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Il conflitto spinge l’inflazione, preoccupa le banche centrali e disorienta i mercati
Con la guerra in Ucraina, Generali Investments segnala un rischio stagflazione. Occhi puntati sulla riunione di giovedì della Bce mentre la Fed dovrebbe comunque iniziare a rialzare i tassi
di Leo Campagna 8 Marzo 2022 08:00
L'escalation degli attacchi russi in Ucraina e l'ulteriore impennata dei prezzi dell'energia ha spinto gli investitori ad evitare le attività a rischio e a prediligere i beni rifugio. Infatti, mentre le azioni europee hanno corretto di oltre il 10% e gli spread creditizi hanno registrato un ampliamento, si è assistito ad una brusca discesa dei rendimenti dei titoli di Stato, con i Bund a 10 anni di nuovo in territorio negativo. A livello valutario, l’euro si è indebolito sia rispetto al dollaro, con il cambio EUR/USD sceso sotto 1,10, e sia nei confronti del franco svizzero con il fixing EUR/CHF che ha raggiunto la parità per la prima volta dall'inizio del 2015.
“A preoccupare non è soltanto la scarsità di fonti energetiche – con il prezzo del Brent sui 130 dollari USA al barile – ma anche della sensibile contrazione dell’offerta di grano, alluminio e carbone, i cui prezzi salgono sulla scia del rischio crescente di interruzioni della catena di approvvigionamento, dato che le aziende russe sono tagliate fuori dal circuito finanziario e il traffico merci è ridotto”, fa sapere Thomas Hempell, Head of Macro & Market Research di Generali Investments.
I colloqui su un possibile progresso sull’accordo nucleare con l'Iran, potrebbe comportare una temporanea frenata al rialzo del petrolio che scarseggia sui mercati se Teheran fosse autorizzata e si dimostrasse disposta ad aumentare le esportazioni. Da segnalare come le sanzioni dei paesi occidentali contro Mosca abbiano cominciato a produrre i primi pesanti effetti all’economia russa. Le agenzie di rating hanno declassato a ‘spazzatura’ le valutazioni del debito sovrano di Mosca che ammonta a 253 miliardi di dollari (pari al 15,3% del PIL), di cui 67,7 miliardi di dollari verso l’estero.
Mentre i rischi geopolitici e le discussioni su nuove sanzioni alla Russia resteranno in primo piano, l'attenzione degli operatori si sposterà sulla riunione di giovedì della BCE. Christine Lagarde dovrebbe annunciare la fine del programma PEPP, alla luce anche delle nuove preoccupanti proiezione su un profilo di inflazione più elevato del previsto. Tuttavia non si può escludere che preferisca astenersi da indicazioni su una qualsiasi data per la fine del programma APP ed il rialzo dei tassi, in un contesto di elevati rischi geopolitici.
“Non c’è dubbio che la spinta verso la stagflazione – aumento dell’inflazione in un contesto di crescita rallentata – stia intensificando i dubbi delle banche centrali. La BCE vuole evitare un errore politico come nel 2011, quando alzò i tassi prematuramente”, riferisce Hempell. Al contrario, la Federal Reserve statunitense dovrebbe procedere la prossima settimana con il primo rialzo dei tassi dal 2018. Le crescenti preoccupazioni sulla crescita hanno infatti raffreddato solo in parte le aspettative sull'aumento dei tassi, e resta sul tavolo il rialzo di 25 punti base (+0,25%) dei saggi USA annunciati dal numero uno della Fed Powell.
“La banca centrale USA non può farne a meno, alla luce sia del rapporto sul mercato del lavoro di pochi giorni fa – nel quale è emerso un incremento di 678 mila nuovi posti di lavoro non agricoli a febbraio - e sia dell'inflazione di febbraio che probabilmente si confermerà intorno all'8%, sui massimi degli ultimi 40 anni” conclude l’Head of Macro & Market Research di Generali Investments.
SCARSITÀ DI FONTI ENERGETICHE, GRANO, ALLUMINIO E CARBONE
“A preoccupare non è soltanto la scarsità di fonti energetiche – con il prezzo del Brent sui 130 dollari USA al barile – ma anche della sensibile contrazione dell’offerta di grano, alluminio e carbone, i cui prezzi salgono sulla scia del rischio crescente di interruzioni della catena di approvvigionamento, dato che le aziende russe sono tagliate fuori dal circuito finanziario e il traffico merci è ridotto”, fa sapere Thomas Hempell, Head of Macro & Market Research di Generali Investments.
ACCORDO SUL NUCLEARE DELL’IRAN
I colloqui su un possibile progresso sull’accordo nucleare con l'Iran, potrebbe comportare una temporanea frenata al rialzo del petrolio che scarseggia sui mercati se Teheran fosse autorizzata e si dimostrasse disposta ad aumentare le esportazioni. Da segnalare come le sanzioni dei paesi occidentali contro Mosca abbiano cominciato a produrre i primi pesanti effetti all’economia russa. Le agenzie di rating hanno declassato a ‘spazzatura’ le valutazioni del debito sovrano di Mosca che ammonta a 253 miliardi di dollari (pari al 15,3% del PIL), di cui 67,7 miliardi di dollari verso l’estero.
LA RIUNIONE DI GIOVEDI DELLA BCE
Mentre i rischi geopolitici e le discussioni su nuove sanzioni alla Russia resteranno in primo piano, l'attenzione degli operatori si sposterà sulla riunione di giovedì della BCE. Christine Lagarde dovrebbe annunciare la fine del programma PEPP, alla luce anche delle nuove preoccupanti proiezione su un profilo di inflazione più elevato del previsto. Tuttavia non si può escludere che preferisca astenersi da indicazioni su una qualsiasi data per la fine del programma APP ed il rialzo dei tassi, in un contesto di elevati rischi geopolitici.
SPINTA VERSO LA STAGFLAZIONE
“Non c’è dubbio che la spinta verso la stagflazione – aumento dell’inflazione in un contesto di crescita rallentata – stia intensificando i dubbi delle banche centrali. La BCE vuole evitare un errore politico come nel 2011, quando alzò i tassi prematuramente”, riferisce Hempell. Al contrario, la Federal Reserve statunitense dovrebbe procedere la prossima settimana con il primo rialzo dei tassi dal 2018. Le crescenti preoccupazioni sulla crescita hanno infatti raffreddato solo in parte le aspettative sull'aumento dei tassi, e resta sul tavolo il rialzo di 25 punti base (+0,25%) dei saggi USA annunciati dal numero uno della Fed Powell.
INFLAZIONE USA SUI MASSIMI DEGLI UTLIMI 40 ANNI
“La banca centrale USA non può farne a meno, alla luce sia del rapporto sul mercato del lavoro di pochi giorni fa – nel quale è emerso un incremento di 678 mila nuovi posti di lavoro non agricoli a febbraio - e sia dell'inflazione di febbraio che probabilmente si confermerà intorno all'8%, sui massimi degli ultimi 40 anni” conclude l’Head of Macro & Market Research di Generali Investments.