Rapporti Usa-Cina

Usa verso il blocco totale di TikTok

La commissione affari esteri della Camera ha dato al presidente Biden la facoltà di vietare l’app cinese per motivi di sicurezza nazionale: sarebbe la censura americana di più vasta portata nei confronti di un social network

di Stefano Silvestri 2 Marzo 2023 10:36

financialounge -  Cina-Usa economia joe biden TikTok
Tanto tuonò che piovve, verrebbe da dire. E siccome è dal 2020 che TikTok non gode di buona reputazione negli Usa, dopo i tentativi di Trump di proibire l’app di ByteDance in suolo patrio, è di queste ore la notizia che la commissione degli Affari Esteri della Camera dei Rappresentanti statunitense ha concesso al presidente Joe Biden il potere di vietare l’app cinese, dando vita a quella che sarebbe la più epocale censura americana di un qualsiasi social network.

SICUREZZA NAZIONALE


La misura approvata dai legislatori (passata con 24 voti favorevoli e 16 contrari) concederebbe a Biden nuovi poteri per vietare TikTok (utilizzato da oltre 100 milioni di americani) e qualsiasi altra app considerata a rischio. “TikTok è una minaccia per la sicurezza nazionale, è ora di agire”, ha tuonato Michael McCaul, presidente repubblicano della commissione dietro al progetto di legge. Che poi ha aggiunto: “Chiunque abbia scaricato TikTok sul proprio dispositivo ha dato al Partito Comunista Cinese una backdoor a tutte le sue informazioni personali. È un pallone spia nel proprio telefono”.

OPPOSIZIONE DEMOCRATICA


Il partito democratico si sta però opponendo al disegno di legge, considerandolo affrettato e chiedendo maggiori approfondimenti, anche attraverso delle consultazioni con esperti. Il provvedimento, infatti, non preciserebbe come attuare il divieto, limitandosi a conferire a Biden il potere di proibire qualsiasi transazione attraverso TikTok. Il che dovrebbe comportare il divieto per chiunque si trovi negli Stati Uniti di accedere o di scaricare l'app sui propri dispositivi. Il disegno di legge inoltre richiederebbe a Biden di imporre un divieto a qualsiasi entità che possa trasferire dati personali sensibili a un'entità soggetta all'influenza della Cina. “L'istinto repubblicano di vietare le cose che teme, dai libri alla libertà di parola, sembra incontrollato”, ha commentato Gregory Meeks, il democratico di maggior peso presente nella commissione che, pur comprendendo le preoccupazioni riguardanti TikTok, si è opposto alla legislazione. L'American Civil Liberties Union ha invece definito la legge “una grave violazione dei diritti del primo emendamento”.

LA REPLICA DI TIKTOK


“Un divieto statunitense su TikTok sarebbe un divieto all'esportazione della cultura e dei valori americani ai miliardi di persone che utilizzano il nostro servizio in tutto il mondo”, ha dichiarato dopo la votazione un portavoce del social network cinese. Il quale respinge qualsiasi accusa di spionaggio, essendo due anni che discute i requisiti di sicurezza dei dati col Committee on Foreign Investment in the United States (CFIUS) e avendo già speso oltre 1,5 miliardi di dollari per garantire la sicurezza delle informazioni raccolte. Il CEO di TikTok, Shou Zi Chew, dopo aver incontrato i legislatori il mese scorso al Campidoglio, comparirà dinanzi alla commissione dell'Energia e del Commercio degli Stati Uniti il 23 marzo. Prima di arrivare a Biden, però, il disegno di legge dovrà passare al vaglio dalla Camera e dal Senato degli Stati Uniti. L'amministrazione Biden non ha al momento preso una posizione in merito alla questione, sebbene in passato si sia detta preoccupata da app come TikTok. “Continueremo a guardare ad altri percorsi da intraprendere, e ciò includerà il lavorare col Congresso su questa questione”, ha detto la portavoce della Casa Bianca Olivia Dalton.

SORVEGLIANZA OCCIDENTALE


TikTok è da tempo nel mirino dei governi occidentali, timorosi che i dati dei loro utenti possano finire nelle mani del governo cinese, compromettendo gli interessi di sicurezza occidentali. La Casa Bianca ha concesso alle agenzie governative trenta giorni per assicurarsi che TikTok non sia presente su alcun dispositivo o sistema federale. Discorso analogo per il Canada e il Parlamento europeo, che ha deciso di vietare l'uso di TikTok sui telefoni del personale per motivi di sicurezza. Ma per quanto le paure dell’Occidente nei confronti del social network cinese siano legittime e condivisibili, il dovere di cronaca ci impone di ricordare che le prime attività di sorveglianza di massa negli Stati Uniti sono iniziate negli anni 1940, per poi essere notevolmente estese nel corso degli anni 1970, assumendo portata globale grazie al programma Echelon. E se è vero che una NSA che intercetta milioni di telefonate americane è una questione prettamente nazionale, nel 2013 le rivelazioni di Snowden hanno dato vita allo scandalo Datagate, portando alla luce ulteriori programmi di sorveglianza di massa quali PRISM, XKeyscore e Tempora. I quali hanno come obiettivi privati cittadini e istituzioni di vari paesi, inclusi gli stessi alleati occidentali degli Stati Uniti e i membri della NATO. Un esempio può aiutare a capire meglio la situazione: Prism, attivato dalla National Security Agency nel 2007, raccoglie “informazioni ottenibili attraverso email, chat, chat vocali e videochat, video, foto, conversazioni VoIP, trasferimento di file, notifiche d'accesso e dettagli relativi a siti di reti sociali”. Dati questi che l’NSA ottiene grazie alla collaborazione con colossi americani quali Google, Facebook, Microsoft, Skype, Apple, Yahoo e AOL.

PROFILAZIONE SOCIAL


Che le informazioni che lasciamo sui social network americani siano usate per scopi non sempre trasparenti ce lo ricorda anche un altro scandalo, quello di Cambridge Analytica, scoppiato a seguito delle presidenziali del 2016. Insomma, che si guardi a oriente come a occidente, è in atto da tempo un vero Far West informatico che nel 2018 ha portato l’Europa a ideare il GDPR proprio per regolamentare per i trasferimenti dei dati personali al di fuori dello Spazio Economico Europeo (cioè l'Unione europea più Norvegia, Liechtenstein e Islanda). Col risultato che oggi, ad esempio, la legge prevede multe salate per chi usa Google Analytics 3, i cui dati finiscono direttamente a Mountain View. Ufficialmente, per profilarci meglio e offrirci un servizio migliore.

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