La view
Mercati emergenti: Schroders vede tre ragioni che proteggono da una crisi bancaria
David Rees, Senior Emerging Markets Economist, sottolinea le ampie riserve di capitale che proteggono le banche, la scarsa evidenza di un eccesso di prestiti, e l’assenza di squilibri macroeconomici più ampi
di Stefano Caratelli 24 Aprile 2023 14:50
Il crac di SVB e First Republic è stato causato da fattori idiosincratici, ma probabilmente ha contribuito anche l’aumento aggressivo dei tassi. Il sell-off globale sulle banche si è poi attenuato, ma negli USA lo shock ha portato a una stretta credito, che rafforza le attese di recessione. I rialzi della Fed hanno anche messo in luce le vulnerabilità dei Mercati Emergenti, storicamente vulnerabili a una brusca frenata dell’economia quando le condizioni monetarie si inaspriscono nei mercati sviluppati, con le banche che hanno subito il contraccolpo delle successive recessioni e dell'aumento delle inadempienze sui prestiti.
Ma questa volta una crisi bancaria negli Emergenti potrebbe essere evitata, secondo l’analisi di David Rees, Senior Emerging Markets Economist di Schroders, che sottolinea tre ragioni a supporto. Oggi si vedono alcune condizioni che hanno preceduto le passate crisi, dalla stretta della Fed a deterioramenti diffusi delle bilance dei pagamenti. Problemi che non possono essere presi alla leggera, data la natura instabile del sentiment globale, ma secondo Rees ci sono almeno tre ragioni per pensare che non siamo sull'orlo di una grave crisi bancaria nei Paesi Emergenti.
La prima è rappresentata dalle ampie riserve di capitale, che offrono protezione alle banche dei Paesi Emergenti, generalmente in buona salute. Secondo gli indicatori di solidità finanziaria del FMI, il rapporto tra capitale regolamentare e asset ponderati per il rischio è generalmente ben superiore ai requisiti minimi di Basilea III del 15-20%. Le banche devono ancora affrontare la prospettiva di un aumento dei NPL causato dal rallentamento economico, ma le ampie riserve dovrebbero offrire almeno una certa protezione. Inoltre, i prestiti sono generalmente finanziati dai depositi, riducendo a vulnerabilità a un congelamento dei mercati finanziari globali.
La seconda ragione illustrata da Rees è la scarsa evidenza di un eccesso di prestiti bancari, perché un modo per individuare le fasi iniziali delle crisi finanziarie nei Paesi Emergenti è monitorare i credit gap, pubblicati dalla Banca dei Regolamenti Internazionali, che misurano la deviazione del settore privato sul PIL rispetto al trend di lungo periodo. Una rapida occhiata alle esperienze precedenti alla crisi finanziaria asiatica negli anni '90 e ai problemi delle banche dell'Europa centro-orientale negli anni 2000 mostra che i credit gap spesso si allargano fino a raggiungere circa il 20-30% del Pil prima delle crisi.
Ma l’esperto di Schroders rileva che gli ultimi dati suggeriscono che non c'è motivo di preoccuparsi. Sono dati da trattare con cautela, perché i credit gap non dicono nulla sulla dimensione assoluta dello stock di debito nei mercati ad alta leva, come la Cina. Tuttavia, la debolezza della domanda di credito in un contesto di crescita lenta fa sì che i credit gap dei Paesi Emergenti siano generalmente negativi. Molti probabilmente beneficerebbero di un ciclo del credito che potrebbe guidare un periodo di crescita. Due mercati da tenere d'occhio, avverte Rees, sono Corea del Sud e Thailandia, dove la leva finanziaria è aumentata.
La terza ragione è l’assenza di squilibri macroeconomici più ampi, di cui non ci sono molte prove anche dopo l'aumento dei tassi globali. C'è stato un certo deterioramento delle bilance dei pagamenti in diversi grandi Emergenti, come Cile, Romania, Ungheria e Colombia, ma gran parte è dovuto all'aumento delle importazioni di energia. A parte le eccezioni come Ungheria e Turchia, secondo l’esperto di Schroders questo riflette l'aumento dei prezzi dopo l'invasione russa dell'Ucraina più che il surriscaldamento della domanda interna, ed è anzi probabile che la necessità di finanziare l'importazione di energia abbia fatto ridurre il consumo di altri beni.
Inoltre, non sembrano esserci grosse tensioni in termini di liquidità o disallineamenti valutari a livello macro. I debiti esterni a breve termine, compresi quelli bancari, sono facilmente coperti dalle riserve valutarie. Argentina e Turchia, seguite da Malesia e Ungheria, appaiono più a rischio, ma sono problemi noti, e Rees ricorda che il debito esterno a breve ha spesso superato il 250% delle riserve nelle crisi passate. Le banche dei Paesi Emergenti si trovano ad affrontare un periodo difficile, mentre l'aggravarsi dei timori sulla salute del sistema finanziario globale potrebbe causare volatilità nei Mercati Emergenti. Ma i fondamentali macroeconomici relativamente solidi, sottolinea in conclusione l’esperto di Schroders, fanno sì che ci sia una bassa probabilità che emergano crisi dal settore bancario.
