L'analisi
abrdn: la vittoria del Tavolo dei Sei in Turchia segnerebbe il ritorno degli investimenti stranieri
Kieran Curtis Head of Emerging Market Local Currency Debt, abrdn analizza i cambiamenti economici derivanti dal risultato delle prossime elezioni in Turchia
di Anna Patti 11 Maggio 2023 17:30
Le elezioni del 14 maggio in Turchia si preannunciano storiche. Qualora vincesse la coalizione di opposizione, il cosiddetto Tavolo dei Sei, porrebbe fine al dominio politico di Erdogan. Il risultato al momento è davvero incerto, il candidato presidenziale comune della coalizione di opposizione, Kemal Kılıçdaroğlu, è in stretto vantaggio nei sondaggi di opinione. Tuttavia, l’incertezza sull’affluenza alle urne, soprattutto nelle regioni colpite dal devastante terremoto di febbraio, rende il risultato davvero imprevedibile.
Le politiche di Erdogan, negli ultimi anni, hanno favorito la crescita attraverso il credito a basso costo. In particolare, ciò è stato ottenuto attraverso interferenza politica nella gestione delle policy della Banca Centrale, nonché attraverso misure normative e fiscali volte ad aumentare artificialmente l’offerta di credito e a ridurne il costo. Sebbene tali politiche abbiano mantenuto i tassi di crescita del PIL turco più alti rispetto a quelli degli altri Paesi, ciò è avvenuto al prezzo di un’inflazione elevata e spesso in accelerazione, nonché di deficit delle partite correnti persistentemente alti. L’opposizione in caso di vittoria ha concordato una serie di riforme che mirano a ridurre l’inflazione e a ricostituire le riserve di valuta estera. I tassi di interesse aumenterebbero bruscamente, dall’ 8,5% al 30%-40%. La CBRT smetterebbe anche di vendere riserve per difendere la lira turca, il che significa che la lira probabilmente si indebolirebbe ulteriormente. Tutto ciò danneggerebbe l’economia nel breve periodo e potrebbe innescare una recessione.
Secondo Kieran Curtis, Head of Emerging Market Local Currency Debt di abrdn, in caso di vittoria dell’opposizione si tornerebbe a politiche economiche più ortodosse che incoraggerebbero il ritorno degli investimenti stranieri e il rimpatrio dei capitali turchi fuggiti all’estero negli ultimi dieci anni. E nonostante la paura di una recessione, il settore privato turco, certamente dinamico, sarebbe in grado di guidare la ripresa da qualsiasi crisi. Inoltre in caso di vittoria del Tavolo dei Sei si tornerebbe a una democrazia parlamentare con conseguente limitazione dei poteri del presidente.
Se Erdogan riuscisse a mantenere la presidenza, le prospettive di politica economica sarebbero meno certe. Sono circolate voci di un possibile ritorno di uno degli ex top policymaker economici, Lütfi Elvan o Mehmet Şimşek, in caso di vittoria di Erdogan. Se ciò accadesse, sarebbe un segnale di cambiamento verso politiche economiche più ortodosse. Tuttavia spaventano i precedenti di Erdogan nel mantenere la normalità: Elvan è rimasto in carica solo 13 mesi come ministro delle finanze nel 2020/2021. Ma Erdogan potrebbe anche decidere di mantenere politiche economiche non ortodosse e questo potrebbe condurre a conseguenze sgradevoli. Come ricorda l’analista di abrdn tra il 2024 e il 2028 il governo turco dovrà pagare 13-15 miliardi di dollari all’anno in cedole e scadenze ai detentori di eurobond. Si tratta di circa la metà del deficit annuale delle partite correnti. La Turchia è sempre stata disposta a pagare i suoi prestatori, ma se le riserve valutarie sono insufficienti e si profila una recessione grave, potrebbe diventare allettante chiedere agli obbligazionisti di “contribuire” alla ripresa.
Il risultato delle elezioni turche ha una fondamentale importanza anche per le questioni geopolitiche come sottolinea Lizzy Galbraith, economista politica di abrdn. Secondo Gallbraith “una vittoria di Erdogan, soprattutto se l'esito delle elezioni dovesse essere contestato, complicherebbe le relazioni della Turchia con l'Occidente e anche con gli altri membri della NATO”. Erdogan infatti continuerebbe con una politica estera sempre più indipendente oltre a portare avanti politiche economiche non ortodosse. Invece un risultato positivo per Kilicdaroglu segnerebbe un ritorno a un approccio fiscale più favorevole al mercato, con un parziale riallineamento verso l'Occidente in politica estera.
