Lo scenario
Mercati verso un autunno complicato, Europa più esposta degli USA
Wall Street ha preso male Powell, ma abbattere l’inflazione senza far troppo male all’economia potrebbe non essere una mission impossible. Guai più in Europa, servono misure straordinarie contro il caro-gas
di Stefano Caratelli 29 Agosto 2022 07:59
L’ultimo venerdì di agosto il bicchiere dei mercati è diventato da mezzo pieno a mezzo vuoto. Ci ha pensato Jay Powell dal simposio di Jackson Hole in Wyoming affermando che la Fed continuerà a combattere l’inflazione con i rialzi dei tassi “fino a che il lavoro non sarà completato”. Cosa vuol dire in termini di livello dei Fed Fund, ora nella forbice 2.25-2.50%? La risposta sempre da Jackson Hole l’ha data Loretta Mester, presidente della Fed di Cleveland, indicando il 4% o poco sopra come punto di arrivo. Molti si aspettavano da Powell il famoso ‘pivot’ vale a dire l’accettazione di poter convivere con un’inflazione un po’ più alta del desiderato.
Financialounge.com una settimana fa aveva avvertito che chi sperava in un ramoscello d’ulivo di Powell sarebbe rimasto deluso, ricordando che non è mai successo che la Fed abbia interrotto un ciclo di rialzi con i tassi sotto l’inflazione, e prevedendo che un allineamento dei due livelli intorno al 4% potrebbe essere probabile, nel prossimo anno. Powell ha parlato di ‘qualche sofferenza’ che verrà inflitta all’economia dalla stretta anti-inflazione, ma solo per evitare sofferenze maggiori nel tempo. La Mester non vede recessione, grazie a un mercato del lavoro che resta molto forte, con la disoccupazione che potrebbe risalire sopra il 4%, ma solo un rallentamento della crescita rispetto al trend poco sotto il 2%. I dati sembrano darle ragione, alla seconda lettura il PIL del secondo trimestre è risultato in calo solo dello 0,6% rispetto al -0,9% della prima e le ultime stime della Fed di Atlanta datate 26 agosto puntano a +1,6% nel terzo trimestre.
Il mercato non l’ha presa bene, ma era anche l’ultimo venerdì di agosto, e i minimi di metà giugno restano ancora lontani in termini di principali indici di Wall Street. Si riprende a pieno ritmo dopo le vacanze solo martedì 6 settembre, dopo la celebrazione del Labor Day il giorno prima. Anche i mercati dei titoli di Stato hanno avuto un sussulto, più forte in Europa che in USA, ma i rendimenti decennali sono rimasti anche in questo caso a distanza dai picchi toccati a metà giugno, in corrispondenza con i minimi dell’azionario.
Quando si parla di tassi della Fed destinati a stabilizzarsi poco sopra il 4% bisogna tener conto che il tasso di inflazione che guarda la banca centrale è il personal consumption expenditures (PCE) ‘core’ vale a dire depurato da alimentari e energia, che a luglio viaggiava al 4,6% sull’anno, meno del 4,8% di giugno e del picco di periodo del 5,3% toccato a febbraio. Il 4% non sembra un obiettivo irraggiungibile in qualche mese.
Il mercato resta comunque nervoso, e l’autunno che sta per cominciare si profila complicato, più per l’Europa che per gli USA. La crisi energetica sta spingendo l’economia continentale in recessione, l’euro debole sostiene l’export ma contribuisce a far imbarcare inflazione, oltre a quella causata dai prezzi di gas e petrolio, e a differenza della Fed che combatte un’inflazione sul lato della domanda, la Bce può far poco contro il caro energia, anche se dovesse stringere aggressivamente.
Inoltre la crisi energetica espone l’Europa a tensioni politiche e sociali, mentre anche il mercato del credito può andare in difficoltà se aumentano i problemi di tenuta del sistema produttivo. Nel caso italiano, con le elezioni alle porte, è un contesto decisamente poco favorevole all’assunzione e al mantenimento di promesse di spesa finanziata in deficit. Per ora sia l’azionario che l’obbligazionario italiani hanno reagito in maniera abbastanza composta, nonostante i titoloni sulla costruzione di posizioni short sui Btp. Nel mirino sembra essere finito il debito sovrano europeo insieme all’euro, con la speculazione che si prepara a testare sia la determinazione della Bce di Christine Lagarde che la sua capacità ‘tecnica’ di reagire.
BOTTOM LINE
Nonostante il malumore di Wall Street, la Fed potrebbe essere più vicina di quanto sembra a rimettere sotto controllo l’inflazione senza infliggere danni gravi all’economia. In Europa la Bce ha meno margini di manovra. La crisi energetica è il problema dei problemi e per venirne a capo non basta o forse neanche serve alzare i tassi. Serve uno sforzo eccezionale e concertato, anche con il ricorso a strumenti non convenzionali, per eliminare al più presto la componente speculativa del caro gas, in attesa di una via d’uscita dalla guerra. I prezzi sul mercato vanno abbattuti, compensarne gli affetti nefasti con sussidi finanziati in deficit rischia solo di aggiungere alla speculazione al rialzo sul gas quella al ribasso sul debito sovrano.
