Politica monetaria
Banche centrali, il focus del nuovo "Whatever It Takes" è l’inflazione
La banca centrale USA è pronta a tutto sul contenimento dei prezzi, sacrificando se necessario una parte di crescita economica. Ecco cosa consigliano Andrea Delitala e Marco Piersimoni (Pictet Asset Management)
di Leo Campagna 28 Luglio 2022 18:00
Ci sono tre principali fattori che sostengono questa persistente inflazione. Il primo è quello relativo alle pressioni di breve legate per esempio al recente rialzo del petrolio e del gas che dovrebbero essere destinate a riassorbirsi nel corso di qualche mese. Il secondo attiene alle difficoltà della supply chain dopo le riaperture delle economie post lockdown. Il terzo infine, è imputabile ai consumi, che si stanno consolidando senza destare particolari preoccupazioni.
“Il riassorbirsi di alcune di queste pressioni nel corso dei prossimi 12 mesi potrebbe portare la crescita dei prezzi verso un più accettabile livello del 3%. A sua volta, il rientro dell’inflazione, comporterebbe un maggior respiro per le valutazioni, anche se i tempi per una schiarita non sembrano ancora sufficientemente maturi” fanno sapere Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management. Resta il fatto la banca centrale USA è pronta ad attuare un ‘Whatever It Takes’ sul contenimento dei prezzi, sacrificando se necessario una parte di crescita economica.
Per conseguire tali obiettivi, la Fed si è detta pronta a portare i tassi di interesse fino al 4%, cioè un aumento dei saggi di interesse che va oltre il livello di neutralità (fissato ora al 2,5% circa) anche se ciò significherà un rallentamento dell’economia. Tassi di interesse ed inflazione sono cruciali per gli investimenti azionari. Il loro ruolo è duplice: tassi e dinamica dei prezzi influenzano sia i fondamentali, gli utili, che le valutazioni. “Le stime di crescita degli utili degli analisti si posizionano al +10% per il 2022. Utilizzando le nostre previsioni macro, otteniamo una previsione di crescita degli utili del 2%, mentre applicando i numeri macro del consenso otteniamo utili in decrescita” riferiscono Delitala e Piersimoni.
Secondo i due manager la questione da porsi è quanto di queste attese sul carovita siano già scontate nei prezzi delle azioni. “Al momento l’indice S&P 500 tratta circa 16 volte e mezzo gli utili (contro 21,3 del secondo trimestre 2021) e i listini europei trattano a 11 volte gli utili (17,3 un anno prima). Il nostro scenario di rientro dell’inflazione, se corretto, implica una stabilità delle valutazioni sui livelli attuali ed una ripresa delle valutazioni stesse sul finire del 2022” argomentano Delitala e Piersimoni.
Da inizio anno le strategie prudenti hanno sofferto il venir meno della classica relazione inversa tra equity e bond, che ha annullato il ruolo di diversificatore della componente obbligazionaria. È vero che adesso stanno progressivamente venendo meno i rischi legati a un aumento troppo brusco e repentino sui tassi di interesse (e quindi sulla parte direzionale degli spread), ma permangono quelli connessi a un possibile peggioramento dei fondamentali qualora una recessione avesse luogo. “Consigliamo cautela sul fronte del credito, specie americano, che tende ad avere meno duration e più rischio, mentre si iniziano ad aprire finestre per un aumento del peso sulla parte più lunga della curva a 10 e 30 anni” commentano i due esperti di Pictet AM.
Delitala e Piersimoni, infine, invitano alla prudenza sulle lunghe scadenze dell’obbligazionario euro, dove ancora permangono aree di incertezza, e chiudono la loro analisi sul dollaro americano: “Potrebbe tornare a deprezzarsi contro l’euro entro la fine dell’anno qualora lo scenario di base mostrasse qualche svolta positiva con una risoluzione di alcuni degli shock che hanno preoccupato i mercati e spinto gli acquisti del biglietto verde”.
INFLAZIONE VERSO UN PIÙ ACCETTABILE LIVELLO DEL 3%
“Il riassorbirsi di alcune di queste pressioni nel corso dei prossimi 12 mesi potrebbe portare la crescita dei prezzi verso un più accettabile livello del 3%. A sua volta, il rientro dell’inflazione, comporterebbe un maggior respiro per le valutazioni, anche se i tempi per una schiarita non sembrano ancora sufficientemente maturi” fanno sapere Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management. Resta il fatto la banca centrale USA è pronta ad attuare un ‘Whatever It Takes’ sul contenimento dei prezzi, sacrificando se necessario una parte di crescita economica.
LE STIME DI CRESCITA DEGLI UTILI
Per conseguire tali obiettivi, la Fed si è detta pronta a portare i tassi di interesse fino al 4%, cioè un aumento dei saggi di interesse che va oltre il livello di neutralità (fissato ora al 2,5% circa) anche se ciò significherà un rallentamento dell’economia. Tassi di interesse ed inflazione sono cruciali per gli investimenti azionari. Il loro ruolo è duplice: tassi e dinamica dei prezzi influenzano sia i fondamentali, gli utili, che le valutazioni. “Le stime di crescita degli utili degli analisti si posizionano al +10% per il 2022. Utilizzando le nostre previsioni macro, otteniamo una previsione di crescita degli utili del 2%, mentre applicando i numeri macro del consenso otteniamo utili in decrescita” riferiscono Delitala e Piersimoni.
L’S&P 500 TRATTA ORA 16 VOLTE E MEZZO GLI UTILI
Secondo i due manager la questione da porsi è quanto di queste attese sul carovita siano già scontate nei prezzi delle azioni. “Al momento l’indice S&P 500 tratta circa 16 volte e mezzo gli utili (contro 21,3 del secondo trimestre 2021) e i listini europei trattano a 11 volte gli utili (17,3 un anno prima). Il nostro scenario di rientro dell’inflazione, se corretto, implica una stabilità delle valutazioni sui livelli attuali ed una ripresa delle valutazioni stesse sul finire del 2022” argomentano Delitala e Piersimoni.
CAUTELA SUL FRONTE DEL CREDITO USA
Da inizio anno le strategie prudenti hanno sofferto il venir meno della classica relazione inversa tra equity e bond, che ha annullato il ruolo di diversificatore della componente obbligazionaria. È vero che adesso stanno progressivamente venendo meno i rischi legati a un aumento troppo brusco e repentino sui tassi di interesse (e quindi sulla parte direzionale degli spread), ma permangono quelli connessi a un possibile peggioramento dei fondamentali qualora una recessione avesse luogo. “Consigliamo cautela sul fronte del credito, specie americano, che tende ad avere meno duration e più rischio, mentre si iniziano ad aprire finestre per un aumento del peso sulla parte più lunga della curva a 10 e 30 anni” commentano i due esperti di Pictet AM.
IL DOLLARO POTREBBE TORNARE A DEPREZZARSI CONTRO L’EURO
Delitala e Piersimoni, infine, invitano alla prudenza sulle lunghe scadenze dell’obbligazionario euro, dove ancora permangono aree di incertezza, e chiudono la loro analisi sul dollaro americano: “Potrebbe tornare a deprezzarsi contro l’euro entro la fine dell’anno qualora lo scenario di base mostrasse qualche svolta positiva con una risoluzione di alcuni degli shock che hanno preoccupato i mercati e spinto gli acquisti del biglietto verde”.