Azionario
Le idee di allocazione azionaria 2023 di Wellington Management
Per Chris Driscoll e Gregg Thomas (Wellington Management) nel lungo periodo prevarranno i fondamentali ma la ricerca interna sulle performance fattoriali durante gli ultimi due anni ha fornito spunti interessanti
di Leo Campagna 22 Febbraio 2023 18:00
Le sensibili variazioni dei prezzi delle materie prime, le mutate condizioni economiche, le policy messe in atto dai governi e le aspettative sempre più restrittive sui tassi di interesse hanno determinato nel 2022 un ambiente che ha messo in difficoltà diversi gestori attivi
“Non deve sorprendere che la selezione dei titoli risenta di un ambiente macroeconomico caratterizzato da minore differenziazione e da un gruppo più esiguo di elementi vincenti. Invece di vedere premiati i solidi fondamentali nei settori value, growth e quality, ad esempio, abbiamo assistito a una rotazione dei fattori nelle code, ovvero tra deep value (legato all’aumento dei tassi), crescita speculativa (legata al rallentamento economico) e beta più basso (legato alla guerra e ai conseguenti shock delle materie prime)” tengono a far sapere Chris Driscoll, CFA, Investment Specialist e Gregg Thomas, CFA, Director of Investment Strategy di Wellington Management.
I due manager si dicono convinti che nel più lungo periodo prevarranno i fondamentali, tuttavia fanno presente che la ricerca interna sulle performance fattoriali durante gli ultimi due anni ha fornito importanti spunti per gli investitori. Il primo dei quali riguarda l’opportunità di allocazioni difensive come complementari a quelle growth e value. “I profili di rischio delle allocazioni growth e value dovrebbero cambiare in modo più frequente e marcato, rendendo difficile bilanciare il rischio nel corso del ciclo: una quota di asset difensivi agevola un maggiore equilibrio di portafoglio” spiegano Driscoll e Thomas.
La seconda considerazione riguarda l’evoluzione della separazione netta tra il segmento growth (persistenza) e quello value (differenziazione della qualità) che potrebbe favorire la ricerca fondamentale di tipo bottom-up che prescinda dallo stile di gestione, giocando a favore delle allocazioni attive nei segmenti a piccola e a media capitalizzazione, value ed equity income.
Una terza considerazione prende spunto poi dal disallineamento dell’orizzonte temporale nella valutazione delle capacità di stock-picking. Troppo spesso una gestione attiva rischia di essere bocciata perché i risultati non sono visibili subito. “Siamo disposti ad accettare le sfide della selezione dei titoli per un periodo ragionevole a patto che il portafoglio di un gestore si comporti nel modo previsto e che alla base della selezione dei titoli ci sia un processo solido, basato su risorse concrete e ripetibili” precisano Driscoll e Thomas.
Per quanto riguarda invece la ricerca di strategie di diversificazione, secondo i due manager di Wellington Management potrebbero fungere da fattori di diversificazione le strategie large-cap value, equity income e low-beta, nel momento in cui si verificasse un cambio di regime rispetto a crescita, momento e alta qualità. Un’altra considerazione contempla l’utilizzo degli stress test macroeconomici. “Nei prossimi 10 anni dovrebbero registrarsi cicli economici e politiche macroeconomiche a livello globale molto differenti rispetto al decennio precedente. Una serie di stress test macroeconomici può rappresentare uno strumento importante per determinare se i movimenti macro a breve termine, esogeni al processo di un gestore, possono potenzialmente compromettere la capacità di raggiungere gli obiettivi di rischio/rendimento a lungo termine” puntualizzano Driscoll e Thomas.
Infine, lo spunto di riflessione sulla valutazione della gestione attiva. A parità di altre condizioni, i due manager hanno riscontrato che i gestori attivi tendono a sovrappesare in modo significativo un maggior numero di titoli "a più alto rendimento" piuttosto che un lieve sovrappeso su un titolo megacap. “Può rivelarsi utile a generare più alfa nel lungo periodo, ma anche causare una maggiore ciclicità nei risultati attivi. La chiave sta tutta nel modo in cui un gestore bilancia questo compromesso” concludono i due manager di Wellington Management.
