Equilibri geopolitici

I mercati pretendono una Cina non schierata con la Russia

Sia sul fronte delle sanzioni alla Russia, sia nella ‘moral suasion’ nei confronti di Pechino, gli investitori giocano un ruolo attivo e forse determinante che si aggiunge agli sforzi di autorità politiche e monetarie

di Stefano Caratelli 21 Marzo 2022 08:17

financialounge -  azionario Bulletin cina mercati Russia
Dall’inizio del millennio ben quattro mostruosi cigni neri hanno fatto irruzione sui cieli globali di mercati e economie. Tra il 2008 e il 2012 due ‘volatili’ finanziari, prima la devastante crisi innescata dalla bolla dei subprime e dal crac di Lehman, poi la crisi del debito sovrano europeo che ha rischiato di affondare la moneta unica. Negli ultimi due anni sono arrivati quelli ‘tradizionali’ portatori di sventure che da sempre affliggono l’umanità, la pandemia globale e la guerra in Europa. Le prime due crisi hanno colto le autorità monetarie e politiche di sorpresa, soprattutto le seconde e soprattutto nell’Eurozona. Ma sono state anche un formidabile laboratorio che ha consentito otto anni dopo a governi e banche centrali di sapere quasi esattamente cosa fare e come farlo a fronte della paralisi fulminante che tra febbraio e marzo del 2020 investiva l’economia globale. Con la guerra la storia è diversa, non è l’umanità contro il virus ma ‘uomini contro’.


AVVERTIMENTO RECAPITATO A XI JINPING


Di fronte all’aggressione russa dell’Ucraina si è scelta la doppia strada di rifornire l’aggredito di strumenti di difesa e di stringere l’aggressore in una morsa economica che facesse molto male. C’era l’incognita Cina, con molte paure alimentate dall’accoglienza imperiale riservata a Putin da Xi Jinping alle Olimpiadi di Pechino, solo 20 giorni prima dell’attacco di Mosca, e poi dall’astensione all’Onu sulle sanzioni alla Russia insieme all’India. Diversi analisti si sono sbilanciati a prevedere un’annessione di fatto della Russia alla Cina, con le sue straordinarie risorse energetiche e minerarie, in cambio di supporto sul fronte ucraino. Ma a far riflettere Pechino sull’impraticabilità di presunte ambizioni imperiali anti-occidentali ci hanno pensato i mercati. Gli investitori internazionali e la business community globale hanno fatto capire chiaramente a Xi che avrebbero aggiunto la Cina alla Russia nella lista dei paesi non investibili se avesse insistito, magari usando anche l’arma della politica zero-Covid per fare pressione sull’Occidente.


RIMBALZO COME AI TEMPI DELLE TIGRI ASIATICHE


Il risultato immediato è stato spedire in caduta libera i prezzi degli asset cinesi nelle prime due settimane di marzo, la risposta di Pechino è stata altrettanto immediata: il governo di Xi si è subito impegnato a rendere la normativa cinese più trasparente e prevedibile, ha preso le distanze dalla Russia spiegando che non vuol essere impattato dalle sanzioni e promesso che non avrebbe mai attaccato l’Ucraina, con la ciliegina sulla torta della lunga telefonata venerdì tra lo stesso Xi e Biden, che dovrebbe aver gettato le basi per un’uscita dalla crisi ucraina. Come risultato, l’azionario cinese, soprattutto alla Borsa di Hong Kong, ha messo a segno il rimbalzo più veloce dai tempi della crisi delle tigri asiatiche del 1998, mentre Wall Street ha chiuso la miglior settimana da novembre 2020, quando andò in rally sulla vittoria di Biden contro Trump.

RUOLO ‘ATTIVO’ DEI MERCATI


Resta da vedere se il seme piantato dalla telefonata Biden-Xi germoglierà, ma lo sviluppo della crisi aperta dall’arrivo del quarto cigno nero del millennio sembra aver introdotto un nuovo elemento, vale a dire il ruolo attivo della comunità finanziaria e dei mercati, con Wall Street in testa. Nelle crisi precedenti il ruolo dei mercati era stato ‘reattivo’, premiando le mosse giudicate positive di governi e banche centrali e anticipandone gli effetti. Questa volta sembra diventato ‘proattivo’, sia sul fronte russo, dove il mercato ha aggiunto ‘peso’ alle sanzioni, sia su quello cinese, dove ha esercitato una potente ‘moral suasion’ su Pechino ottenendo effetti immediati.


LA CINA NON È LA RUSSIA


Dal punto di vista degli investitori, la Russia è un nano economico e finanziario, anche se resta un gigante territoriale e militare, e se va a fondo causa sanzioni è un danno collaterale sopportabile. La Cina è un’altra storia, è la seconda economia del pianeta e presto diventerà la prima, la sua sterminata classe media in crescita affamata di consumi e investimenti resta il motore principale della crescita globale. Le performance dei mercati durante la crisi russa mostrano chiaramente che l’America resta la destinazione principale degli investimenti, soprattutto quando soffiano tempi di tempesta. Ma alla fine “la Cina non può svilupparsi in isolamento e il mondo non può svilupparsi senza la Cina”. Parole del Vice Presidente cinese Wang Qishan.

BOTTOM LINE


Sembra che i mercati vedano la luce in fondo al tunnel della crisi ucraina. Alla fine anche questa volta la ‘casa’ più sicura per l’investitore globale si è confermata l’America con il solo problema che gli affitti sono sempre più cari. L’alternativa europea è più abbordabile e può anche dare ottime soddisfazioni nel lungo termine, ma è anche la principale vittima collaterale della guerra scatenata da Putin, i cui effetti non svaniranno il giorno dopo che si dovesse raggiungere un accordo. La Cina e l’Asia in generale restano una destinazione con un margine di rischio maggiore rispetto all’economie occidentali ma senza molte alternative. E il nuovo ruolo di ‘vigilantes’ interpretato dai mercati lo conferma.

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