SOMIGLIANZE CON CRISI PASSATE MA QUESTA VOLTA SI PUO’ EVITARE
Ma questa volta una crisi bancaria negli Emergenti potrebbe essere evitata, secondo l’analisi di David Rees, Senior Emerging Markets Economist di Schroders, che sottolinea tre ragioni a supporto. Oggi si vedono alcune condizioni che hanno preceduto le passate crisi, dalla stretta della Fed a deterioramenti diffusi delle bilance dei pagamenti. Problemi che non possono essere presi alla leggera, data la natura instabile del sentiment globale, ma secondo Rees ci sono almeno tre ragioni per pensare che non siamo sull'orlo di una grave crisi bancaria nei Paesi Emergenti.
LE RISERVE DI CAPITALE SONO AMPIE E OFFRONO PROTEZIONE
La prima è rappresentata dalle ampie riserve di capitale, che offrono protezione alle banche dei Paesi Emergenti, generalmente in buona salute. Secondo gli indicatori di solidità finanziaria del FMI, il rapporto tra capitale regolamentare e asset ponderati per il rischio è generalmente ben superiore ai requisiti minimi di Basilea III del 15-20%. Le banche devono ancora affrontare la prospettiva di un aumento dei NPL causato dal rallentamento economico, ma le ampie riserve dovrebbero offrire almeno una certa protezione. Inoltre, i prestiti sono generalmente finanziati dai depositi, riducendo a vulnerabilità a un congelamento dei mercati finanziari globali.
QUESTA VOLTA NON C’E’ UN ECCESSO DI PRESTITI
La seconda ragione illustrata da Rees è la scarsa evidenza di un eccesso di prestiti bancari, perché un modo per individuare le fasi iniziali delle crisi finanziarie nei Paesi Emergenti è monitorare i credit gap, pubblicati dalla Banca dei Regolamenti Internazionali, che misurano la deviazione del settore privato sul PIL rispetto al trend di lungo periodo. Una rapida occhiata alle esperienze precedenti alla crisi finanziaria asiatica negli anni '90 e ai problemi delle banche dell'Europa centro-orientale negli anni 2000 mostra che i credit gap spesso si allargano fino a raggiungere circa il 20-30% del Pil prima delle crisi.
UN CICLO DI ESPANSIONE DEL CREDITO POTREBBE PRECEDERE LA RIPRESA
Ma l’esperto di Schroders rileva che gli ultimi dati suggeriscono che non c'è motivo di preoccuparsi. Sono dati da trattare con cautela, perché i credit gap non dicono nulla sulla dimensione assoluta dello stock di debito nei mercati ad alta leva, come la Cina. Tuttavia, la debolezza della domanda di credito in un contesto di crescita lenta fa sì che i credit gap dei Paesi Emergenti siano generalmente negativi. Molti probabilmente beneficerebbero di un ciclo del credito che potrebbe guidare un periodo di crescita. Due mercati da tenere d'occhio, avverte Rees, sono Corea del Sud e Thailandia, dove la leva finanziaria è aumentata.
NON C’E’ EVIDENZA DI SQUILIBRI PIÙ AMPI
La terza ragione è l’assenza di squilibri macroeconomici più ampi, di cui non ci sono molte prove anche dopo l'aumento dei tassi globali. C'è stato un certo deterioramento delle bilance dei pagamenti in diversi grandi Emergenti, come Cile, Romania, Ungheria e Colombia, ma gran parte è dovuto all'aumento delle importazioni di energia. A parte le eccezioni come Ungheria e Turchia, secondo l’esperto di Schroders questo riflette l'aumento dei prezzi dopo l'invasione russa dell'Ucraina più che il surriscaldamento della domanda interna, ed è anzi probabile che la necessità di finanziare l'importazione di energia abbia fatto ridurre il consumo di altri beni.
FONDAMENTALI MACRO RELATIVAMENTE SOLIDI
Inoltre, non sembrano esserci grosse tensioni in termini di liquidità o disallineamenti valutari a livello macro. I debiti esterni a breve termine, compresi quelli bancari, sono facilmente coperti dalle riserve valutarie. Argentina e Turchia, seguite da Malesia e Ungheria, appaiono più a rischio, ma sono problemi noti, e Rees ricorda che il debito esterno a breve ha spesso superato il 250% delle riserve nelle crisi passate. Le banche dei Paesi Emergenti si trovano ad affrontare un periodo difficile, mentre l'aggravarsi dei timori sulla salute del sistema finanziario globale potrebbe causare volatilità nei Mercati Emergenti. Ma i fondamentali macroeconomici relativamente solidi, sottolinea in conclusione l’esperto di Schroders, fanno sì che ci sia una bassa probabilità che emergano crisi dal settore bancario.