Colpa dell'inflazione
Sony alza il prezzo della PlayStation 5
L’aumento di 50 euro del prezzo di listino non riguarderà gli Stati Uniti che beneficiano del supporto del super dollaro. Microsoft e Nintendo lasciano i costi invariati
di Stefano Silvestri 30 Agosto 2022 12:14
Non passa ormai giorno senza che si legga di vecchie e nuove emergenze sanitarie, carenza dei semiconduttori, filiere produttive in crisi, esplosione dei prezzi dell'energia e generi alimentari sempre più cari. In un intrico che ormai rende impossibile distinguere tra cause ed effetti, la guerra in Ucraina non accenna a smettere, crescono le tensioni tra Cina e Taiwan e aumentano i tassi di interesse, che a loro volta fanno lievitare il costo del credito. Col risultato che l’inflazione sta salendo a livelli di guardia.
Con un Macron che dichiara che “è finita l'era dell'abbondanza, che si tratti di denaro, prodotti tecnologici, materie prime o acqua”, e il fondatore di Huawei, Ren Zhengfei, che afferma che nei prossimi anni l'imperativo sarà sopravvivere (“il prossimo decennio sarà un periodo storico molto doloroso, poiché l'economia globale continuerà a declinare”), quasi fa specie vedere i gamer salire sulle barricate quando Sony, qualche giorno fa, ha annunciato rincari per la PlayStation 5 per un valore di 50 euro. L'edizione standard, quella col lettore Blu-ray, costerà infatti 549,99 euro invece di 499,99 euro; quella Digital, invece, salirà a 449,99 euro anziché 399,99 euro. Delle tante possibili cause elencate in apertura, quella più accreditata è l’inflazione, tant’è che l’aumento riguarderà quei paesi nei quali vigono valute deboli, che non riscuotono la fiducia dei mercati. Negli USA, ad esempio, grazie alla forza del dollaro il prezzo della PlayStation 5 resterà immutato, mentre aumenterà in Europa (non a caso sui mercati crescono gli short sull’euro), UK, Giappone, Cina, Australia Messico e Canada.
Per i concorrenti, inutile nasconderlo, una PlayStation meno competitiva è potenzialmente una bella notizia. Soprattutto per Microsoft, che da anni rincorre la rivale giapponese con la sua Xbox. Non deve stupire quindi che il colosso di Redmond abbia commentato l’aumento della PS5 limitandosi ad affermare che i prezzi di Xbox Series X/S rimarranno invariati. Salvo poi ricordare, non senza una certa malizia, che “il prezzo di vendita suggerito di Xbox Series S rimane a partire da 299 euro e quello di Xbox Series X a partire da 499 euro. Nintendo, dal canto suo, ha affermato di non avere in programma un aumento di prezzo per nessuno dei suoi modelli di Switch, ricordando una dichiarazione rilasciata lo scorso giugno dal suo presidente, Shuntaro Furukawa, quando già si iniziava a vociferare di possibili rincari: “Attualmente non abbiamo in programma di modificare il prezzo del nostro hardware a causa dell'inflazione o dell'aumento dei costi di approvvigionamento in ciascun paese". E così sarà ancora adesso. O almeno, per il momento.
Con questa mossa, la PlayStation diventa ancora più cara, una situazione che neppure chi da anni ha in mano il gaming può permettersi di affrontare con serenità. Non quando gli avversari rimangono fermi sulle loro posizioni, restando metaforicamente in attesa lungo la riva del fiume. Ma il contesto geopolitico odierno lascia aperta ogni possibilità e può essere che l’inflazione rientri nei valori che abbiamo apprezzato in questi anni; in tal caso non è da escludersi che Sony ritorni ai prezzi originari nei territori oggetto della manovra che stiamo commentando, così da non rimanere troppo a lungo fuori mercato. Un’inflazione analoga a quella attuale manterrebbe invariata l’attuale redditività di Sony mentre, al contrario, un suo ulteriore aumento vanificherebbe l’attuale manovra. Se così fosse, però, anche i concorrenti potrebbero volere aumentare il prezzo delle loro console; per farlo, però, potrebbero sfruttare le loro nuove versioni. Con la current-gen uscita nel 2020, Microsoft potrebbe già stare ragionando su un nuovo modello mid-gen, come lo fu l’Xbox One X. Nintendo, dal canto suo, sono anni che smentisce di stare lavorando a una nuova versione di Switch, che ora potrebbe tornare d’attualità. L’aumento di prezzo, infatti, potrebbe venire scaricato sui nuovi modelli, che essendo più potenti e performanti non farebbero storcere il naso ai consumatori. Ben diverso invece, a livello psicologico, è l’aumentare il cartellino di un prodotto già esistente.
Coi videogiochi next-gen già arrivati a 80 euro, pare difficile ipotizzare che l’inflazione venga assorbita dal software anziché dell’hardware, anche perché non è che gli appassionati vivano solamente di giochi first party, col rischio che finirebbero più soldi anche nelle tasche di Embracer e Ubisoft, non solo in quelle di Sony, Nintendo e Microsoft. Con quest’ultima che, spingendo da anni sul Game Pass, si troverebbe con le mani legate a meno di non alzare il costo dell’intero servizio, a beneficio però anche stavolta delle terze parti. Dando per scontato che nessuno voglia tornare ai tempi degli online pass e di tutti quegli altri taglieggi che fecero infuriare i consumatori, la sensazione è che il mercato dei videogiochi stia per affrontare una delicatissima battaglia che non risparmierà nessuno, inclusi i consumatori.
