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Perché gli investimenti ESG non sono mai in crisi
Il green è un tema fondamentale per il nostro tempo e il mondo si sta adoperando per rispettarlo. Anche se c’è chi lo fa meglio di altri
di Lorenzo Cleopazzo 12 Febbraio 2023 10:00
Si chiamava Greenery, ed era il colore che Pantone aveva scelto per il 2017. Sono passati sei anni ma sembra un’eternità, eppure il tema che racconta quel colore è ancora attualissimo.
Le sfide che il clima ci mette di fronte sono molteplici e su molteplici fronti: si parla di energie rinnovabili e di investimenti sostenibili, oltre che di rendere le nostre abitudini un po’ più green. La questione è apertissima e a sottolinearlo sono anche i dati raccolti da EY, che riportano un 70% dei risparmiatori che negli ultimi anni ha confermato di voler investire in aziende attente all’impatto ambientale e sociale.
Questo è il panorama in cui ci si muove, e anche se la finanza del 2023 sembra divincolarsi tra le piroette dell’inflazione, relativi tassi e guerre, quello dell’ESG rimane – e fortunatamente sempre rimarrà – un tema fondamentale.
Anche per questo abbiamo voluto sottolineare un caso interessante portato a galla da un’inchiesta giornalistica, che mette in discussione alcuni capisaldi del sistema delle aziende a emissioni zero.
Date un’occhiata.
Dal chiaro allo scuro c’è tutto uno spettro di colori che abbraccia diversi modi di intendere il “verde”. Uno di questi è senz’altro il verde Verra, e se non avete mai sentito questo nome allora tenetevi forte, perché ci sarà da ballare.
In realtà Verra non è un colore, ma l’ONG leader nella certificazione delle compensazioni di anidride carbonica, con oltre il 75% dei certificati rilasciati sul mercato volontario, non statale.
Questo significa che – per ora – Verra ha collaborato esclusivamente con aziende che per differenti ragioni hanno deciso di porsi degli obbiettivi green, muovendosi di conseguenza. Avete presente quando si parla di “Emissioni Zero”? Ecco, loro sono quelli che permettono di dirlo a chi lo dice. Il giochino è questo: per ogni metrocubo di Co2 emessa da un’azienda, Verra promette di trovare un metrocubo di Co2 non emessa da qualcos’altro. Tutto certificato, chiaramente, e simili certificazioni fanno ovviamente gola a molti. Si parla nella maggior parte dei casi di tutela delle foreste, non creandone di nuove, bensì assicurandosi che quelle presenti non spariscano, anche se non sempre le zone verdi individuate da Verra, e che validerebbero i loro certificati, riescono a mantenere gli standard promessi. Il settimanale tedesco Die Zeit ha portato avanti un’inchiesta in cui racconta come moltissimi progetti seguiti da Verra non sarebbero validi, sopravvalutando le quantità di carbonio risparmiate. Parliamo di circa il 90% dei certificati per 89 milioni di tonnellate di Co2, pari alle emissioni di Grecia e Svizzera per un anno.
Non proprio un toccasana per l’ambiente, insomma.
Ma perché siamo così ossessionati dalla natura? Lasciamo perdere per un attimo la questione ambientale – ma poi ci torniamo, promesso – e proviamo ad andare indietro nel tempo. Il concetto di ‘Natura’ ha sempre richiamato un ideale piuttosto pregnante nella cultura dell’essere umano: dall’Eden biblico, luogo naturale per eccellenza creato appositamente da Dio per farci vivere in armonia con il mondo, fino al VII secolo a.C. coi primi filosofi naturalisti – appunto – che vedevano in elementi come l’acqua, l’aria e il fuoco i fondamenti dell’esistenza. Poi anche un pensatore più recente come Henry David Thoreau, che nell’800 spingeva per un legame da ritrovare tra l’uomo e la natura, allontanati dalla società moderna e spersonalizzante delle fabbriche e dell’iperproduttività.
L’uomo è attratto dalla natura da sempre e per tornare alla questione principale dei nostri giorni, anche in un sistema alienante come quello che descriveva Thoreau spingiamo sempre e comunque per mantenere questo legame. Certo non tutti spingono abbastanza o spingono nella direzione giusta, ma c’è chi spinge tanto e spinge bene.
Quello di Verra è un caso emblematico, che rischia di sporcare il verde speranza delle migliori intenzioni di molti altri protagonisti della lotta al cambiamento climatico.
Rischia, appunto.
Di certo si possono mettere in discussione i singoli brevetti rilasciati dall’ONG, secondo la tesi del Die Zeit, ma è altrettanto certo che il green è un tema fortissimo in cui le aziende vogliono muoversi. E non a torto, perché oltre al reale interesse nella tutela ambientale, gli esperti stimano che in Europa e Regno Unito ci saranno investimenti in questa direzione per circa 350 miliardi di euro ogni anno fino al 2050, offrendo così un trend sicuro e ricco di opportunità.
Allora forse dovremmo tornare un po’ al 2017, quando il signor Pantone voleva dipingere l’anno di Greenery, e chiedergli un po’ di vernice per un’altra mano di colore per gli anni a venire. Perché il green non può essere e non sarà messo da parte per colpa di pochi sconsiderati.
