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Natixis: “Possibile una recessione ma il principale rischio di mercato è l’inflazione”

I prezzi dell'energia, dei prodotti alimentari e gli aumenti salariali sono, per gli strategist di Natixis Investment Managers i tre principali driver d’inflazione mentre il value continuerà a fare meglio del growth per almeno qualche altro mese

di Leo Campagna 26 Luglio 2022 19:00

financialounge -  azionario inflazione investimenti Natixis
Un 24% di strategist di Natixis Investment Managers ritiene che una recessione sia inevitabile nella seconda metà del 2022 mentre il 64% la considera una rilevante possibilità. Sono alcune delle principali evidenze emerse dall’ultimo Strategist Survey, condotto tra 34 strategist di mercato, gestori di portafoglio, analisti di ricerca ed economisti di Natixis Investment Managers e di 15 affiliate, nonché di Natixis Corporate and Investment Banking.

LA RECESSIONE AL SECONDO POSTO NELLE LISTA DEI TIMORI


La recessione si colloca al secondo posto nella lista dei timori, con il 64% degli strategist che la classifica come rischio principale alla luce delle prospettive di aumento dei tassi d’interesse e di inasprimento della politica monetaria. Per quanto riguarda invece l’inflazione – il peggior timore per 7 intervistati su 10 - sebbene la sfera della politica abbia a disposizione molti strumenti per affrontarla, il margine di errore è ridotto. Molti operatori si interrogano su due opzioni: che questi sforzi riusciranno a contrastare i prezzi al consumo, ad innescare una recessione che potrebbe durare due o tre trimestri oppure a provocare una stagflazione che potrebbe andare avanti per anni.

IL RUOLO CHIAVE DELLA POLITICA DELLE BANCHE CENTRALI


"Le prospettive dei mercati sono oscurate dalla possibile recessione. Tuttavia, l'unico modo per uscire da questo contesto inflazionistico è che le banche centrali inneschino una fase recessiva. A quel punto usciremo dello shock inflazionistico ed i mercati potrebbero rimbalzare", ha dichiarato Mabrouk Chetouane, Head of Global Market Strategy, Natixis Investment Managers Solutions. Un altro aspetto rilevante della ricerca riguarda il principale driver di mercato nel secondo semestre dell’anno: nove strategist su dieci ritengono che sarà la politica delle Banche centrali.

RIDURRE IL COSTO DEL CAPITALE A LUNGO TERMINE


A proposito di istituti centrali, dieci anni contraddistinti dal cosiddetto denaro facile hanno determinato una significativa sovraperformance dei titoli growth. “Ma adesso il principale driver di mercato alla fine del 2022 sarà l’azione di contenimento dell'inflazione da parte delle banche centrali per ridurre il costo del capitale a lungo termine", ha dichiarato Katy Kaminski, Chief Research Strategist e Portfolio Manager di AlphaSimplex Group LLC.

IL PRINCIPALE RISCHIO DI MERCATO? L’INFLAZIONE


Il catalizzatore del cambio di paradigma - tassi bassi, inflazione contenuta e volatilità ridotta - che ha sostenuto la performance del mercato per oltre un decennio è da ricondurre in larga parte proprio all'inflazione. “Si è lievemente attenuata questa preoccupazione rispetto ai suoi massimi, ma il 36% degli intervistati si spinge fino a fissare il livello di rischio dovuto all'inflazione addirittura a 10 su 10” riferiscono gli esperti di Natixis IM.

IL VALUE CONTINUERÀ A FARE MEGLIO DEL GROWTH


Tra i fattori chiave per il carovita dei prossimi mesi figurano anche le decisioni delle banche centrali: ne sono convinti il 52% degli intervistati. Un altro 46% ritiene inoltre che i problemi della catena di approvvigionamento, che hanno contribuito a spingere l'inflazione all'inizio della pandemia, continueranno a farlo fino alla fine dell'anno. In tutti i casi, secondo gli strategist i tre principali driver d’inflazione sono, nell’ordine, i prezzi dell'energia (76%), quelli dei prodotti alimentari (64%) e gli aumenti salariali (61%). L’aspetto incoraggiante è che meno di uno su quattro degli intervistati ritiene che i prezzi al consumo rimarranno persistentemente alti. Infine, il 58% degli intervistati ritiene che il value continuerà a fare meglio del growth per almeno qualche altro mese, mentre il 24% pensa che la sovraperformance del value andrà avanti per qualche altro anno.

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