Nuove regole

La deglobalizzazione arriverà a colpi di restrizioni alle importazioni

L'analisi di Matteo Ramenghi, Chief investment officer UBS WM Italy, evidenzia come i rapporti tra Stati Uniti e Cina siano ai minimi storici e i ripetuti blocchi alle importazioni e agli investimenti cinesi pesano sulle prospettive di crescita di Pechino

di Annalisa Lospinuso 22 Agosto 2023 10:30

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Anche quest’anno il mercato azionario cinese sta sottoperformando le borse globali di oltre 10 punti percentuali. Come spiega Matteo Ramenghi, Chief investment officer UBS WM Italy, UBS Europe SE, Succursale Italia, la causa è da ricercare nei dati economici che si sono rivelati al di sotto delle attese e alla situazione geopolitica. Si riscontrano infatti segnali contrastanti sul rapporto tra Stati Uniti e Cina, che da molti punti di vista sembra essere ai minimi storici. Alcuni passi avanti sul piano diplomatico sono stati seguiti da restrizioni al commercio e da dichiarazioni poco concilianti.

IN CALO LE IMPORTAZIONI CINESI


Chi prenderà il posto della Cina? Da inizio anno il Messico ha sostituito la Cina quale principale partner commerciale degli Stati Uniti, causando un calo delle importazioni cinesi di oltre il 20%. L’ultima notizia della scorsa settimana è che il Dipartimento del Tesoro statunitense ha proposto un meccanismo per selezionare gli investimenti all’estero del settore privato nelle tecnologie avanzate in campo militare e nella cybersecurity in Paesi definiti “of concern”, cioè preoccupanti. Tra questi sono stati inclusi la Cina e le sue regioni a statuto speciale, Hong Kong e Macao. “Non si tratta di un blocco tout court – spiega Ramenghi - ma in sostanza di un diritto di veto nei confronti di alcuni investimenti esteri. Il risultato con tutta probabilità sarà di limitare ulteriormente i flussi di capitali verso la Cina per rallentare lo sviluppo di tecnologie avanzate che potrebbero rappresentare una minaccia per gli Stati Uniti”.

I SETTORI COLPITI DALLE RESTRIZIONI


I settori più colpiti da queste limitazioni sono quelli che fanno un gran uso di semiconduttori, di quantum computing e di intelligenza artificiale. Le biotecnologie sono state escluse per ora. “Per quanto riguarda gli investimenti stranieri negli Stati Uniti – continua il Chief investment officer UBS WM Italy, UBS Europe SE – il governo federale ha già l’autorità per fermarli qualora consideri che ci sia qualche rischio per i propri interessi nazionali, in particolare se tra gli investitori sono inclusi, anche indirettamente, governi stranieri”.

RISCHIO ESTENZIONE VERSO ALTRI PAESI


Le tensioni tra Stati Uniti e Cina rimangono elevate e i mercati non si aspettano miglioramenti a breve in quanto le maggiori restrizioni agli scambi di tecnologia e capitali tra le due nazioni rappresentano un freno per la crescita globale. Tra le conseguenze c’è anche una maggiore inflazione: le aziende americane probabilmente dirigeranno altrove il proprio capitale, verso Paesi limitrofi o parte dello stesso blocco geopolitico. In effetti, si tratta di una tendenza in corso da oltre un decennio ma che ha subito un’accelerazione di recente, anche per via della guerra in Ucraina.

RIEQUILIBRARE IL PORTAFOGLIO


Tra le incognite ci sono anche escalation di restrizioni verso altri Paesi, per quanto più improbabili. “Si tratta di un evento poco probabile, ma date le potenziali conseguenze non lo si può ignorare e in qualche misura gli investitori si sono già posizionati. Secondo Standard & Poor’s, il valore complessivo degli investimenti in Cina è diminuito del 76% nel corso del 2022. Nell’ambito di un portafoglio globale abbiamo una preferenza per l’indice allargato dei mercati emergenti (MSCI Emerging Markets Index), di cui la Cina rappresenta circa il 30%”, conclude Matteo Ramenghi.

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