UN GRUPPO PIU’ ESIGUO DI ELEMENTI VINCENTI
“Non deve sorprendere che la selezione dei titoli risenta di un ambiente macroeconomico caratterizzato da minore differenziazione e da un gruppo più esiguo di elementi vincenti. Invece di vedere premiati i solidi fondamentali nei settori value, growth e quality, ad esempio, abbiamo assistito a una rotazione dei fattori nelle code, ovvero tra deep value (legato all’aumento dei tassi), crescita speculativa (legata al rallentamento economico) e beta più basso (legato alla guerra e ai conseguenti shock delle materie prime)” tengono a far sapere Chris Driscoll, CFA, Investment Specialist e Gregg Thomas, CFA, Director of Investment Strategy di Wellington Management.
NEL PIU’ LUNGO PERIODO PREVARRANNO I FONDAMENTALI
I due manager si dicono convinti che nel più lungo periodo prevarranno i fondamentali, tuttavia fanno presente che la ricerca interna sulle performance fattoriali durante gli ultimi due anni ha fornito importanti spunti per gli investitori. Il primo dei quali riguarda l’opportunità di allocazioni difensive come complementari a quelle growth e value. “I profili di rischio delle allocazioni growth e value dovrebbero cambiare in modo più frequente e marcato, rendendo difficile bilanciare il rischio nel corso del ciclo: una quota di asset difensivi agevola un maggiore equilibrio di portafoglio” spiegano Driscoll e Thomas.
MINORE SEPARAZIONE NETTA TRA GROWTH E VALUE
La seconda considerazione riguarda l’evoluzione della separazione netta tra il segmento growth (persistenza) e quello value (differenziazione della qualità) che potrebbe favorire la ricerca fondamentale di tipo bottom-up che prescinda dallo stile di gestione, giocando a favore delle allocazioni attive nei segmenti a piccola e a media capitalizzazione, value ed equity income.
VALUTAZIONE DELLA CAPACITA’ DI STOCK PICKING
Una terza considerazione prende spunto poi dal disallineamento dell’orizzonte temporale nella valutazione delle capacità di stock-picking. Troppo spesso una gestione attiva rischia di essere bocciata perché i risultati non sono visibili subito. “Siamo disposti ad accettare le sfide della selezione dei titoli per un periodo ragionevole a patto che il portafoglio di un gestore si comporti nel modo previsto e che alla base della selezione dei titoli ci sia un processo solido, basato su risorse concrete e ripetibili” precisano Driscoll e Thomas.
FATTORI DI DIVERSIFICAZIONE
Per quanto riguarda invece la ricerca di strategie di diversificazione, secondo i due manager di Wellington Management potrebbero fungere da fattori di diversificazione le strategie large-cap value, equity income e low-beta, nel momento in cui si verificasse un cambio di regime rispetto a crescita, momento e alta qualità. Un’altra considerazione contempla l’utilizzo degli stress test macroeconomici. “Nei prossimi 10 anni dovrebbero registrarsi cicli economici e politiche macroeconomiche a livello globale molto differenti rispetto al decennio precedente. Una serie di stress test macroeconomici può rappresentare uno strumento importante per determinare se i movimenti macro a breve termine, esogeni al processo di un gestore, possono potenzialmente compromettere la capacità di raggiungere gli obiettivi di rischio/rendimento a lungo termine” puntualizzano Driscoll e Thomas.
VALUTAZIONE DELLA GESTIONE ATTIVA
Infine, lo spunto di riflessione sulla valutazione della gestione attiva. A parità di altre condizioni, i due manager hanno riscontrato che i gestori attivi tendono a sovrappesare in modo significativo un maggior numero di titoli "a più alto rendimento" piuttosto che un lieve sovrappeso su un titolo megacap. “Può rivelarsi utile a generare più alfa nel lungo periodo, ma anche causare una maggiore ciclicità nei risultati attivi. La chiave sta tutta nel modo in cui un gestore bilancia questo compromesso” concludono i due manager di Wellington Management.