettive settimanali del CIO di Neuberger Berman, a cura di Brad Tank, Chief Investment Officer—Fixed Income, secondo cui la calma nei mercati creditizi non lascia intravvedere alcun segnale di un’imminente recessione e l’appiattimento della curva dei Treasury USA ha più a che vedere con il mancato riconoscimento, da parte del mercato, dell’esistenza di crescenti forze inflazionistiche di natura strutturale. Nel quarto trimestre del 2021 l’economia statunitense è cresciuta ben oltre le attese con il dato annuo al 5,7%, il migliore da quasi quarant’anni a questa parte. Ma lo spread tra i rendimenti dei Treasury a 10 e 2 anni si è appiattito sensibilmente, in una dinamica che in passato è stata spesso vista come segnale premonitore di rallentamento economico.
Tank spiega che la causa va cercata in un’inflazione straordinariamente alta che ha reso la Fed particolarmente aggressiva, facendo temere che possa provocare con i rialzi dei tassi un grave rallentamento dell’economia. Ma la calma nei mercati creditizi indica che non è questo il caso. Inoltre, le azioni growth sono rimbalzate, e anche i settori ciclici come energia, materiali, industriale e servizi finanziari. Dal punto di vista dei mercati obbligazionari questa appare come una rotazione interna al mercato, con ampi margini per l’insorgere di ulteriore volatilità sul mercato azionario.
Nei mercati creditizi il quadro è molto più semplice, spiega Tank, e non si intravvedono segnali di imminente recessione. Da inizio anno lo spread dell’indice Global High Yield si è ampliato di appena 50 punti, rimanendo sotto i livelli di novembre. Se il sell-off azionario e l’appiattimento della curva dei rendimenti fossero legati a un rallentamento dell’economia difficilmente avremmo assistito a una tale stabilità o ad afflussi così robusti a favore delle recenti emissioni di High Yield e corporate bond ibridi.
L’esperto di Neuberger Berman sospetta che, dopo 40 anni di deflazione e 10 anni di inflazione stabilmente sotto il 3%, gli investitori non siano ancora pronti a riconoscere che abbiamo superato un punto di inversione, e non siano ancora pronti a riconoscere l’esistenza delle forze inflazionistiche strutturali all’opera. Negli Stati Uniti l’inflazione su base annua sembra verosimilmente destinata a scendere fino a circa il 3% entro fine anno, per poi convergere verso il target del 2% fissato dalla Fed. Per questo secondo Tank si dovrebbe passare dalla media dell’1,8% registrata a partire dal 2008, a un valore più vicino al 2,5% nel corso dei prossimi 10 anni.
Secondo le stime di Neuberger Berman entro fine anno il rendimento reale dei decennali USA crescerà fino a circa il -0,10%, e il nominale fino a circa il 2,10%, il che vorrebbe dire che siamo sulla buona strada verso un’inflazione al consumo negli Stati Uniti prossimo al 2,5%. È questione di tassi reali, non di recessione, spiega Tank, secondo cui nel corso di quest’anno si tratterà soprattutto di osservare con attenzione l’andamento dei dati, cercando di capire come si presenterà il mix d’inflazione e quanto rapidamente calerà nel complesso.
I dati sul mercato del lavoro USA segnalano un trend sottostante verso un eccesso di domanda, mentre i prezzi delle materie prime proseguono la loro scalata, che ha visto il petrolio toccare i 90 dollari al barile per la prima volta da oltre sette anni. Nell’Eurozona la disoccupazione è calata fino al 7%, mentre a gennaio l’inflazione ha viaggiato sul 5,1%, il livello più basso e il più alto rispettivamente registrati dall’adozione della moneta unica. La Bce ha espresso preoccupazione “unanime” e Christine Lagarde si è rifiutata di escludere un rialzo dei tassi nel 2022, facendo schizzare in alto euro e rendimenti, sia delle obbligazioni europee che di quelle statunitensi.
