Sunday view
Intelligenza artificiale e creatività: che fine farà il diritto d’autore?
Artisti e grafici sul piede di guerra, società di AI sotto accusa: cosa sta succedendo nel mondo della creatività?
di Lorenzo Cleopazzo 5 Febbraio 2023 09:30
Abbiamo fatto una domanda a ChatGPT, il tool generativo di AI più in hype del momento. Gli (o ‘le’…?) abbiamo chiesto di chi siano i diritti di ciò che viene creato con Dall-E, la piattaforma text to image sempre di casa OpenAi. Il nostro amichevole bot di quartiere ci ha risposto così:
“I diritti del materiale creato utilizzando DALL-E appartengono al proprietario o all'entità che ha fornito l'input originale al modello, a meno che non sia stato concordato diversamente.”
Fin qui tutto bene. Se noi inseriamo le informazioni, noi siamo gli autori dell’output prodotto dall’AI, e dovremmo quindi averne le licenze.
Ma cosa cambia se le piattaforme, per generare la nostra immagine, si basano su opere create e possedute da autori reali? Chi è ‘più autore’: chi inserisce l’input, la macchina che li elabora o gli autori professionisti a cui il tool si è – per così dire – ispirato?
Questo problema è stato sollevato da tre illustratrici americane: Sarah Andersen, Kelly McKernan e Karla Ortiz. Come riportato da Libération, le artiste avrebbero avviato una vera e propria causa legale contro nomi del calibro di Stability Ai, Midjourney e DeviantArt, tre delle maggiori case sviluppatrici di tool generativi d’immagini. La questione è semplice: per allenare i propri software, queste avrebbero attinto a piene mani dalle opere di migliaia di artisti senza il loro permesso. E il caso si ripropone anche a Londra, dove a fare causa a Stability Ai per lo stesso motivo è nientepopodimeno che Getty Images, un altro gigante del pixel.
Il tema è seguito con attenzione anche nel Vecchio Continente, dove l’UE si è mossa in molti modi per definire e tutelare i diritti delle creazioni tramite AI. In alcuni documenti il Parlamento Europeo ha sottolineato che nei casi in cui l’AI viene impiegata come strumento nel processo creativo, si applicano le norme vigenti in materia di diritti d’autore. Viene evidenziato inoltre come le opere prodotte dai bot non possano essere slegate dagli input immessi dagli autori umani, poiché in quanto creazioni intellettuali sono strettamente connesse alla coscienza degli autori stessi.
Questo, in estrema sintesi, è il quadro. Ma anche escludendo la macchina dall’equazione, la domanda rimane: chi ha diritto a essere ‘autore’?
Senza entrare nel ‘legalese’, rimaniamo in un ambito più affine al nostro caro Sunday View con un autore che ha fatto della Coscienza un concetto fondamentale del suo pensiero. Si chiama David Chalmers e se lo incontraste per strada pensereste a una rockstar decaduta più che a un filosofo, eppure è uno dei contemporanei più importanti nell’ambito della filosofia della mente.
Il nostro ha elaborato un concetto di coscienza a partire da diversi esempi, il più famoso di tutti – per inquadrare il tipo – è quello sul mondo di zombi. Niente mangiacervelli da Hollywood, ma semplicemente una dimensione identica a quella in cui viviamo, abitata da nostre copie che condividono con noi il 100% del nostro corpo e delle nostre esperienze, come per esempio un dolore fisico, ma senza sentire effettivamente quel dolore. Chalmers direbbe ‘senza avere coscienza’ di quel dolore.
Et voilà. Il punto risiede nella consapevolezza di certi atti, di certi movimenti del pensiero che ci spingono a fare esperienza di certi stimoli e compiere determinate azioni, come per esempio inserire degli input su DALL-E piuttosto che altri.
Ogni scelta, dunque, è cosciente poiché accompagnata dalla consapevolezza di compierla, oltre che del perché la stiamo compiendo. Con una prospettiva così, risulta evidente da che parte pende l’ago della bilancia per la nostra domanda iniziale.
Ma quindi se inseriamo giusto due parole su DALL-E siamo gli autori dell’immagine che viene fuori? Ebbene sì.
Certo detta così potrebbe sembrarci un’assurdità, ma proviamo a immaginare se quelle due parole diventassero un input completo, magari modellato in base al tool generativo su cui stiamo lavorando. Siamo sempre noi che abbiamo deciso – coscientemente – di utilizzare determinati prompt da inserire anziché altri e quindi abbiamo – di nuovo, coscientemente – usato la nostra mente per creare.
Sia i regolamenti UE che Chalmers concordano su una cosa: la macchina non ragiona con intenzionalità, a differenza dell’uomo che la muove. E anche se è giusto che gli autori ‘originali’ – quelli le cui opere sono servite per alimentare i tool – si facciano sentire, bisogna ormai ripensare a un paio di concetti. Primo su tutti: le AI non hanno reso le persone più creative, ma hanno dato alle persone più strumenti per esprimere la propria creatività.
