Dinamiche commerciali

Schroders: revocare i dazi alla Cina aiuta poco Biden contro l’inflazione Usa

David Rees, Senior Emerging Markets Economist di Schroders, vede benefici marginali sia per il contrasto alla corsa dei prezzi americani che per rivitalizzare le esportazioni cinesi. Possibile effetto boomerang

di Stefano Caratelli 19 Luglio 2022 18:00

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Si intensificano le pressioni sul presidente Biden perché contrasti l’inflazione dilagante, rimediando al crollo di consenso in vista delle elezioni di mid term dell’8 novembre. Biden ha invitato il Congresso a sospendere le tasse federali sui carburanti e si è accennato a un rapido annullamento dei dazi sui beni importati dalla Cina introdotti da Trump. Ma per Biden sarà politicamente impegnativo annullarli tutti.

CONTROPRODUCENTE L’INDULGENZA CON PECHINO


Lo sottolinea un commento di David Rees, Senior Emerging Markets Economist di Schroders, ricordando che le politiche da falco nei confronti della Cina sono diventate popolari in entrambi gli schieramenti del Congresso. Apparire indulgente nei confronti di Pechino e aprire la porta a maggiori esportazioni cinesi potrebbe avere effetti controproducenti, soprattutto se non riuscisse a far calare l’inflazione.

UN IMPATTO C’È STATO


I dati principali mostrano che la revoca dei dazi contribuirebbe a ridurre l’inflazione USA e a migliorare le sorti degli esportatori cinesi, osserva Rees citando la media delle 11 categorie del paniere dei prezzi al consumo statunitense soggette a dazi ed aumentata del 2,5% nella fase iniziale della guerra commerciale, aggiungendo che negli ultimi anni sono aumentate ancora di più. Nel frattempo l’avanzo commerciale della Cina con gli Stati Uniti è diminuito di circa 60 miliardi di dollari nei nove mesi prima di marzo 2020, per cui è intuitivo che la riduzione dei dazi potrebbe invertire il trend.

MA MARGINALE SULL’INFLAZIONE COMPLESSIVA


Ma andando a scavare nei dati, prosegue Rees, l’impatto positivo è meno evidente. Le 11 categorie rappresentavano infatti meno del 5% del paniere e il relativo aumento dei prezzi ha contribuito solo per circa 0,1 punti all’inflazione complessiva, rimasta stabile intorno al 2% nella fase di imposizione dei dazi. I prezzi dei beni soggetti a dazi sono poi aumentati notevolmente, circa il 15%, sembra a causa di pressioni generali sui prezzi globali più che per i dazi. L’inflazione dei beni di base si è impennata durante la pandemia perché l'offerta non è stata in grado di adeguarsi alla domanda.

IL CALO DEL RENMINBI


Rees ritiene non ovvio che i dazi abbiano determinato una forte pressione al rialzo sui prezzi negli Stati Uniti probabilmente per molteplici ragioni, anche perché almeno una parte dei dazi è stata assorbita. È difficile dimostrare che siano stati assorbite dai margini aziendali, ma il deprezzamento del renminbi cinese di oltre il 10% ha contribuito a compensare l’impatto, attenuando la crescita dei prezzi delle importazioni dalla Cina.

AGGIRAMENTO CON TRIANGOLAZIONI


Anche che gli esportatori cinesi sembra siano stati in grado di aggirare i dazi triangolando su paesi terzi. Rees cita statistiche ufficiali cinesi che mostrano che il surplus con gli Stati Uniti è diminuito di quasi 60 miliardi di dollari durante la guerra commerciale, ma quasi metà del calo è stata compensata da un aumento del surplus con altre parti dell’Asia, come Corea del Sud, Vietnam e Filippine. Di conseguenza la bilancia commerciale della Cina ha continuato a salire anche durante la guerra commerciale.

SOLLIEVO SOLO MARGINALE


Il risultato, sottolinea Rees nelle sue conclusioni, è che sebbene l’abolizione dei dazi possa offrire un sollievo marginale alle pressioni sui prezzi di alcuni beni, è improbabile che faccia crollare l’inflazione USA. Negli ultimi mesi, l’inflazione dei beni sembra aver iniziato a scendere, ma l’esperto di Schroders vede buone ragioni per ritenere che resterà un problema ancora per un po’ – se i colli di bottiglia persistono, i prezzi delle materie prime rimangono elevati e l’inflazione del settore dei servizi aumenta.

ANCHE PER L’EXPORT CINESE


Inoltre, secondo Rees, non c’è molto che suggerisca che la revoca dei dazi migliorerà in modo significativo le sorti delle esportazioni cinesi, che nei prossimi mesi dovranno affrontare un forte calo a causa della diminuzione dei nuovi ordini.

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