Lavoro post-Covid
Boom di licenziamenti dei 30enni, cercano migliore qualità della vita
Le aziende devono fare i conti con un fenomeno inaspettato e faticano a trovare i profili giusti per rimpiazzare chi si licenzia
di Fabrizio Arnhold 27 Aprile 2022 14:43
Con il Covid in molti hanno deciso di licenziarsi. In Italia, secondo le cifre del ministero del Lavoro in riferimento al secondo trimestre 2021, si registra una crescita nel numero di dimissioni dei dipendenti: quasi 500mila, 290mila uomini e 190mila donne. La fascia di età più interessata riguarda lavoratori tra i 26 e i 35 anni con mansioni impiegatizie e residenti nelle regioni del Nord Italia.
Quali sono le cause che hanno spinto così tante persone a cercare di cambiare lavoro? Prima di tutto la ripresa del mercato del lavoro, che con la fine della pandemia ha ricominciato a mettersi in moto. Ma non solo. Ci sarebbero anche la ricerca di condizioni economiche più favorevoli e l’aspirazione a un maggior equilibrio tra vita privata e lavorativa. Rispetto allo stesso periodo del 2020, l’incremento di licenziamenti arriva all’85%.
Prima del Covid c’era una più forte cultura del sacrificio, ora aumenta il numero delle persone che pretendono condizioni lavorative migliori, arrivando anche a preferire di restare momentaneamente senza un impiego. Lo smart working ha cambiato molte abitudini ed esigenze, ridisegnando di fatto il mondo del lavoro. Il ritorno in ufficio, che ha interessato la stragrande maggioranza dei lavoratori, può aver provocato uno stress che ha spinto le persone a cercare un nuovo lavoro.
Il 60% delle aziende è coinvolta dal fenomeno delle dimissioni volontarie e nella maggior parte dei casi (75%) sono state colte di sorpresa rispetto a una tendenza inattesa. Dopo la fascia di età 26-35 anni, la più coinvolta dalle dimissioni volontarie (70%), c’è quella 36-45 anni. Il fenomeno ha preso il via a inizio 2021 negli Usa, e sta continuando a registrare numeri significativi anche in Italia.
Dall’analisi effettuata da AppLavoro.it, la piattaforma che mette in contatto domanda e offerta di lavoro privilegiando la meritocrazia, emerge come siano a maggioranza donne le persone occupate alla ricerca di un nuovo lavoro (65%). Le aziende devono così impegnarsi in nuove assunzioni per garantire il giusto ricambio del personale, ma non è sempre facile trovare profili adeguati per le posizioni aperte.
LE CAUSE: MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA
Quali sono le cause che hanno spinto così tante persone a cercare di cambiare lavoro? Prima di tutto la ripresa del mercato del lavoro, che con la fine della pandemia ha ricominciato a mettersi in moto. Ma non solo. Ci sarebbero anche la ricerca di condizioni economiche più favorevoli e l’aspirazione a un maggior equilibrio tra vita privata e lavorativa. Rispetto allo stesso periodo del 2020, l’incremento di licenziamenti arriva all’85%.
MENO CULTURA DEL SACRIFICIO
Prima del Covid c’era una più forte cultura del sacrificio, ora aumenta il numero delle persone che pretendono condizioni lavorative migliori, arrivando anche a preferire di restare momentaneamente senza un impiego. Lo smart working ha cambiato molte abitudini ed esigenze, ridisegnando di fatto il mondo del lavoro. Il ritorno in ufficio, che ha interessato la stragrande maggioranza dei lavoratori, può aver provocato uno stress che ha spinto le persone a cercare un nuovo lavoro.
DIMISSIONI VOLONTARIE
Il 60% delle aziende è coinvolta dal fenomeno delle dimissioni volontarie e nella maggior parte dei casi (75%) sono state colte di sorpresa rispetto a una tendenza inattesa. Dopo la fascia di età 26-35 anni, la più coinvolta dalle dimissioni volontarie (70%), c’è quella 36-45 anni. Il fenomeno ha preso il via a inizio 2021 negli Usa, e sta continuando a registrare numeri significativi anche in Italia.
VOGLIONO CAMBIARE LAVORO SOPRATTUTTO LE DONNE
Dall’analisi effettuata da AppLavoro.it, la piattaforma che mette in contatto domanda e offerta di lavoro privilegiando la meritocrazia, emerge come siano a maggioranza donne le persone occupate alla ricerca di un nuovo lavoro (65%). Le aziende devono così impegnarsi in nuove assunzioni per garantire il giusto ricambio del personale, ma non è sempre facile trovare profili adeguati per le posizioni aperte.
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