L’APPIATTIMENTO DELLA CURVA DEI TREASURY
Sono le conclusioni delle Prospettive settimanali del CIO di Neuberger Berman, a cura di Brad Tank, Chief Investment Officer—Fixed Income, secondo cui la calma nei mercati creditizi non lascia intravvedere alcun segnale di un’imminente recessione e l’appiattimento della curva dei Treasury USA ha più a che vedere con il mancato riconoscimento, da parte del mercato, dell’esistenza di crescenti forze inflazionistiche di natura strutturale. Nel quarto trimestre del 2021 l’economia statunitense è cresciuta ben oltre le attese con il dato annuo al 5,7%, il migliore da quasi quarant’anni a questa parte. Ma lo spread tra i rendimenti dei Treasury a 10 e 2 anni si è appiattito sensibilmente, in una dinamica che in passato è stata spesso vista come segnale premonitore di rallentamento economico.
DINAMICHE E ROTAZIONI DI MERCATO
Tank spiega che la causa va cercata in un’inflazione straordinariamente alta che ha reso la Fed particolarmente aggressiva, facendo temere che possa provocare con i rialzi dei tassi un grave rallentamento dell’economia. Ma la calma nei mercati creditizi indica che non è questo il caso. Inoltre, le azioni growth sono rimbalzate, e anche i settori ciclici come energia, materiali, industriale e servizi finanziari. Dal punto di vista dei mercati obbligazionari questa appare come una rotazione interna al mercato, con ampi margini per l’insorgere di ulteriore volatilità sul mercato azionario.
SPREAD HIGH YIELD APPENA PIÙ AMPI
Nei mercati creditizi il quadro è molto più semplice, spiega Tank, e non si intravvedono segnali di imminente recessione. Da inizio anno lo spread dell’indice Global High Yield si è ampliato di appena 50 punti, rimanendo sotto i livelli di novembre. Se il sell-off azionario e l’appiattimento della curva dei rendimenti fossero legati a un rallentamento dell’economia difficilmente avremmo assistito a una tale stabilità o ad afflussi così robusti a favore delle recenti emissioni di High Yield e corporate bond ibridi.
INVESTITORI NON ANCORA PRONTI
L’esperto di Neuberger Berman sospetta che, dopo 40 anni di deflazione e 10 anni di inflazione stabilmente sotto il 3%, gli investitori non siano ancora pronti a riconoscere che abbiamo superato un punto di inversione, e non siano ancora pronti a riconoscere l’esistenza delle forze inflazionistiche strutturali all’opera. Negli Stati Uniti l’inflazione su base annua sembra verosimilmente destinata a scendere fino a circa il 3% entro fine anno, per poi convergere verso il target del 2% fissato dalla Fed. Per questo secondo Tank si dovrebbe passare dalla media dell’1,8% registrata a partire dal 2008, a un valore più vicino al 2,5% nel corso dei prossimi 10 anni.
INFLAZIONE USA VERSO IL 2,5%
Secondo le stime di Neuberger Berman entro fine anno il rendimento reale dei decennali USA crescerà fino a circa il -0,10%, e il nominale fino a circa il 2,10%, il che vorrebbe dire che siamo sulla buona strada verso un’inflazione al consumo negli Stati Uniti prossimo al 2,5%. È questione di tassi reali, non di recessione, spiega Tank, secondo cui nel corso di quest’anno si tratterà soprattutto di osservare con attenzione l’andamento dei dati, cercando di capire come si presenterà il mix d’inflazione e quanto rapidamente calerà nel complesso.
SEGUIRE ATTENTAMENTE I DATI IN USA E UE
I dati sul mercato del lavoro USA segnalano un trend sottostante verso un eccesso di domanda, mentre i prezzi delle materie prime proseguono la loro scalata, che ha visto il petrolio toccare i 90 dollari al barile per la prima volta da oltre sette anni. Nell’Eurozona la disoccupazione è calata fino al 7%, mentre a gennaio l’inflazione ha viaggiato sul 5,1%, il livello più basso e il più alto rispettivamente registrati dall’adozione della moneta unica. La Bce ha espresso preoccupazione “unanime” e Christine Lagarde si è rifiutata di escludere un rialzo dei tassi nel 2022, facendo schizzare in alto euro e rendimenti, sia delle obbligazioni europee che di quelle statunitensi.