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Morgan Stanley: perché l'inflazione è più pericolosa della recessione

Nell’ultimo Global Fixed Income Bulletin, MSIM resta prudente sul posizionamento del portafoglio creditizio nonostante le valutazioni più attraenti, teme di più l’inflazione e l’azione di contrasto delle banche centrali

di Stefano Caratelli 28 Luglio 2022 12:51

financialounge -  BCE credito daily news Morgan Stanley Investment Management
A giugno inflazione e recessione sono andate in ‘collisione tettonica’ con la seconda che ha avuto la meglio, almeno per ora. I dati economici continuano a segnalare debolezza, mentre le banche centrali continuano o intensificano l’aggressività. Il risultato è stata una performance del mercato globale del credito decisamente pessima rispetto alle serie storiche. A giugno il ritorno sui bond ha spaziato da un -0,88% per i Treasury USA al -9,19% per gli High Yield governativi dei Mercati Emergenti. Ma il dato che più colpisce della prima metà del 2022 è il livello limitato di dispersione: si va dal calo intorno al 20% degli Emergenti al -14% e oltre degli Investment Grade e High Yield americani.

POSIZIONAMENTO CAUTO SUL CREDITO


Lo sottolinea Morgan Stanley Investment Management nel suo ultimo Global Fixed Income Bulletin, mantenendo un posizionamento di portafoglio cauto sul credito. Le valutazioni sono più attraenti, e acquisti opportunistici possono avere senso, ma il rischio resta, più sul fronte dell’inflazione e della reazione delle banche centrali che su quello della recessione. In un contesto di avversione al rischio non sorprende la forza del dollaro USA, che ha mandato in confusione molti investitori negativi sul biglietto verde. Il mercato del credito a giugno ha enfatizzato una volatilità a livelli visti raramente nell’ultimo ventennio con gli investitori costretti a zigzagare tra i timori di inflazione e quelli di recessione.

DIFFICILE ABBATTERE L’INFLAZIONE


Non c’è visibilità su come andrà a finire per economie e mercati, ma secondo il Bulletin di Morgan Stanley IM alcune certezze ci sono. In USA il mercato del lavoro e i bilanci delle famiglie restano solidi e non segnalano una recessione importante con una crescita di nuovi posti creati ben superiore al decennio 2010-2019. Ma proprio questo rende molto difficile far rientrare l’alta inflazione, per cui i tassi reali non possono che salire. Lo hanno già fatto in modo consistente da inizio anno, ma non è così ovvio che siano saliti abbastanza da raffreddare salari e mercato immobiliare, due driver chiave dell’inflazione.

IMPROBABILI RAPIDI ALLENTAMENTI DI FED E BCE


Anche se si può pensare a un picco dell’inflazione già in estate, è improbabile che la Fed allenti così rapidamente come suggerisce l’ottimismo del mercato, che punta a tagli dei tassi già nel 2023. Anche in Europa l’inflazione è tenace, alimentata dal caro energia, e a meno che non precipiti in recessione, le attese di mercato di un rallentamento della Bce sembrano premature, per cui la pressione è destinata a rimanere anche sui rendimenti dei bond europei.

MIGLIORANO LE CATENE LOGISTICHE GLOBALI


Anche nei Mercati Emergenti l’inflazione continua a toccare nuovi massimi, nonostante le banche centrali si siano mosse in anticipo, per cui potrebbe rivelarsi prematura la convinzione che ormai sia esaurita in quest’area la restrizione monetaria. Una buona notizia, sia per i Paesi emergenti che per quelli sviluppati, è che le catene logistiche globali stanno migliorando, anche se lentamente, il che dovrebbe consentire accesso a prezzi più bassi a un’ampia gamma di beni. In ogni caso, Morgan Stanley IM vede volatilità persistente sui corporate bond, sia sul segmento Investment Grade che High Yield, con i rendimenti messi sotto pressione dall’aggressività delle politiche monetarie.

IL DOLLARO FORTE SEGNALA CHE I PROBLEMI RESTANO


Il dollaro americano, di solito un buon barometro delle prospettive economiche e finanziarie, continua a mandare segnali di preoccupazioni. Infatti il biglietto verde tende a essere forte quando le cose vanno male e quando è presente un significativo rischio al ribasso, oppure quando le cose vanno troppo bene, l’inflazione è alta e le economie “devono” rallentare. Sono gli scenari oggi più prezzati dai mercati, che spingono il dollaro. Un soft landing, con meno crescita e meno inflazione, è lo scenario che può favorire una discesa del dollaro. Anche se è lo scenario base di Morgan Stanley, per il Bulletin rimane più una speranza che un fatto.

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