OBIETTIVO 4% PER TASSI E INFLAZIONE
Financialounge.com una settimana fa aveva avvertito che chi sperava in un ramoscello d’ulivo di Powell sarebbe rimasto deluso, ricordando che non è mai successo che la Fed abbia interrotto un ciclo di rialzi con i tassi sotto l’inflazione, e prevedendo che un allineamento dei due livelli intorno al 4% potrebbe essere probabile, nel prossimo anno. Powell ha parlato di ‘qualche sofferenza’ che verrà inflitta all’economia dalla stretta anti-inflazione, ma solo per evitare sofferenze maggiori nel tempo. La Mester non vede recessione, grazie a un mercato del lavoro che resta molto forte, con la disoccupazione che potrebbe risalire sopra il 4%, ma solo un rallentamento della crescita rispetto al trend poco sotto il 2%. I dati sembrano darle ragione, alla seconda lettura il PIL del secondo trimestre è risultato in calo solo dello 0,6% rispetto al -0,9% della prima e le ultime stime della Fed di Atlanta datate 26 agosto puntano a +1,6% nel terzo trimestre.
WALL STREET RESTA LONTANA DAI MINIMI
Il mercato non l’ha presa bene, ma era anche l’ultimo venerdì di agosto, e i minimi di metà giugno restano ancora lontani in termini di principali indici di Wall Street. Si riprende a pieno ritmo dopo le vacanze solo martedì 6 settembre, dopo la celebrazione del Labor Day il giorno prima. Anche i mercati dei titoli di Stato hanno avuto un sussulto, più forte in Europa che in USA, ma i rendimenti decennali sono rimasti anche in questo caso a distanza dai picchi toccati a metà giugno, in corrispondenza con i minimi dell’azionario.
COSA GUARDA VERAMENTE LA FED
Quando si parla di tassi della Fed destinati a stabilizzarsi poco sopra il 4% bisogna tener conto che il tasso di inflazione che guarda la banca centrale è il personal consumption expenditures (PCE) ‘core’ vale a dire depurato da alimentari e energia, che a luglio viaggiava al 4,6% sull’anno, meno del 4,8% di giugno e del picco di periodo del 5,3% toccato a febbraio. Il 4% non sembra un obiettivo irraggiungibile in qualche mese.
AUTUNNO COMPLICATO SOPRATTUTTO IN EUROPA
Il mercato resta comunque nervoso, e l’autunno che sta per cominciare si profila complicato, più per l’Europa che per gli USA. La crisi energetica sta spingendo l’economia continentale in recessione, l’euro debole sostiene l’export ma contribuisce a far imbarcare inflazione, oltre a quella causata dai prezzi di gas e petrolio, e a differenza della Fed che combatte un’inflazione sul lato della domanda, la Bce può far poco contro il caro energia, anche se dovesse stringere aggressivamente.
RISCHIO TENSIONI POLITICHE E SOCIALI
Inoltre la crisi energetica espone l’Europa a tensioni politiche e sociali, mentre anche il mercato del credito può andare in difficoltà se aumentano i problemi di tenuta del sistema produttivo. Nel caso italiano, con le elezioni alle porte, è un contesto decisamente poco favorevole all’assunzione e al mantenimento di promesse di spesa finanziata in deficit. Per ora sia l’azionario che l’obbligazionario italiani hanno reagito in maniera abbastanza composta, nonostante i titoloni sulla costruzione di posizioni short sui Btp. Nel mirino sembra essere finito il debito sovrano europeo insieme all’euro, con la speculazione che si prepara a testare sia la determinazione della Bce di Christine Lagarde che la sua capacità ‘tecnica’ di reagire.
BOTTOM LINE
Nonostante il malumore di Wall Street, la Fed potrebbe essere più vicina di quanto sembra a rimettere sotto controllo l’inflazione senza infliggere danni gravi all’economia. In Europa la Bce ha meno margini di manovra. La crisi energetica è il problema dei problemi e per venirne a capo non basta o forse neanche serve alzare i tassi. Serve uno sforzo eccezionale e concertato, anche con il ricorso a strumenti non convenzionali, per eliminare al più presto la componente speculativa del caro gas, in attesa di una via d’uscita dalla guerra. I prezzi sul mercato vanno abbattuti, compensarne gli affetti nefasti con sussidi finanziati in deficit rischia solo di aggiungere alla speculazione al rialzo sul gas quella al ribasso sul debito sovrano.
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