Aristotele basò il suo pensiero proprio sullo studio della natura, della quale scrisse che “non fa nulla d'inutile”. Ecco, magari cerchiamo di renderle il favore.
Le sfide che il clima ci mette di fronte sono molteplici e su molteplici fronti: si parla di energie rinnovabili e di investimenti sostenibili, oltre che di rendere le nostre abitudini un po’ più green. La questione è apertissima e a sottolinearlo sono anche i dati raccolti da EY, che riportano un 70% dei risparmiatori che negli ultimi anni ha confermato di voler investire in aziende attente all’impatto ambientale e sociale.
Questo è il panorama in cui ci si muove, e anche se la finanza del 2023 sembra divincolarsi tra le piroette dell’inflazione, relativi tassi e guerre, quello dell’ESG rimane – e fortunatamente sempre rimarrà – un tema fondamentale.
Anche per questo abbiamo voluto sottolineare un caso interessante portato a galla da un’inchiesta giornalistica, che mette in discussione alcuni capisaldi del sistema delle aziende a emissioni zero.
Date un’occhiata.
SFUMATURE DI VERDE
Dal chiaro allo scuro c’è tutto uno spettro di colori che abbraccia diversi modi di intendere il “verde”. Uno di questi è senz’altro il verde Verra, e se non avete mai sentito questo nome allora tenetevi forte, perché ci sarà da ballare.
In realtà Verra non è un colore, ma l’ONG leader nella certificazione delle compensazioni di anidride carbonica, con oltre il 75% dei certificati rilasciati sul mercato volontario, non statale.
Questo significa che – per ora – Verra ha collaborato esclusivamente con aziende che per differenti ragioni hanno deciso di porsi degli obbiettivi green, muovendosi di conseguenza. Avete presente quando si parla di “Emissioni Zero”? Ecco, loro sono quelli che permettono di dirlo a chi lo dice. Il giochino è questo: per ogni metrocubo di Co2 emessa da un’azienda, Verra promette di trovare un metrocubo di Co2 non emessa da qualcos’altro. Tutto certificato, chiaramente, e simili certificazioni fanno ovviamente gola a molti. Si parla nella maggior parte dei casi di tutela delle foreste, non creandone di nuove, bensì assicurandosi che quelle presenti non spariscano, anche se non sempre le zone verdi individuate da Verra, e che validerebbero i loro certificati, riescono a mantenere gli standard promessi. Il settimanale tedesco Die Zeit ha portato avanti un’inchiesta in cui racconta come moltissimi progetti seguiti da Verra non sarebbero validi, sopravvalutando le quantità di carbonio risparmiate. Parliamo di circa il 90% dei certificati per 89 milioni di tonnellate di Co2, pari alle emissioni di Grecia e Svizzera per un anno.
Non proprio un toccasana per l’ambiente, insomma.
UMANI PER NATURA
Ma perché siamo così ossessionati dalla natura? Lasciamo perdere per un attimo la questione ambientale – ma poi ci torniamo, promesso – e proviamo ad andare indietro nel tempo. Il concetto di ‘Natura’ ha sempre richiamato un ideale piuttosto pregnante nella cultura dell’essere umano: dall’Eden biblico, luogo naturale per eccellenza creato appositamente da Dio per farci vivere in armonia con il mondo, fino al VII secolo a.C. coi primi filosofi naturalisti – appunto – che vedevano in elementi come l’acqua, l’aria e il fuoco i fondamenti dell’esistenza. Poi anche un pensatore più recente come Henry David Thoreau, che nell’800 spingeva per un legame da ritrovare tra l’uomo e la natura, allontanati dalla società moderna e spersonalizzante delle fabbriche e dell’iperproduttività.
L’uomo è attratto dalla natura da sempre e per tornare alla questione principale dei nostri giorni, anche in un sistema alienante come quello che descriveva Thoreau spingiamo sempre e comunque per mantenere questo legame. Certo non tutti spingono abbastanza o spingono nella direzione giusta, ma c’è chi spinge tanto e spinge bene.
GREENERY
Quello di Verra è un caso emblematico, che rischia di sporcare il verde speranza delle migliori intenzioni di molti altri protagonisti della lotta al cambiamento climatico.
Rischia, appunto.
Di certo si possono mettere in discussione i singoli brevetti rilasciati dall’ONG, secondo la tesi del Die Zeit, ma è altrettanto certo che il green è un tema fortissimo in cui le aziende vogliono muoversi. E non a torto, perché oltre al reale interesse nella tutela ambientale, gli esperti stimano che in Europa e Regno Unito ci saranno investimenti in questa direzione per circa 350 miliardi di euro ogni anno fino al 2050, offrendo così un trend sicuro e ricco di opportunità.
Allora forse dovremmo tornare un po’ al 2017, quando il signor Pantone voleva dipingere l’anno di Greenery, e chiedergli un po’ di vernice per un’altra mano di colore per gli anni a venire. Perché il green non può essere e non sarà messo da parte per colpa di pochi sconsiderati.
BONUS TRACK
Aristotele basò il suo pensiero proprio sullo studio della natura, della quale scrisse che “non fa nulla d'inutile”. Ecco, magari cerchiamo di renderle il favore.
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