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Wellington Management: l’accordo sul tetto al debito lascia dei dubbi sulla sua sostenibilità e sullo status del dollaro

L'aumento dei costi degli interessi governativi e il persistente basso livello delle entrate faranno crescere al 110% il rapporto debito/PIL negli Stati Uniti, mentre viene messo in discussione lo status del dollaro come valuta di riserva globale

di Leo Campagna 26 Giugno 2023 12:48

financialounge -  Debito Usa dollaro mercati Michael Medeiros obbligazioni wellington management
Il Congresso degli Stati Uniti ha approvato l'accordo sul tetto del debito pochi giorni prima del 5 giugno, data in cui il governo avrebbe potuto esaurire i fondi e sarebbe potuto andare in default per la prima volta nella storia del Paese. Un’intesa che permette di sospendere il limite di 31.400 miliardi di dollari eliminando temporaneamente la barriera di indebitamento del governo federale fino al 1° gennaio 2025. Questo consente al presidente Biden e al Congresso di accantonare la questione fino a dopo le elezioni presidenziali del novembre 2024.

UN ACCORDO CRUCIALE TRA DEMOCRATICI E REPUBBLICANI


Si è trattato di un accordo cruciale dal momento che il divario politico tra i partiti democratico e repubblicano sull'innalzamento del cosiddetto "tetto" del debito era tornato sotto i riflettori. “Molti investitori avevano ripreso a concentrarsi sul rischio che lo stallo sul tetto del debito potesse determinare un esito simile a quello verificatosi nel 2011, quando la politica statunitense era senza dubbio meno polarizzata rispetto a oggi” scrive Michael Medeiros, CFA, US Macro Strategist di Wellington Management.

IL DEBITO PUBBLICO USA PROIETTATO AL 110% DEL PIL


Il debito pubblico statunitense, che attualmente è pari al 98% del PIL, in base alle proiezioni del Congressional Budget Office (CBO) dovrebbe raggiungere il 110% nel corso del prossimo decennio. Ad alimentarlo la crescita insostenibile dei programmi federali di diritto all'assistenza sociale, il persistente basso livello delle entrate e l'aumento dei costi degli interessi governativi.

IL RAPIDO INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE


A questi fattori si aggiungono i cambiamenti demografici, tra cui il rapido invecchiamento della popolazione, che rischiano di esaurire entro un decennio le riserve in eccesso dei fondi fiduciari della previdenza sociale. Questa dinamica potrebbe comportare una riduzione dei sussidi già nel 2033 a meno che nel frattempo non si decida di apportare modifiche al programma di previdenza sociale.

AUMENTANO I COSTI SUGLI INTERESSI DEL DEBITO


Alla luce delle nuove prospettive geopolitiche globali, emergono nuove tendenze preoccupanti. “Nei prossimi anni Washington sembra destinata a spendere di più in costi di interesse in percentuale del PIL che in spese per la difesa, un investimento, quest’ultimo, che ha storicamente rappresentato un importante motore della crescita economica tendenziale” riferisce Medeiros.

LA CAPACITÀ STRUTTURALE DEGLI STATI UNITI DI RIMBORSARE I DEBITI


La discussione sul tetto del debito ha permesso di riportare in primo piano anche la capacità strutturale degli Stati Uniti di rimborsare i propri debiti in modo tempestivo: un’attitudine che continua a deteriorarsi a seguito dell'aumento delle passività statali a fronte di una base di entrate più modesta (e in contrazione). ”Riforme significative dei programmi di diritto ai sussidi e altri interventi per contenere i costi e/o ad aumentare le entrate sarebbero utili, ma molto difficili da attuare nell'attuale clima politico polarizzato” sottolinea lo strategist di Wellington Management.

DOLLARO, IN DUBBIO LO STATUS DI VALUTA DI RISERVA GLOBALE


Il dollaro USA continua, per ora, a beneficiare dello status di valuta di riserva globale, celando la crescente incapacità di rimborso del debito del Paese. Proprio questo ‘status’ potrebbe essere messo in discussione se i principali detentori di Treasury statunitensi oltreoceano cominciassero a dubitare della capacità (o della volontà) di rimborso del governo USA, soprattutto alla luce del contesto di mercato caratterizzato da un'elevata inflazione e da una polarizzazione politica da record.

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