L'analisi
Candriam, la Fed ha scelto il suo "nemico": è l'inflazione
La Federal Reserve ha alzato i tassi di 25 punti base, secondo le attese dei mercati. Ma secondo Nicolas Forest (Candriam) questa volta la banca centrale Usa ha iniziato il ciclo restrittivo più tardi del solito
di Antonio Cardarelli 17 Marzo 2022 12:43
Gli sviluppi della guerra in Ucraina restano al centro dell'attenzione degli investitori. Ma in settimana è arrivato un altro appuntamento molto importante per i mercati: il meeting del Federal Open Market Committee, il braccio monetario della Federal Reserve.
Come ampiamente previsto dagli analisti, la Fed ha deciso di aumentare i tassi di 25 punti base, il primo incremento dal 2018. Di fronte a un’inflazione che ha raggiunto il livello massimo in quarant'anni, per quest’anno la Fed ha previsto sei ulteriori rialzi in concomitanza con le prossime riunioni. Pertanto, la proiezione mediana di fine anno è dell'1,9%, in linea con le aspettative del mercato, mentre per il 2023 è pari al 2,8%, un livello più alto del previsto.
"La guerra in Ucraina - commenta Nicolas Forest, Global Head of Fixed Income di Candriam - non sembra aver alterato i piani di normalizzazione monetaria, anche se le dichiarazioni della Fed hanno preso in considerazione le pressioni inflazionistiche aggiuntive causate da questi eventi". La riunione del Fomc è stata anche un'opportunità per chiarire la politica di riduzione del bilancio - il cosiddetto quantitative tightening - che dovrebbe venir attuata nella prossima riunione.
Secondo l'esperto di Candriam, "l'inflazione è ora il principale nemico della Fed". Dopo aver tollerato uno slittamento al di sopra del suo obiettivo, il Presidente della Fed Jerome Powell vuole riprendere la normalizzazione monetaria, rallentando lievemente l'economia americana.
"Tuttavia - commenta Forest - storicamente questo tipo di politica di normalizzazione non finisce sempre bene. Poiché la Fed ha iniziato il suo ciclo di tightening più tardi del solito, in un momento in cui l'inflazione non è mai stata così alta, le condizioni finanziarie potrebbero anche inasprirsi, rendendo ambizioso, a nostro avviso, l'obiettivo del 2,8%. In questo contesto, è facile capire perché la curva statunitense si è appiattita. La curva dei rendimenti 2-30 anni ha raggiunto il livello più basso dalla crisi nel 2019".
PREVISTI ALTRI SEI RIALZI
Come ampiamente previsto dagli analisti, la Fed ha deciso di aumentare i tassi di 25 punti base, il primo incremento dal 2018. Di fronte a un’inflazione che ha raggiunto il livello massimo in quarant'anni, per quest’anno la Fed ha previsto sei ulteriori rialzi in concomitanza con le prossime riunioni. Pertanto, la proiezione mediana di fine anno è dell'1,9%, in linea con le aspettative del mercato, mentre per il 2023 è pari al 2,8%, un livello più alto del previsto.
PRESSIONI INFLAZIONISTICHE AGGIUNTIVE
"La guerra in Ucraina - commenta Nicolas Forest, Global Head of Fixed Income di Candriam - non sembra aver alterato i piani di normalizzazione monetaria, anche se le dichiarazioni della Fed hanno preso in considerazione le pressioni inflazionistiche aggiuntive causate da questi eventi". La riunione del Fomc è stata anche un'opportunità per chiarire la politica di riduzione del bilancio - il cosiddetto quantitative tightening - che dovrebbe venir attuata nella prossima riunione.
INFLAZIONE NEMICO PRINCIPALE
Secondo l'esperto di Candriam, "l'inflazione è ora il principale nemico della Fed". Dopo aver tollerato uno slittamento al di sopra del suo obiettivo, il Presidente della Fed Jerome Powell vuole riprendere la normalizzazione monetaria, rallentando lievemente l'economia americana.
I RISCHI DI COMINCIARE IN RITARDO
"Tuttavia - commenta Forest - storicamente questo tipo di politica di normalizzazione non finisce sempre bene. Poiché la Fed ha iniziato il suo ciclo di tightening più tardi del solito, in un momento in cui l'inflazione non è mai stata così alta, le condizioni finanziarie potrebbero anche inasprirsi, rendendo ambizioso, a nostro avviso, l'obiettivo del 2,8%. In questo contesto, è facile capire perché la curva statunitense si è appiattita. La curva dei rendimenti 2-30 anni ha raggiunto il livello più basso dalla crisi nel 2019".