L’analisi

La Financière de l’Échiquier: “Immobiliare Usa sotto pressione”

L’aumento dei tassi di interesse delle banche centrali sta avendo un impatto sulla rata dei mutui. Cala la domanda ma il rischio sistemico è più basso rispetto al 2008

di Fabrizio Arnhold 25 Ottobre 2022 12:04

financialounge -  Enguerrand Artaz immobiliare La Financière de l'Echiquier subprime USA
 

L’aumento dei tassi di interesse fa salire anche le rate dei mutui. In Italia corrono verso il 4%, mettendo in allarme le famiglie per il peso dei costi. Per la prima volta in oltre 20 anni, negli Usa i tassi sui mutui trentennali sono al 7,2%. Questa impennata dei tassi sta causando un crollo della domanda di prestiti che ha toccato i minimi dal 2015. “In un anno, la domanda è arretrata del 40% circa, segnando la flessione più consistente dopo la crisi del 2008”, spiega in un’analisi sul settore immobiliare statunitense Enguerrand Artaz, gestore di La Financière de l’Échiquier.

COME NELLA GRANDE CRISI DEL 2008?


Anche nel 2008 la crisi economica era iniziata l’anno prima con quella dei mutui subprime negli Stati Uniti. “I parallelismi sono tanti se si osservano gli ultimi dati relativi al mercato immobiliare americano”, prosegue Artaz. “All’inizio della scorsa settimana, l’indice di fiducia degli immobiliaristi ha toccato i minimi, escluso il Covid, dal 2012, con una contrazione annua maggiore rispetto a quella che ha preceduto la crisi del 2008”. E anche i cantieri autorizzati ma non avviati ha raggiunto il numero più elevato dalla fine del 2008.

CALANO I PREZZI DELLE TRANSAZIONI


Se crolla la domanda, inevitabilmente, diminuisce anche il prezzo relativo alla transazioni. Il gestore di La Financière de l’Échiquier porta l’esempio dell’indice misurato dal garante dei mutui Freddie Mac che negli Usa è sceso negli ultimi tre mesi per la prima volta dal 2011, quando il mercato immobiliare statunitense si stava riprendendo dagli eccessi della bolla immobiliare. Nel post Covid si è verificato un aumento delle compravendite, dettato anche dalla voglia di case più grandi e dall’aumento dello smart working, quindi del tempo speso tra le mura domestiche. I prezzi si sono gonfiati e l’effetto dell’aumento dei tassi, quindi, si nota in maniera più evidente.

OGGI RISCHIO MINORE


Fino ad ora si sono messi in luce i parallelismi con la crisi immobiliare del 2008. Ma questo settore dell’economia statunitense, “non rappresenta più un rischio sistemico come all’epoca dei subprime”, precisa Enguerrand Artaz. “Tra i minimi del 1995 e i massimi del 2005, la domanda di credito è quasi quadruplicata ma è raddoppiata a malapena tra il 2011 e il 2021”. Questo si riflette in parte nell’indebitamento delle famiglie, il cui tasso di prestiti sul totale degli asset detenuti si aggira oggi attorno all’11% rispetto al 20% quasi di quattordici anni fa. “Inoltre, non si è riprodotto il fenomeno massiccio della cartolarizzazione dei prestiti immobiliari che aveva diffuso il rischio subprime in tutto il sistema finanziario globale”, aggiunge Artaz.

INFLAZIONE E MERCATO IMMOBILIARE


Se da un lato il calo dei beni immobiliari può essere considerato come una buona notizia sul fronte inflazione, dall’altro impatta negativamente sulla ricchezza delle famiglie. “Il deterioramento del mercato immobiliare statunitense oggi non costituisce un rischio sistemico come nel 2008”, rassicura il gestore di La Financière de l’Échiquier che avverte però di come “non sarà privo di effetti per gli Stati Uniti”. In conclusione, una flessione dell’immobiliare Usa potrebbe anche rallentare i consumi delle famiglie, ampliando così il rischio recessione. La sfida, non solo delle banche centrali, ma di tutta l’economia, sarà trovare il giusto punto di equilibrio.

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