Verso il cambiamento

Schroders spiega come scoprire se un’azienda è “climate leader”

Gli esperti di Schroders, Simon Webber, Lead Portfolio Manager, e Isabella Hervey-Bathurst, Global Sector Specialist, indicano come fa un’azienda a ridurre le emissioni, cosa è impegnata a ridurre e se sta davvero perseguendo l’obiettivo della decarbonizzazione

di Anna Patti 22 Febbraio 2023 16:11

financialounge -  decarbonizzazione ESG Isabella Hervey-Bathurst mercati Schroders Simon Webber
Schroders in qualità di specialista negli investimenti climate change mira a individuare le aziende che sono leader nella tutela del clima con piani ambiziosi e credibili per la decarbonizzazione delle loro attività. Tali piani devono essere coerenti con la limitazione del riscaldamento climatico a 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali, come previsto dall’Accordo di Parigi del 2015.

COME DISTINGUERE LE AZIENDE "CLIMATE LEADER"


Non è facile distinguere cosa davvero l’azienda sta facendo e se è "climate leade". Simon Webber, Lead Portfolio Manager, e Isabella Hervey-Bathurst, Global Sector Specialist di Schroders hanno individuato tre modi per accertare l’impegno delle aziende verso la decarbonizzazione che possono essere riassunti in come cosa e chi.

COME SI FA A RIDURRE LE EMISSIONI NOCIVE


Le aziende purtroppo possono rivendicare il passaggio alle energie rinnovabili acquistando dei certificati. Ogni volta che qualcuno produce energia rinnovabile nel mondo viene generato un certificato che può essere acquistato anche a prezzi molto bassi. Quindi, sottolineano gli esperti di Schroders, a volte questi certificati possono utilizzati per affermare che l’azienda utilizza il 100% di energia rinnovabile, anche se ciò non ha alcuna influenza reale sull’effettiva elettricità che l’azienda utilizza nei suoi mercati operativi. Ovviamente esistono anche aziende che si impegnano a utilizzare il 100% di energia rinnovabile, costruendo un’intera serie di impianti e attrezzature rinnovabili per generare la propria elettricità rinnovabile e alimentare tutte le sue attività. Il Protocollo sui Gas Serra (uno dei principali standard di contabilizzazione delle emissioni) consente alle aziende di utilizzare indifferentemente una o l’altra metodologia di approvvigionamento delle fonti rinnovabili per sostenere le dichiarazioni green fatte pubblicamente. Pertanto finché la normativa non si adeguerà alla realtà sarà necessario fare delle verifiche per essere certi che le aziende stiano davvero contribuendo alla decarbonizzazione.

QUALI EMISSIONI MIRA A RIDURRE L’AZIENDA


E’ importante capire cosa l’azienda mira a ridurre: l’intensità delle emissioni o una riduzione delle emissioni in termini assoluti. Per intensità delle emissioni si intende il volume di emissioni prodotte per unità di output (ad esempio emissioni per unità di profitto o di prodotto). Le emissioni assolute sono, invece, una misura assoluta delle emissioni prodotte. Le due misure sono entrambe valide ma devono essere valutate quando si considera la rilevanza di un obiettivo di riduzione delle emissioni, in particolare per quanto riguarda la crescita di un’azienda.

ESEMPIO DI AZIENDE CHE RIDUCE IN TERMINI ASSOLUTI


Gli analisti di Schroders fanno l’esempio di un’azienda che riduce le emissioni di acciaio con un’intensità pari al 10% di quella dei produttori di acciaio tradizionali. Con un’intensità di emissioni molto più bassa, dovremmo tutti desiderare che espanda la sua produzione il più rapidamente possibile, soppiantando gli operatori storici ad alta intensità di emissioni. Tuttavia per l’azienda non sarà facile ridurre ulteriormente le proprie emissioni assolute, dal momento che ha già eliminato il 90% di esse dal processo produttivo. Bisogna dunque essere realistici nel valutare gli obiettivi aziendali, tenendo conto dello stato di crescita dell’azienda per capire quanto possa essere ambizioso ridurre le emissioni assolute.

L'EFFETTO INFLAZIONE


Un’insidia da considerare quando si valutano le emissioni per unità è l’inflazione. Un target basato sull’intensità delle emissioni, misurata in base alle emissioni per unità di fatturato, scoprirà magicamente che più i prezzi (e quindi i ricavi) aumentano, più l’intensità delle emissioni diminuisce. La cosa più importante è che l’azienda abbia piani reali e credibili per eliminare le emissioni dalle sue operazioni di produzione e dalla catena di fornitura. Simon Webber, Lead Portfolio Manager, e Isabella Hervey-Bathurst, Global Sector Specialist di Schroders ritengono che la prassi migliore sia quella di avere un obiettivo di riduzione delle emissioni assoluto, non solo basato sull’intensità.

LA DIFFERENZA TRA LE EMISSIONI


L’ultimo criterio da seguire è quello della differenza tra emissioni Scope 1, 2 e 3. Lo Scope 1 riguarda le emissioni prodotte dalle attività dell’azienda. Lo Scope 2 si riferisce alle emissioni indirette create dalla generazione dell’elettricità utilizzata dall’azienda. Lo Scope 3 si riferisce alle emissioni lungo la catena del valore. Per molte aziende, queste saranno molto più grandi delle emissioni che rientrano negli Scope 1 e 2. Se non c'è un target che copra lo Scope 3, dicono gli esperti di Schroders, per alcune aziende può essere relativamente facile ridurre le proprie emissioni (Scope 1 e 2) attraverso l’outsourcing. Così non si avrebbe una reale riduzione delle emissioni.

LE EMISSIONI DELLO SCOPE 3


Quando si parla di Scope 3 è facile scoprire quali sono le aziende che non prendono sul serio la riduzione delle emissioni, perché sono quelle che dicono “i dati dei nostri fornitori sono troppo disomogenei” o “la nostra catena di fornitura è troppo complessa” per misurare o ridurre le proprie emissioni di Scope 3. Ovviamente, dicono Webber e Hervey-Bathurst, ci sono catene di fornitura più complesse di altre ma queste giustificazioni potrebbero nascondere l’intenzione dell’azienda di fare bella figura senza davvero impegnarsi per il cambiamento. Le aziende “climate leader” devono avere degli obiettivi di riduzione delle emissioni Scope 1,2 e 3.

Trending