Autunno caldo

Neuberger Berman: auto, il maxi sciopero dei big Usa è test importante per l’inflazione

Neuberger Berman, nelle Prospettive settimanali del CIO firmate da Joseph V. Amato, analizza il probabile maxi sciopero contro i tre big di Detroit per le implicazioni che potrebbe avere su economia, utili e tassi

di Stefano Caratelli 31 Agosto 2023 08:00

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Mentre l’attenzione è concentrata sul rialzo dei tassi, la resilienza dell’economia e gli utili del secondo trimestre, gli investitori potrebbero aver trascurato il potenziale impatto di un possibile maxi sciopero del settore automobilistico in USA che fa tremare i tre colossi di Detroit. I 146.000 membri del sindacato United Auto Workers hanno votato al 97% per autorizzare ad indire uno sciopero generale contro le tre principali case, le cosiddette “Big 3”, ovvero Ford, General Motors e Stellantis, proprietaria dei marchi Chrysler e Jeep. Un’azione congiunta senza precedenti. In passato l’obiettivo è stata solo una delle tre case alla volta e tutte e tre insieme. Senza precedenti anche le ambiziose richieste del sindacato, aumenti salariali a doppia cifra e innumerevoli modifiche a remunerazioni, benefit e welfare, inducendo le case ad opporsi.

ATTIVITÀ RIVENDICATIVA ELEVATA IN USA


Neuberger Berman, nelle Prospettive settimanali firmate da Joseph V. Amato, President and Chief Investment Officer—Equities, esamina le possibili implicazioni per economia, utili e inflazione, osservando che finora il 2023 è stato un anno di elevata attività sindacale. Da gennaio a luglio in USA si sono registrati 214 scioperi che hanno coinvolto 325.000 lavoratori, in crescita dai 130 che hanno coinvolto 28.000 lavoratori nello stesso periodo del 2021 e ai 223 di 76.000 lavoratori nel 2022. Nel settore auto, l’ultimo sciopero risale al 2019, quando durò sei settimane con solo obiettivo General Motors. Anche in assenza di scioperi, le aziende hanno siglato accordi che garantivano concessioni significative.

RAFFORZATO IL POTERE DEI SINDACATI


La scorsa settimana i lavoratori di UPS hanno ratificato un nuovo contratto con aumenti salariali di circa il 22%, mentre i piloti di American Airlines hanno ricevuto un aumento del 21%, e nel settore ferroviario a dicembre il presidente Biden ha costretto i lavoratori ad accettare un contratto senza giorni di malattia retribuiti, ma comunque con aumenti salariali di circa il 24%. Secondo Amato, queste dinamiche indicano mancanza di manodopera. In USA ci sono circa 10 milioni di posizioni aperte, nonostante la disoccupazione al 3,5%, il che crea uno squilibrio che ha rafforzato il potere dei sindacati. Anche l’elevata inflazione è determinante in quanto motivato i lavoratori. Inoltre, i forti utili di molte società negli ultimi anni hanno rafforzato le rivendicazioni. Le Big 3 hanno riportato un aumento cumulato dei profitti operativi da 18,6 miliardi di dollari del 2019 ai 47,3 miliardi degli ultimi 12 mesi.

RICHIESTE MOLTO IMPEGNATIVE DA SOSTENERE


L’imminente sciopero nell’auto potrebbe indicare quanto la situazione sia cambiata a favore dei lavoratori. Le richieste della United Auto Workers includono un aumento salariale del 46% in quattro anni, la conversione a tempo pieno dei lavoratori interinali e integrativi ed il ripristino degli adeguamenti al costo della vita. Il costo complessivo della manodopera per singolo lavoratore passerebbe dagli attuali 65 dollari l’ora ad oltre 100 dollari, contro i 45 dollari di Tesla e i 55 dollari delle case giapponesi. Alcune richieste come, la settimana di quattro giorni, il ripristino di un regime pensionistico a prestazioni definite e un programma di “tutela delle famiglie”, potrebbero risultare troppo impegnative da sostenere.

RIPERCUSSIONI POSSIBILI SU TUTTA L’ECONOMIA


Le case sono probabilmente in grado di assorbire gli aumenti, ma temono che possano minare la capacità di competere con i concorrenti globali, in una fase di accelerazione della transizione verso l’elettrico. Ma la United Auto Workers dispone di un fondo di 825 milioni di dollari, che potrebbe assorbire circa 11 settimane di sciopero. Solo il 10% dei lavoratori USA appartiene a un sindacato, ma l’esito delle trattative a Detroit potrebbe avere ripercussioni sull’economia in generale, causando interruzioni della produttività e favorendo strutture di costi e aspettative più elevate in caso di aumenti eccessivi. Inoltre, l’impatto psicologico potrebbe risuonare per parecchio tempo.

L’ATTERRAGGIO MORBIDO SAREBBE PIÙ DIFFICILE


In termini di risultati aziendali, l’andamento dei salari inciderà sui margini, soprattutto in caso di resistenza a trasferire il rialzo dei costi sui clienti. A livello macro, l’elevato costo della manodopera potrebbe rendere più difficile l’obiettivo della Fed di un atterraggio morbido dell’economia, perché potrebbe avere meno margine per limitare ulteriori rialzi dei tassi e evitare la temuta spirale salari/prezzi. I mercati tendono a non prestare troppa attenzione alle sospensioni temporanee del lavoro, poiché la produzione alla fine si riprende e recupera, anche se le vendite perse a favore dei concorrenti non verrebbero recuperate.

CON IMPLICAZIONI PER LE DECISIONI DELLA FED


Secondo l’esperto di Neuberger Berman, la questione più importante è costituita dagli effetti degli aumenti salariali sull’inflazione, in discesa rispetto al picco dell’estate del 2022, ma qualsiasi inversione del trend potrebbe avere serie implicazioni sulle decisioni dei banchieri centrali. Pertanto, questo autunno, conclude Amato, il settore automobilistico rappresenterà un importante indicatore anticipatore del futuro andamento dell’inflazione.

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