Possibili scenari
RBC BlueBay: la rielezione di Erdogan in Turchia aggraverebbe i problemi economici del paese
Tim Ash, EM Senior Sovereign Strategist, Emerging Markets, RBC BlueBay AM spiega come le elezioni turche incideranno sui mercati e sull’economia
di Anna Patti 10 Maggio 2023 15:33
Le elezioni presidenziali e parlamentari del 14 maggio in Turchia si preannunciano determinant per il futuro politico ed economico del Paese. Erdogan e la coalizione di sei partiti di opposizione hanno idee molto diverse per l’economia.
Erdogan continua a proporre le stessa politica monetaria eterodossa che negli ultimi dieci anni ha creato cicli economici stop&go con una pressione di vendita quasi costante sulla lira e di conseguenza un’inflazione elevata, attualmente superiore al 50%. L’avversione per il rialzo dei tassi d’interesse ha costretto Erdogan a ricorrere a politiche macroprudenziali distorsive e a meccanismi di controllo dei capitali e dei mercati per difendere la lira e combattere l’inflazione. Questo ha avuto conseguenze dannose sul sistema imprenditoriale portando all’uscita degli investitori stranieri e compromettendo la produttività e la crescita a lungo termine. Secondo Tim Ash, EM Senior Sovereign Strategist, Emerging Markets, RBC BlueBay AM, il persistere di queste politiche, in caso di vittoria alle elezioni, rischia di provocare una crisi più sistemica, una crisi di fiducia nella lira e nelle banche del Paese.
L’opposizione propone un ritorno all’ortodossia della politica economica, con la normalizzazione dei tassi e un tasso di cambio flessibile. La coalizione promette di smantellare le politiche economiche di Erdogan che distorcono il mercato e di risanare le istituzioni statali come la banca della Repubblica di Turchia e infine di riaprire agli investimenti stranieri. La crescita dovrà rallentare nel breve termine per pesare sull’inflazione, ridurre l’ampio deficit delle partite correnti (circa 6% del PIL) e colmare l’ampio deficit di finanziamento esterno del Paese (>230 miliardi di dollari), ma la prospettiva di una crescita più sostenibile potrebbe rinnovare l’interesse degli investitori stranieri per il Paese.
Durante la presidenza Erdogan lo stock di investimenti esteri in portafoglio si è ridotto passando da un picco di 130 miliardi di dollari dieci anni fa a meno di 30 miliardi di dollari al momento. Parte di questi investimenti potrebbero tornare con il ritorno all’ortodossia della politica monetaria. Gli investimenti esteri aiuteranno a stabilizzare la lira che ancorerà più in basso l’inflazione e consentirà di ridurre i tassi di riferimento stimolando la crescita.
Le elezioni porterebbero anche un cambiamento in senso più ampio. L’opposizione infatti promette riduzione dei poteri presidenziali e la creazione di un sistema in cui il Parlamento possa avere un ruolo centrale con la reintroduzione di controlli ed equilibri erosi negli ultimi anni. C’è in gioco anche l’orientamento geopolitico della Turchia. Erdogan ha allontanato il paese dalla Nato e dall’Europa. Ha cercato nuovi alleati e fonti di finanziamento tra i regimi autoritari della Russia e del Golfo. Questi ultimi hanno favorito la sua rielezione attraverso la fornitura di swap in valuta per la Banca centrale turca (CBRT), di depositi presso la CBRT, di finanziamenti dalla Russia per il programma di energia nucleare turco, e di flussi in entrata sospettosamente elevati per errori e omissioni nella bilancia dei pagamenti. Erdogan ha usato la questione dell’allargamento della Nato, giocando duro contro la candidatura della Finlandia e della Svezia alla Nato per ottenere il sostegno dei sondaggi in patria Secondo l’analista di RBC BlueBay AM ritiene che l’Occidente, dopo le elezioni spingerà la Turchia a decider da quale parte stare nella battaglia tra USA e I loro alleati nelle democrazie liberali di mercato e dall’altra parte la Cina, la Russia e l’asse delle potenze autoritarie.
Se le opposizioni dovessero vincere le elezioni faranno perno sull’Occidente pur mantenendo un certo grado di indipendenza sul Mediterraneo, la Siria e la questione curda. Ci si attende un raffreddamento nei confronti della Russia e un avvicinamento all’Occidente. Le nuove relazioni con l’Occidente porteranno a un nuovo flusso di finanziamenti e investimenti diretti, La Turchia dovrebbe poi beneficiare dei suoi vantaggi nei confronti dell’Occidente in termini di nearshoring delle catene di approvvigionamento.
Secondo Tim Ash, EM Senior Sovereign Strategist, Emerging Markets, RBC BlueBay AM, in caso di rielezione di Erdogan comunque l’Occidente farà pressione sulla Turchia perché decida tra l’Occidente e l’asse autoritario, e questo potrebbe anche includere il rischio di sanzioni. In ultima analisi, credo che anche Erdogan si renderà conto che l’alleanza occidentale possa fornire la migliore garanzia di sicurezza per la Turchia e mi aspetto un compromesso sulla questione dell’adesione della Svezia alla Nato. I rapporti rimarrebbero comunque tesi e costituiranno un ostacolo agli investimenti occidentali nel paese turco il che aggraverà i problemi economici rendendo più probabile una crisi sistemica.
