Investimenti ESG

Transizione energetica: tra governi e banche centrali matrimonio di convenienza?

Candriam, in un’analisi di Florence Pisani e Alix Chosson, sottolinea il ruolo delle banche centrali ma avverte sull’idea ingannevole che la transizione possa essere attuata spingendole ad acquistare debito pubblico

di Stefano Caratelli 13 Dicembre 2022 19:30

financialounge -  Alix Chosson Candriam economia ESG Florence Pisani
La transizione energetica richiederà un'enorme trasformazione del sistema economico e un cambiamento storico dei modelli di consumo, in particolare nei Paesi avanzati. I costi da sostenere per raggiungere l’obiettivo di emissioni zero sono enormi, l'Agenzia Internazionale dell'Energia stima che gli investimenti globali dovranno triplicare arrivando a 4-5 mila miliardi di dollari l'anno, entro il 2030. Un numero che però impallidisce rispetto a ciò che il mondo è destinato a perdere se non agisce. Secondo un recente sondaggio tra gli economisti, uno scenario "business as usual" comporterebbe una perdita annua del 2,4% del PIL nel 2030 e del 10% nel 2050, quattro volte gli investimenti necessari.

UN MATRIMONIO DI CONVENIENZA?


Florence Pisani, Global Head of Economic Research e Alix Chosson, Lead ESG Analyst for the Environmental Research & Investments di Candriam, sottolineano il ruolo centrale di governi e dei legislatori e ricordano che durante la pandemia i governi europei e la Bce sono riusciti insieme a evitare un collasso. Potrebbe essere un primo passo verso una cooperazione più stretta in futuro? Molti suggeriscono che si possa stringere quasi un matrimonio di convenienza, con la Bce che potrebbe creare un nuovo programma per sostenere la transizione energetica. Non sarebbe in contrasto con i trattati dell'Ue.

I PALETTI FISSATI DAI TRATTATI


Ma le risposte non sono così semplici, perché i trattati vietano il finanziamento monetario dei disavanzi pubblici. La politica monetaria potrebbe comunque aiutare i governi, contribuendo a contenere i loro costi di finanziamento, ma anche in questo caso i trattati condizionano l'azione della Bce, in quanto i suoi interventi dovrebbero puntare a sostenere le politiche dell'Ue senza pregiudizi per il suo obiettivo di stabilità dei prezzi. E per raggiungerlo la Bce ha oggi poca scelta ed è obbligata ad alzare i tassi per riprendere il controllo dell'inflazione.

UN PERICOLOSO PRECEDENTE


Che si tratti dell'emergenza climatica o di qualsiasi altra crisi, osservano Pisani e Chasson, mettere la banca centrale al "servizio" della politica fiscale non richiederebbe solo una modifica dei trattati ma, facendo eccezione per la transizione energetica, creerebbe anche un pericoloso precedente per allargare il campo del finanziamento dei deficit anche per altri scopi, come l'istruzione o il miglioramento delle infrastrutture sociali. Inoltre, queste eccezioni" distoglierebbero la politica monetaria dal suo ruolo primario di gestione del ciclo economico.

LA POLITICA MONETARIA NON È LO STRUMENTO GIUSTO


Pisani e Chasson ritengono che la politica monetaria non è lo strumento giusto per finanziare programmi di spesa permanenti, e che non lo sono nemmeno i deficit pubblici, che dovrebbero essere ridotti quando l'economia è vicina alla piena occupazione. La transizione energetica richiede un piano d'intervento molto più strutturale, attuabile solo dai governi.

UN’IDEA CHE PUÒ RIVELARSI INGANNEVOLE


Naturalmente, sottolinea in conclusione l’analisi di Candriam, la Bce non deve ignorare il cambiamento climatico, non solo per la stabilità dei prezzi ma anche per la stabilità finanziaria. Le banche centrali devono continuare a rendere più "verdi" le loro operazioni di politica monetaria e incoraggiare imprese e istituzioni finanziarie a essere più trasparenti sulle loro emissioni. Ma l'idea che la transizione energetica possa essere attuata spingendo le banche centrali ad acquistare debito pubblico rischia di rivelarsi ingannevole.

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