Scenari bellici
AllianceBernstein: quali sono gli impatti economici del blocco del petrolio russo
L'embargo totale delle importazioni di materie prime energetiche penalizzerebbe il Pil globale nel breve-medio periodo. Un netto incremento dei prezzi porterebbe a un calo dell’attività economica per riequilibrare il mercato
di Annalisa Lospinuso 9 Aprile 2022 09:30
Gli eurodeputati si sono espressi a favore di una risoluzione che chiede l’embargo totale e immediato delle importazioni di petrolio, carbone, gas e combustibile nucleare dalla Russia, in risposta alla guerra in Ucraina. Queste ulteriori misure contro Putin dovrebbero andare in parallelo a un programma che assicuri sicurezza nell’approvvigionamento energetico nella Ue già nel breve termine. La risoluzione prevede anche la definizione di tappe da seguire per la revoca nell’eventualità in cui la Russia adotti provvedimenti intesi a ripristinare l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina entro i suoi confini riconosciuti a livello internazionale e ritiri completamente le proprie truppe dal territorio ucraino.
Jeremy Taylor, Senior Research analyst e Portfolio manager Value equities, e Luke Pryor, analista di ricerca nel team Value Equities di AllianceBernstein hanno provato a immaginare quali scenari si aprirebbero con l’embargo petrolifero alle importazioni dalla Russia. “Per le democrazie occidentali - scrivono gli analisti - esercitare pressione per fermare il conflitto sarà probabilmente una mossa costosa, considerando che la Russia è il terzo produttore mondiale di petrolio e rappresenta il 12% dell’output globale. Se è vero che la messa al bando del petrolio russo danneggerà la principale fonte di ricavi dell’invasore, la sua efficacia dipenderà dalla solidarietà dei Paesi occidentali nonostante le difficoltà economiche e il rischio di aggravare il conflitto”.
Rispetto a Usa e Regno Unito, l’Europa ha una decisione più difficile da prendere. I Paesi europei, soprattutto Germania e Italia, sono molto più dipendenti dal petrolio russo, per oltre il 40% del loro fabbisogno di gas naturale e per il 30% di quello di petrolio. Questa situazione offre alla Russia un vantaggio, perché qualunque provvedimento volto a fermare le importazioni di petrolio russo potrebbe sfociare nell’interruzione delle forniture di gas. A lungo termine, comunque, l’Ue ha intenzione di acquisire l’indipendenza dalle forniture energetiche russe ben prima del 2030 e di ridurre la domanda europea di gas russo di due terzi entro la fine di quest’anno.
“Sostituire la quota russa dell’approvvigionamento mondiale sarebbe difficile - dicono gli analisti di AllianceBernstein - anche nel migliore degli scenari. Quello più ottimistico includerebbe un output maggiore dallo shale statunitense, dalle nazioni dell’Opec e dai Paesi oggi soggetti alle sanzioni Usa, come Venezuela e Iran. Ma questo output maggiore richiederebbe ulteriori investimenti e tempistiche molto più estese”.
Il primo dei tre scenari immaginati (quello base) prevede che l’Europa continui ad acquisire petrolio russo, anche se alcuni acquirenti chiave continuano ad evitarlo. In questo caso si prevede che il prezzo del petrolio rimanga elevato per i prossimi tre anni e AllianceBernstein stima che si mantenga su una forchetta di prezzo che va da 100 a 120 dollari al barile.
Lo scenario peggiore prevede una perdita totale delle esportazioni di petrolio russo che sarebbe estremamente penalizzante per il Pil globale nel breve/medio periodo. Un netto incremento dei prezzi trainerebbe una distruzione della domanda (calo dell’attività economica) per riequilibrare il mercato. I consumatori e le aziende dovrebbero economizzare e la domanda si contrarrebbe. In questo caso i prezzi del petrolio potrebbero raggiungere 200 dollari al barile, secondo Jeremy Taylor e Luke Pryor. Questa situazione prevede, inoltre, una maggiore probabilità di ritorsioni russe contro l’Occidente, che potrebbero aggravare il conflitto e determinare ulteriori perdite umane ed economiche.