IMPLICAZIONI DI POLITICA ECONOMICA
Le politiche di Erdogan, negli ultimi anni, hanno favorito la crescita attraverso il credito a basso costo. In particolare, ciò è stato ottenuto attraverso interferenza politica nella gestione delle policy della Banca Centrale, nonché attraverso misure normative e fiscali volte ad aumentare artificialmente l’offerta di credito e a ridurne il costo. Sebbene tali politiche abbiano mantenuto i tassi di crescita del PIL turco più alti rispetto a quelli degli altri Paesi, ciò è avvenuto al prezzo di un’inflazione elevata e spesso in accelerazione, nonché di deficit delle partite correnti persistentemente alti. L’opposizione in caso di vittoria ha concordato una serie di riforme che mirano a ridurre l’inflazione e a ricostituire le riserve di valuta estera. I tassi di interesse aumenterebbero bruscamente, dall’ 8,5% al 30%-40%. La CBRT smetterebbe anche di vendere riserve per difendere la lira turca, il che significa che la lira probabilmente si indebolirebbe ulteriormente. Tutto ciò danneggerebbe l’economia nel breve periodo e potrebbe innescare una recessione.
LE SFIDE CHE DOVRA’ AFFRONTARE L’OPPOSIZIONE
Secondo Kieran Curtis, Head of Emerging Market Local Currency Debt di abrdn, in caso di vittoria dell’opposizione si tornerebbe a politiche economiche più ortodosse che incoraggerebbero il ritorno degli investimenti stranieri e il rimpatrio dei capitali turchi fuggiti all’estero negli ultimi dieci anni. E nonostante la paura di una recessione, il settore privato turco, certamente dinamico, sarebbe in grado di guidare la ripresa da qualsiasi crisi. Inoltre in caso di vittoria del Tavolo dei Sei si tornerebbe a una democrazia parlamentare con conseguente limitazione dei poteri del presidente.
LA PRINCIPALE SFIDA PER ERDOGAN IN CASO DI VITTORIA
Se Erdogan riuscisse a mantenere la presidenza, le prospettive di politica economica sarebbero meno certe. Sono circolate voci di un possibile ritorno di uno degli ex top policymaker economici, Lütfi Elvan o Mehmet Şimşek, in caso di vittoria di Erdogan. Se ciò accadesse, sarebbe un segnale di cambiamento verso politiche economiche più ortodosse. Tuttavia spaventano i precedenti di Erdogan nel mantenere la normalità: Elvan è rimasto in carica solo 13 mesi come ministro delle finanze nel 2020/2021. Ma Erdogan potrebbe anche decidere di mantenere politiche economiche non ortodosse e questo potrebbe condurre a conseguenze sgradevoli. Come ricorda l’analista di abrdn tra il 2024 e il 2028 il governo turco dovrà pagare 13-15 miliardi di dollari all’anno in cedole e scadenze ai detentori di eurobond. Si tratta di circa la metà del deficit annuale delle partite correnti. La Turchia è sempre stata disposta a pagare i suoi prestatori, ma se le riserve valutarie sono insufficienti e si profila una recessione grave, potrebbe diventare allettante chiedere agli obbligazionisti di “contribuire” alla ripresa.
LA VITTORIA DI ERDOGAN COMPLICHEREBBE I RAPPORTI CON L’OCCIDENTE
Il risultato delle elezioni turche ha una fondamentale importanza anche per le questioni geopolitiche come sottolinea Lizzy Galbraith, economista politica di abrdn. Secondo Gallbraith “una vittoria di Erdogan, soprattutto se l'esito delle elezioni dovesse essere contestato, complicherebbe le relazioni della Turchia con l'Occidente e anche con gli altri membri della NATO”. Erdogan infatti continuerebbe con una politica estera sempre più indipendente oltre a portare avanti politiche economiche non ortodosse. Invece un risultato positivo per Kilicdaroglu segnerebbe un ritorno a un approccio fiscale più favorevole al mercato, con un parziale riallineamento verso l'Occidente in politica estera.