“Tuttavia, è importante notare che ci possono essere questioni legali e di proprietà intellettuale da considerare quando si utilizzano i modelli di intelligenza artificiale per creare contenuti.”
Grazie ChatGPT, ce ne siamo accorti.
“I diritti del materiale creato utilizzando DALL-E appartengono al proprietario o all'entità che ha fornito l'input originale al modello, a meno che non sia stato concordato diversamente.”
Fin qui tutto bene. Se noi inseriamo le informazioni, noi siamo gli autori dell’output prodotto dall’AI, e dovremmo quindi averne le licenze.
Ma cosa cambia se le piattaforme, per generare la nostra immagine, si basano su opere create e possedute da autori reali? Chi è ‘più autore’: chi inserisce l’input, la macchina che li elabora o gli autori professionisti a cui il tool si è – per così dire – ispirato?
DIRITTI D’AUTORE E AUTORI DI DIRITTO
Questo problema è stato sollevato da tre illustratrici americane: Sarah Andersen, Kelly McKernan e Karla Ortiz. Come riportato da Libération, le artiste avrebbero avviato una vera e propria causa legale contro nomi del calibro di Stability Ai, Midjourney e DeviantArt, tre delle maggiori case sviluppatrici di tool generativi d’immagini. La questione è semplice: per allenare i propri software, queste avrebbero attinto a piene mani dalle opere di migliaia di artisti senza il loro permesso. E il caso si ripropone anche a Londra, dove a fare causa a Stability Ai per lo stesso motivo è nientepopodimeno che Getty Images, un altro gigante del pixel.
Il tema è seguito con attenzione anche nel Vecchio Continente, dove l’UE si è mossa in molti modi per definire e tutelare i diritti delle creazioni tramite AI. In alcuni documenti il Parlamento Europeo ha sottolineato che nei casi in cui l’AI viene impiegata come strumento nel processo creativo, si applicano le norme vigenti in materia di diritti d’autore. Viene evidenziato inoltre come le opere prodotte dai bot non possano essere slegate dagli input immessi dagli autori umani, poiché in quanto creazioni intellettuali sono strettamente connesse alla coscienza degli autori stessi.
Questo, in estrema sintesi, è il quadro. Ma anche escludendo la macchina dall’equazione, la domanda rimane: chi ha diritto a essere ‘autore’?
ZOMBI E FILOSOFI
Senza entrare nel ‘legalese’, rimaniamo in un ambito più affine al nostro caro Sunday View con un autore che ha fatto della Coscienza un concetto fondamentale del suo pensiero. Si chiama David Chalmers e se lo incontraste per strada pensereste a una rockstar decaduta più che a un filosofo, eppure è uno dei contemporanei più importanti nell’ambito della filosofia della mente.
Il nostro ha elaborato un concetto di coscienza a partire da diversi esempi, il più famoso di tutti – per inquadrare il tipo – è quello sul mondo di zombi. Niente mangiacervelli da Hollywood, ma semplicemente una dimensione identica a quella in cui viviamo, abitata da nostre copie che condividono con noi il 100% del nostro corpo e delle nostre esperienze, come per esempio un dolore fisico, ma senza sentire effettivamente quel dolore. Chalmers direbbe ‘senza avere coscienza’ di quel dolore.
Et voilà. Il punto risiede nella consapevolezza di certi atti, di certi movimenti del pensiero che ci spingono a fare esperienza di certi stimoli e compiere determinate azioni, come per esempio inserire degli input su DALL-E piuttosto che altri.
Ogni scelta, dunque, è cosciente poiché accompagnata dalla consapevolezza di compierla, oltre che del perché la stiamo compiendo. Con una prospettiva così, risulta evidente da che parte pende l’ago della bilancia per la nostra domanda iniziale.
L’AGO DELLA BILANCIA
Ma quindi se inseriamo giusto due parole su DALL-E siamo gli autori dell’immagine che viene fuori? Ebbene sì.
Certo detta così potrebbe sembrarci un’assurdità, ma proviamo a immaginare se quelle due parole diventassero un input completo, magari modellato in base al tool generativo su cui stiamo lavorando. Siamo sempre noi che abbiamo deciso – coscientemente – di utilizzare determinati prompt da inserire anziché altri e quindi abbiamo – di nuovo, coscientemente – usato la nostra mente per creare.
Sia i regolamenti UE che Chalmers concordano su una cosa: la macchina non ragiona con intenzionalità, a differenza dell’uomo che la muove. E anche se è giusto che gli autori ‘originali’ – quelli le cui opere sono servite per alimentare i tool – si facciano sentire, bisogna ormai ripensare a un paio di concetti. Primo su tutti: le AI non hanno reso le persone più creative, ma hanno dato alle persone più strumenti per esprimere la propria creatività.
BONUS TRACK
“Tuttavia, è importante notare che ci possono essere questioni legali e di proprietà intellettuale da considerare quando si utilizzano i modelli di intelligenza artificiale per creare contenuti.”
Grazie ChatGPT, ce ne siamo accorti.
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