Lo studio
Natixis IM: ecco cosa preferiscono gli investitori istituzionali per il 2023
Nel nuovo sondaggio condotto tra ottobre e novembre da Natixis Investment Managers le previsioni economiche e indicazioni finanziarie degli investitori istituzionali a livello globale
di Leo Campagna 20 Dicembre 2022 08:00
Il 53% degli investitori istituzionali si aspetta un atterraggio morbido dell’economia contro il 47% che teme un atterraggio brusco. Inoltre, mentre il 69% concorda sul fatto che le valutazioni finanziarie non riflettano ancora i fondamentali, il 72% ritiene che i mercati si renderanno finalmente conto di quanto siano importanti le valutazioni.
E’ quanto affiora dal nuovo sondaggio condotto tra ottobre e novembre da Natixis Investment Managers, coinvolgendo circa 500 investitori istituzionali in 29 Paesi di tutto il mondo che hanno nel complesso in gestione 20.100 miliardi di dollari di asset per pensioni pubbliche e private, assicurazioni, fondazioni, dotazioni e fondi sovrani. Un sondaggio nel quale emerge anche che il 62% dei partecipanti è rialzista sul private equity e il 56%, sul mercato obbligazionario. Sono invece per lo più ribassisti sul settore immobiliare commerciale: il 61% reputa che la continua prevalenza del lavoro a distanza comporterà un forte deprezzamento degli asset immobiliari commerciali.
Sempre nel sondaggio c’è l’evidenza che il 53% dei più grandi e sofisticati investitori al mondo sta attivamente riducendo il rischio in portafoglio con movimenti tattici di allocazione con uno spostamento verso la qualità, nell’ambito del reddito fisso, e le strategie alternative per ottenere rendimenti più elevati, ritorni stabili e una copertura contro i rischi al ribasso. Una dinamica che vede il 62% del campione convinto di trovare alfa nell'universo ESG: la metà di coloro che possiedono green bond a livello globale prevede di aumentare i propri investimenti, mentre una quota simile pensa di mantenere la propria allocazione attuale.
In ogni caso, sebbene i rendimenti obbligazionari in rialzo attraggano gli investitori come mai negli ultimi 10 anni, il 61% degli istituzionali dichiara di rivolgersi agli investimenti alternativi per cercare fonti diverse di rendimento. Il 44% ipotizza di aumentare le allocazioni in infrastrutture nel 2023, il 43% prevede in private equity e il 36% in private debt. Scelte dovute al riscontro pratico per contenere il rischio: due terzi degli istituzionali ritengono che un portafoglio composto per il 60% da azioni, per il 20% da reddito fisso e per il 20% da alternativi sia in grado di sovraperformare i tradizionali portafogli 60/40 (60% equity e 40% bond).
Un aspetto rilevante è che il 48% degli istituzionali del sondaggio di Natixis Investment Managers ritiene che i mercati privati possano fornire un rifugio sicuro in caso di recessione. La fiducia nella capacità di quest’asset class di svolgere tale ruolo di rifugio è andata via via aumentando negli ultimi anni.
In ambito azionario, infine, gli investitori istituzionali sono più propensi ad aumentare le allocazioni ai titoli statunitensi (41%), seguiti da quelli dell'Asia-Pacifico (33%) e dei mercati emergenti (33%). Per quanto riguarda i mercati emergenti, la maggioranza ritiene che le migliori opportunità di crescita siano nell'Asia ex-Cina. Il 66% concorda sul fatto che i mercati emergenti siano eccessivamente dipendenti dalla Cina e il 74% ritiene che le ambizioni geopolitiche di Pechino abbiano ridotto il suo appeal d'investimento.
IL SONDAGGIO DI NATIXIS INVESTMENTS MANAGERS
E’ quanto affiora dal nuovo sondaggio condotto tra ottobre e novembre da Natixis Investment Managers, coinvolgendo circa 500 investitori istituzionali in 29 Paesi di tutto il mondo che hanno nel complesso in gestione 20.100 miliardi di dollari di asset per pensioni pubbliche e private, assicurazioni, fondazioni, dotazioni e fondi sovrani. Un sondaggio nel quale emerge anche che il 62% dei partecipanti è rialzista sul private equity e il 56%, sul mercato obbligazionario. Sono invece per lo più ribassisti sul settore immobiliare commerciale: il 61% reputa che la continua prevalenza del lavoro a distanza comporterà un forte deprezzamento degli asset immobiliari commerciali.
NEL REDDITO FISSO FOCUS SULLA QUALITÀ
Sempre nel sondaggio c’è l’evidenza che il 53% dei più grandi e sofisticati investitori al mondo sta attivamente riducendo il rischio in portafoglio con movimenti tattici di allocazione con uno spostamento verso la qualità, nell’ambito del reddito fisso, e le strategie alternative per ottenere rendimenti più elevati, ritorni stabili e una copertura contro i rischi al ribasso. Una dinamica che vede il 62% del campione convinto di trovare alfa nell'universo ESG: la metà di coloro che possiedono green bond a livello globale prevede di aumentare i propri investimenti, mentre una quota simile pensa di mantenere la propria allocazione attuale.
INFRASTRUTTURE, PRIVATE EQUITY E PRIVATE DEBT
In ogni caso, sebbene i rendimenti obbligazionari in rialzo attraggano gli investitori come mai negli ultimi 10 anni, il 61% degli istituzionali dichiara di rivolgersi agli investimenti alternativi per cercare fonti diverse di rendimento. Il 44% ipotizza di aumentare le allocazioni in infrastrutture nel 2023, il 43% prevede in private equity e il 36% in private debt. Scelte dovute al riscontro pratico per contenere il rischio: due terzi degli istituzionali ritengono che un portafoglio composto per il 60% da azioni, per il 20% da reddito fisso e per il 20% da alternativi sia in grado di sovraperformare i tradizionali portafogli 60/40 (60% equity e 40% bond).
IL RIFUGIO SICURO DEI MERCATI PRIVATI
Un aspetto rilevante è che il 48% degli istituzionali del sondaggio di Natixis Investment Managers ritiene che i mercati privati possano fornire un rifugio sicuro in caso di recessione. La fiducia nella capacità di quest’asset class di svolgere tale ruolo di rifugio è andata via via aumentando negli ultimi anni.
MAGGIORE ESPOSIZIONE ALLE AZIONI STATUNITENSI
In ambito azionario, infine, gli investitori istituzionali sono più propensi ad aumentare le allocazioni ai titoli statunitensi (41%), seguiti da quelli dell'Asia-Pacifico (33%) e dei mercati emergenti (33%). Per quanto riguarda i mercati emergenti, la maggioranza ritiene che le migliori opportunità di crescita siano nell'Asia ex-Cina. Il 66% concorda sul fatto che i mercati emergenti siano eccessivamente dipendenti dalla Cina e il 74% ritiene che le ambizioni geopolitiche di Pechino abbiano ridotto il suo appeal d'investimento.