Lo scenario più ottimistico è quello dell’allentamento delle tensioni: la Russia si ritira dall’Ucraina, l’Europa rimuove le sanzioni provvedendo, però, a creare una via d’uscita dalla dipendenza energetica. In questo caso il prezzo del petrolio scenderebbe a 80 dollari al barile. “Ovviamente è possibile - dicono gli analisti AB - che nessuno di questi scenari negativi si materializzi. Il conflitto potrebbe risolversi e i prezzi del petrolio potrebbero tornare ai livelli precedenti la guerra. Inoltre, ogni previsione deve considerare un ampio margine d’errore: eventi imprevedibili (come il ritorno del Covid) potrebbero innescare grossi cambiamenti nell’equilibrio tra domanda e offerta con un impatto ugualmente marcato sui prezzi”.
USARE L'ARMA DELLE SANZIONI ENERGETICHE
Jeremy Taylor, Senior Research analyst e Portfolio manager Value equities, e Luke Pryor, analista di ricerca nel team Value Equities di AllianceBernstein hanno provato a immaginare quali scenari si aprirebbero con l’embargo petrolifero alle importazioni dalla Russia. “Per le democrazie occidentali - scrivono gli analisti - esercitare pressione per fermare il conflitto sarà probabilmente una mossa costosa, considerando che la Russia è il terzo produttore mondiale di petrolio e rappresenta il 12% dell’output globale. Se è vero che la messa al bando del petrolio russo danneggerà la principale fonte di ricavi dell’invasore, la sua efficacia dipenderà dalla solidarietà dei Paesi occidentali nonostante le difficoltà economiche e il rischio di aggravare il conflitto”.
LA DIPENDENZA DELL'EUROPA
Rispetto a Usa e Regno Unito, l’Europa ha una decisione più difficile da prendere. I Paesi europei, soprattutto Germania e Italia, sono molto più dipendenti dal petrolio russo, per oltre il 40% del loro fabbisogno di gas naturale e per il 30% di quello di petrolio. Questa situazione offre alla Russia un vantaggio, perché qualunque provvedimento volto a fermare le importazioni di petrolio russo potrebbe sfociare nell’interruzione delle forniture di gas. A lungo termine, comunque, l’Ue ha intenzione di acquisire l’indipendenza dalle forniture energetiche russe ben prima del 2030 e di ridurre la domanda europea di gas russo di due terzi entro la fine di quest’anno.
TEMPI ESTESI PER UN PIANO B
“Sostituire la quota russa dell’approvvigionamento mondiale sarebbe difficile - dicono gli analisti di AllianceBernstein - anche nel migliore degli scenari. Quello più ottimistico includerebbe un output maggiore dallo shale statunitense, dalle nazioni dell’Opec e dai Paesi oggi soggetti alle sanzioni Usa, come Venezuela e Iran. Ma questo output maggiore richiederebbe ulteriori investimenti e tempistiche molto più estese”.
PRIMO SCENARIO
Il primo dei tre scenari immaginati (quello base) prevede che l’Europa continui ad acquisire petrolio russo, anche se alcuni acquirenti chiave continuano ad evitarlo. In questo caso si prevede che il prezzo del petrolio rimanga elevato per i prossimi tre anni e AllianceBernstein stima che si mantenga su una forchetta di prezzo che va da 100 a 120 dollari al barile.
SECONDO SCENARIO
Lo scenario peggiore prevede una perdita totale delle esportazioni di petrolio russo che sarebbe estremamente penalizzante per il Pil globale nel breve/medio periodo. Un netto incremento dei prezzi trainerebbe una distruzione della domanda (calo dell’attività economica) per riequilibrare il mercato. I consumatori e le aziende dovrebbero economizzare e la domanda si contrarrebbe. In questo caso i prezzi del petrolio potrebbero raggiungere 200 dollari al barile, secondo Jeremy Taylor e Luke Pryor. Questa situazione prevede, inoltre, una maggiore probabilità di ritorsioni russe contro l’Occidente, che potrebbero aggravare il conflitto e determinare ulteriori perdite umane ed economiche.
TERZO SCENARIO
Lo scenario più ottimistico è quello dell’allentamento delle tensioni: la Russia si ritira dall’Ucraina, l’Europa rimuove le sanzioni provvedendo, però, a creare una via d’uscita dalla dipendenza energetica. In questo caso il prezzo del petrolio scenderebbe a 80 dollari al barile. “Ovviamente è possibile - dicono gli analisti AB - che nessuno di questi scenari negativi si materializzi. Il conflitto potrebbe risolversi e i prezzi del petrolio potrebbero tornare ai livelli precedenti la guerra. Inoltre, ogni previsione deve considerare un ampio margine d’errore: eventi imprevedibili (come il ritorno del Covid) potrebbero innescare grossi cambiamenti nell’equilibrio tra domanda e offerta con un impatto ugualmente marcato sui prezzi”.