LA POLITICA MONETARIA DI ERDOGAN
Erdogan continua a proporre le stessa politica monetaria eterodossa che negli ultimi dieci anni ha creato cicli economici stop&go con una pressione di vendita quasi costante sulla lira e di conseguenza un’inflazione elevata, attualmente superiore al 50%. L’avversione per il rialzo dei tassi d’interesse ha costretto Erdogan a ricorrere a politiche macroprudenziali distorsive e a meccanismi di controllo dei capitali e dei mercati per difendere la lira e combattere l’inflazione. Questo ha avuto conseguenze dannose sul sistema imprenditoriale portando all’uscita degli investitori stranieri e compromettendo la produttività e la crescita a lungo termine. Secondo Tim Ash, EM Senior Sovereign Strategist, Emerging Markets, RBC BlueBay AM, il persistere di queste politiche, in caso di vittoria alle elezioni, rischia di provocare una crisi più sistemica, una crisi di fiducia nella lira e nelle banche del Paese.
LE PROPOSTE DELL’OPPOSIZIONE
L’opposizione propone un ritorno all’ortodossia della politica economica, con la normalizzazione dei tassi e un tasso di cambio flessibile. La coalizione promette di smantellare le politiche economiche di Erdogan che distorcono il mercato e di risanare le istituzioni statali come la banca della Repubblica di Turchia e infine di riaprire agli investimenti stranieri. La crescita dovrà rallentare nel breve termine per pesare sull’inflazione, ridurre l’ampio deficit delle partite correnti (circa 6% del PIL) e colmare l’ampio deficit di finanziamento esterno del Paese (>230 miliardi di dollari), ma la prospettiva di una crescita più sostenibile potrebbe rinnovare l’interesse degli investitori stranieri per il Paese.
LA RIDUZIONE DEGLI INVESTIMENTI ESTERI
Durante la presidenza Erdogan lo stock di investimenti esteri in portafoglio si è ridotto passando da un picco di 130 miliardi di dollari dieci anni fa a meno di 30 miliardi di dollari al momento. Parte di questi investimenti potrebbero tornare con il ritorno all’ortodossia della politica monetaria. Gli investimenti esteri aiuteranno a stabilizzare la lira che ancorerà più in basso l’inflazione e consentirà di ridurre i tassi di riferimento stimolando la crescita.
CAMBIAMENTO GEOPOLITICO
Le elezioni porterebbero anche un cambiamento in senso più ampio. L’opposizione infatti promette riduzione dei poteri presidenziali e la creazione di un sistema in cui il Parlamento possa avere un ruolo centrale con la reintroduzione di controlli ed equilibri erosi negli ultimi anni. C’è in gioco anche l’orientamento geopolitico della Turchia. Erdogan ha allontanato il paese dalla Nato e dall’Europa. Ha cercato nuovi alleati e fonti di finanziamento tra i regimi autoritari della Russia e del Golfo. Questi ultimi hanno favorito la sua rielezione attraverso la fornitura di swap in valuta per la Banca centrale turca (CBRT), di depositi presso la CBRT, di finanziamenti dalla Russia per il programma di energia nucleare turco, e di flussi in entrata sospettosamente elevati per errori e omissioni nella bilancia dei pagamenti. Erdogan ha usato la questione dell’allargamento della Nato, giocando duro contro la candidatura della Finlandia e della Svezia alla Nato per ottenere il sostegno dei sondaggi in patria Secondo l’analista di RBC BlueBay AM ritiene che l’Occidente, dopo le elezioni spingerà la Turchia a decider da quale parte stare nella battaglia tra USA e I loro alleati nelle democrazie liberali di mercato e dall’altra parte la Cina, la Russia e l’asse delle potenze autoritarie.
I RAPPORTI CON L’OCCIDENTE IN CASO DI VITTORIA DELLE OPPOSIZIONI
Se le opposizioni dovessero vincere le elezioni faranno perno sull’Occidente pur mantenendo un certo grado di indipendenza sul Mediterraneo, la Siria e la questione curda. Ci si attende un raffreddamento nei confronti della Russia e un avvicinamento all’Occidente. Le nuove relazioni con l’Occidente porteranno a un nuovo flusso di finanziamenti e investimenti diretti, La Turchia dovrebbe poi beneficiare dei suoi vantaggi nei confronti dell’Occidente in termini di nearshoring delle catene di approvvigionamento.
I RAPPORTI CON L’OCCIDENTE IN CASO DI RICONFERMA DI ERDOGAN
Secondo Tim Ash, EM Senior Sovereign Strategist, Emerging Markets, RBC BlueBay AM, in caso di rielezione di Erdogan comunque l’Occidente farà pressione sulla Turchia perché decida tra l’Occidente e l’asse autoritario, e questo potrebbe anche includere il rischio di sanzioni. In ultima analisi, credo che anche Erdogan si renderà conto che l’alleanza occidentale possa fornire la migliore garanzia di sicurezza per la Turchia e mi aspetto un compromesso sulla questione dell’adesione della Svezia alla Nato. I rapporti rimarrebbero comunque tesi e costituiranno un ostacolo agli investimenti occidentali nel paese turco il che aggraverà i problemi economici rendendo più probabile una crisi sistemica.