Valute e mercati

Superdollaro, i capitali cercano rifugio dalle incertezze globali

Il biglietto verde ai massimi da vent’anni su euro, yen e principali valute riflette un’avversione al rischio destinata a durare almeno un trimestre o due. Potrebbe aiutare la Fed e avvicinare la normalizzazione

di Stefano Caratelli 11 Luglio 2022 08:12

financialounge -  BCE dollaro euro FED inflazione Valutario
I titoli di giornali e news tv sono tutti per l’euro, in calo di oltre il 10% da inizio anno contro dollaro e a un soffio dalla parità che non toccava dai primi anni 2000. Ma la moneta unica è in buona compagnia. Lo yen giapponese ha fatto ancora peggio e nel 2022 è sotto di quasi il 15% sul biglietto verde, mentre le perdite della sterlina britannica si cifrano vicino al 12%. Il protagonista è infatti il dollaro, dove cercano rifugio i capitali globali, con l’indice che ne misura l’andamento contro sei valute, Canada, Corona svedese e Franco svizzero oltre a euro, yen e sterlina, che da inizio anno ha segnato un balzo del 12% ai massimi di due decenni, dopo un rialzo del 7% nel 2021. Storicamente la moneta americana, che da 50 anni non è più ancorata all’oro, non è nuova a movimenti estremi, che sembravano essersi attenuati anche dopo gli shock della crisi finanziaria globale, di quella del debito europeo e della pandemia.

INDICE DEL DOLLARO CONTRO LE PRINCIPALI VALUTE DAL 1973


L’indice riproduce attualmente l’andamento ponderato del dollaro rispetto a euro (57,6% del paniere), yen (13,6%), sterlina (11,9%), dollaro canadese (9,1%), corona svedese (4,2%) e franco svizzero (3,6%). Fu creato con base 100 nel 1973 dopo l’abbandono degli accordi di Bretton Woods che ancoravano il biglietto verde all’oro.




FONTE: TRADINGVIEW.COM

I PRECEDENTI STORICI


Il picco tra fine anni 70 e anni 80 fa poco testo, l’euro era ancora frammentato in una dozzina di monete molte delle quali soggette a continue svalutazioni come la lira italiana, in USA l’accoppiata Reagan-Volcker usava il bazooka contro l’inflazione galoppante mentre l’Europa faceva più fatica a uscirne. Il movimento a cavallo del millennio è più significativo e probabilmente riflette la ricerca di un porto sicuro dopo la scottatura della bolla delle dot.com e lo shock dell’11 settembre. Poi dal 2015 il dollaro ha ricominciato a salire, ma per motivi diversi. In parte a compensare il crollo del prezzo del petrolio, con cui ha una correlazione inversa, ma soprattutto per la corsa degli investitori di tutto il mondo a comprare asset USA, a cominciare dai tecnologici.

FORTE AVVERSIONE AL RISCHIO


Adesso che questi ultimi vanno a picco, il dollaro continua a salire, per la forte avversione al rischio che spinge gli stessi investitori a cercare riparo nel bene rifugio per eccellenza. Ovviamente a spingere il dollaro sono anche i rendimenti più alti rispetto a Europa e Giappone, la cui moneta è insidiata anche dalla Yuan cinese che ne vuol prendere il posto come benchmark valutario asiatico. Quanto può durare? Almeno tre mesi, secondo un sondaggio Reuters condotto tra 48 analisti specializzati. In 37 prevedono che il trend continui fino al quarto trimestre, solo 11 vedono il rialzo durare meno di tre mesi, mentre le previsioni di rimbalzo di euro e yen si spingono verso metà del 2023.

LE IMPLICAZIONI DEL DOLLARO FORTE


Un dollaro forte ha diverse implicazioni per i mercati azionari. Rende più cari i titoli di Wall Street per gli investitori esteri, ma per gli stessi investitori compensa parte delle perdite nominali subite. Per gli esportatori americani è negativo, ma gioca a favore di Fed e economia in generale perché fa da scudo all’inflazione importata. Per l’Europa l’effetto è opposto. Fa imbarcare inflazione, se ce ne fosse bisogno, ma aiuta le esportazioni soprattutto sul mercato americano. Mentre invece aumenta le divisioni tra falchi e colombe nella Bce. Ai cinesi probabilmente il dollaro forte piace. Rivaluta le loro enormi riserve denominate in dollari, rende più appetibili in termini relativi i loro asset per gli investitori internazionali, mentre la tenuta dello yuan mette al riparo da fughe di capitali e aumenta la credibilità finanziaria di Pechino.

SMENTITE LE PREVISIONI DI DECLINO


Nonostante le ricorrenti previsioni di declino, a cui Financialounge.com ha sempre dato poco credito, il dollaro resta la stella polare di mercati e investitori. Ma i segnali che manda sono difficili da leggere e spesso contraddittori. Magari se nel paniere di riferimento dell’indice del biglietto verde ci fossero anche altre monete, tipo appunto lo yuan o il peso messicano, leggerli potrebbe essere meno complicato. In questa fase la sua forza sembra soprattutto un segno di avversione al rischio.

BOTTOM LINE


Il dollaro forte si aggiunge ai molti altri segnali che la fase di volatilità e assestamento non è finita. Bisogna almeno che si delinei un punto di caduta della lotta globale dichiarata dalle banche centrali all’inflazione, a cominciare dalla Fed. La curva dei tassi americani sembra dire che il momento non è troppo lontano, per l‘Europa la composizione del puzzle potrebbe richiedere più tempo.

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