PS5 PIÙ CARA
Con un Macron che dichiara che “è finita l'era dell'abbondanza, che si tratti di denaro, prodotti tecnologici, materie prime o acqua”, e il fondatore di Huawei, Ren Zhengfei, che afferma che nei prossimi anni l'imperativo sarà sopravvivere (“il prossimo decennio sarà un periodo storico molto doloroso, poiché l'economia globale continuerà a declinare”), quasi fa specie vedere i gamer salire sulle barricate quando Sony, qualche giorno fa, ha annunciato rincari per la PlayStation 5 per un valore di 50 euro. L'edizione standard, quella col lettore Blu-ray, costerà infatti 549,99 euro invece di 499,99 euro; quella Digital, invece, salirà a 449,99 euro anziché 399,99 euro. Delle tante possibili cause elencate in apertura, quella più accreditata è l’inflazione, tant’è che l’aumento riguarderà quei paesi nei quali vigono valute deboli, che non riscuotono la fiducia dei mercati. Negli USA, ad esempio, grazie alla forza del dollaro il prezzo della PlayStation 5 resterà immutato, mentre aumenterà in Europa (non a caso sui mercati crescono gli short sull’euro), UK, Giappone, Cina, Australia Messico e Canada.
E MICROSOFT? E NINTENDO?
Per i concorrenti, inutile nasconderlo, una PlayStation meno competitiva è potenzialmente una bella notizia. Soprattutto per Microsoft, che da anni rincorre la rivale giapponese con la sua Xbox. Non deve stupire quindi che il colosso di Redmond abbia commentato l’aumento della PS5 limitandosi ad affermare che i prezzi di Xbox Series X/S rimarranno invariati. Salvo poi ricordare, non senza una certa malizia, che “il prezzo di vendita suggerito di Xbox Series S rimane a partire da 299 euro e quello di Xbox Series X a partire da 499 euro. Nintendo, dal canto suo, ha affermato di non avere in programma un aumento di prezzo per nessuno dei suoi modelli di Switch, ricordando una dichiarazione rilasciata lo scorso giugno dal suo presidente, Shuntaro Furukawa, quando già si iniziava a vociferare di possibili rincari: “Attualmente non abbiamo in programma di modificare il prezzo del nostro hardware a causa dell'inflazione o dell'aumento dei costi di approvvigionamento in ciascun paese". E così sarà ancora adesso. O almeno, per il momento.
E NEL LUNGO PERIODO?
Con questa mossa, la PlayStation diventa ancora più cara, una situazione che neppure chi da anni ha in mano il gaming può permettersi di affrontare con serenità. Non quando gli avversari rimangono fermi sulle loro posizioni, restando metaforicamente in attesa lungo la riva del fiume. Ma il contesto geopolitico odierno lascia aperta ogni possibilità e può essere che l’inflazione rientri nei valori che abbiamo apprezzato in questi anni; in tal caso non è da escludersi che Sony ritorni ai prezzi originari nei territori oggetto della manovra che stiamo commentando, così da non rimanere troppo a lungo fuori mercato. Un’inflazione analoga a quella attuale manterrebbe invariata l’attuale redditività di Sony mentre, al contrario, un suo ulteriore aumento vanificherebbe l’attuale manovra. Se così fosse, però, anche i concorrenti potrebbero volere aumentare il prezzo delle loro console; per farlo, però, potrebbero sfruttare le loro nuove versioni. Con la current-gen uscita nel 2020, Microsoft potrebbe già stare ragionando su un nuovo modello mid-gen, come lo fu l’Xbox One X. Nintendo, dal canto suo, sono anni che smentisce di stare lavorando a una nuova versione di Switch, che ora potrebbe tornare d’attualità. L’aumento di prezzo, infatti, potrebbe venire scaricato sui nuovi modelli, che essendo più potenti e performanti non farebbero storcere il naso ai consumatori. Ben diverso invece, a livello psicologico, è l’aumentare il cartellino di un prodotto già esistente.
DIFFICILE EQUILIBRIO
Coi videogiochi next-gen già arrivati a 80 euro, pare difficile ipotizzare che l’inflazione venga assorbita dal software anziché dell’hardware, anche perché non è che gli appassionati vivano solamente di giochi first party, col rischio che finirebbero più soldi anche nelle tasche di Embracer e Ubisoft, non solo in quelle di Sony, Nintendo e Microsoft. Con quest’ultima che, spingendo da anni sul Game Pass, si troverebbe con le mani legate a meno di non alzare il costo dell’intero servizio, a beneficio però anche stavolta delle terze parti. Dando per scontato che nessuno voglia tornare ai tempi degli online pass e di tutti quegli altri taglieggi che fecero infuriare i consumatori, la sensazione è che il mercato dei videogiochi stia per affrontare una delicatissima battaglia che non risparmierà nessuno, inclusi i consumatori.
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