Obbligazioni
Perché Legal & General IM ha una view positiva sul debito dei mercati emergenti
Uday Patnaik (Legal & General Investment Management) non esclude ostacoli lungo la strada di ripresa del debito emergente ma ritiene possibile che quest’anno siano presenti prospettive migliori
di Leo Campagna 14 Gennaio 2023 10:00
Tra i segmenti del mercato obbligazionario più penalizzati nel 2022 figura quello del settore creditizio dei mercati emergenti (EM) che ha ceduto il 15% del suo valore. Tra ottobre e dicembre ha registrato un rally che, sebbene abbia ridotto i rendimenti potenziali, porta a ritenere che il settore possa ottenere ancora dei risultati positivi nel 2023. Questa previsione, formulata da Uday Patnaik, Head of Emerging Markets Debt di Legal & General Investment Management (LGIM), si basa su assunzioni sostenute dai dati più recenti che possono essere riassunte in quattro fattori di supporto all’asset class.
“Il primo driver da prendere in considerazione è l’inflazione. La corsa dei prezzi al consumo si sta riducendo e questo fa ritenere che il ciclo di rialzo dei tassi dei principali paesi sviluppati sia prossimo alla sua conclusione. Una buona notizia per i mercati emergenti dal momento che il crollo dei prezzi dei Treasury statunitensi (causato dal brusco rialzo dei rendimenti) è responsabile di circa l’11,4% della performance negativa di questa asset class nel 2022. Riteniamo molto improbabile che un crollo simile possa ripetersi nel 2023”, spiega Patnaik.
Un secondo aspetto da esaminare è la recessione che dovrebbe solo lambire i mercati emergenti. ”Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) prevede una crescita nel 2023 del comparto emergente compresa tra lo 0% e il 3,7%; una stima che, tra l’altro, non prende in considerazione l’impatto che avrebbe una più veloce riapertura dell’economia cinese”, riferisce il manager che poi passa al terzo punto da esaminare: le riserve di valute estere.
“Sebbene nei Paesi in via di sviluppo queste siano passate da 11.000 a 10.000 miliardi di dollari nel 2022, il loro livello è comunque adeguato a coprire il debito pubblico, che si prevede attestarsi attorno ai 4.000 mila miliardi. Inoltre, i bilanci di queste nazioni dovrebbero continuare a registrare un surplus, anche se inferiore a quello registrato lo scorso anno”, puntualizza Patnaik.
Infine, il quarto e ultimo fattore, quello tecnico: nel corso di quest’anno non sono previste grandi emissioni di nuovi bond, mentre i flussi di cassa si manterranno solidi – soprattutto nell’ambito dello stacco di cedole e di rendimenti per gli investitori. “In generale, la nostra visione sul debito emergente, alla luce di questi fattori tecnici, è positiva e prevede che i rendimenti futuri siano sostenuti dal carry (flusso cedolare) e da una compressione degli spread creditizi” argomenta il manager di Legal & General Investment Management.
Patnaik, non esclude certo ostacoli lungo la strada, a cominciare dalla politica monetaria che, qualora dovesse inasprirsi ulteriormente e per un arco temporale particolarmente lungo, provocherebbe una recessione più profonda del previsto. Inoltre, aggiunge, il manager, altri rischi sul fronte della politica monetaria provengono dalla Cina e dalla possibilità che la riapertura della sua economia possa causare un ulteriore aumento del prezzo delle commodity.
Il tutto senza trascurare la possibile minore stabilità sociale sia per la politica interna (nel 2023 sono previste elezioni in numerose economie emergenti) che per le tensioni geopolitiche internazionali. E’ tuttavia incoraggiante come i numerosi fattori negativi negli ultimi anni non abbiano generato una crisi sovrana del debito emergente, come accaduto con le crisi degli anni ’80 e ’90. “Una resilienza che dimostra come oggi queste nazioni godano di sistemi istituzionali più stabili, di un migliore management dei fattori macroeconomici, e di policymaker più esperti nella gestione delle crisi” conclude l’Head of Emerging Markets Debt di Legal & General Investment Management.
IL PRIMO DRIVER È L’INFLAZIONE
“Il primo driver da prendere in considerazione è l’inflazione. La corsa dei prezzi al consumo si sta riducendo e questo fa ritenere che il ciclo di rialzo dei tassi dei principali paesi sviluppati sia prossimo alla sua conclusione. Una buona notizia per i mercati emergenti dal momento che il crollo dei prezzi dei Treasury statunitensi (causato dal brusco rialzo dei rendimenti) è responsabile di circa l’11,4% della performance negativa di questa asset class nel 2022. Riteniamo molto improbabile che un crollo simile possa ripetersi nel 2023”, spiega Patnaik.
UN SECONDO ASPETTO È LA RECESSIONE
Un secondo aspetto da esaminare è la recessione che dovrebbe solo lambire i mercati emergenti. ”Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) prevede una crescita nel 2023 del comparto emergente compresa tra lo 0% e il 3,7%; una stima che, tra l’altro, non prende in considerazione l’impatto che avrebbe una più veloce riapertura dell’economia cinese”, riferisce il manager che poi passa al terzo punto da esaminare: le riserve di valute estere.
LE RISERVE DI VALUTE ESTERE
“Sebbene nei Paesi in via di sviluppo queste siano passate da 11.000 a 10.000 miliardi di dollari nel 2022, il loro livello è comunque adeguato a coprire il debito pubblico, che si prevede attestarsi attorno ai 4.000 mila miliardi. Inoltre, i bilanci di queste nazioni dovrebbero continuare a registrare un surplus, anche se inferiore a quello registrato lo scorso anno”, puntualizza Patnaik.
IL FATTORE TECNICO
Infine, il quarto e ultimo fattore, quello tecnico: nel corso di quest’anno non sono previste grandi emissioni di nuovi bond, mentre i flussi di cassa si manterranno solidi – soprattutto nell’ambito dello stacco di cedole e di rendimenti per gli investitori. “In generale, la nostra visione sul debito emergente, alla luce di questi fattori tecnici, è positiva e prevede che i rendimenti futuri siano sostenuti dal carry (flusso cedolare) e da una compressione degli spread creditizi” argomenta il manager di Legal & General Investment Management.
GLI OSTACOLI LUNGO LA STRADA
Patnaik, non esclude certo ostacoli lungo la strada, a cominciare dalla politica monetaria che, qualora dovesse inasprirsi ulteriormente e per un arco temporale particolarmente lungo, provocherebbe una recessione più profonda del previsto. Inoltre, aggiunge, il manager, altri rischi sul fronte della politica monetaria provengono dalla Cina e dalla possibilità che la riapertura della sua economia possa causare un ulteriore aumento del prezzo delle commodity.
LA NUOVA RESILIENZA DEI MERCATI EMERGENTI
Il tutto senza trascurare la possibile minore stabilità sociale sia per la politica interna (nel 2023 sono previste elezioni in numerose economie emergenti) che per le tensioni geopolitiche internazionali. E’ tuttavia incoraggiante come i numerosi fattori negativi negli ultimi anni non abbiano generato una crisi sovrana del debito emergente, come accaduto con le crisi degli anni ’80 e ’90. “Una resilienza che dimostra come oggi queste nazioni godano di sistemi istituzionali più stabili, di un migliore management dei fattori macroeconomici, e di policymaker più esperti nella gestione delle crisi” conclude l’Head of Emerging Markets Debt di Legal & General Investment Management.