Nuovi equilibri

Oltre la Cina arriva una nuova Asia, trainata da India e Paesi Arabi

Le due aree emergenti, forti di spinta demografica e capitali in abbondanza, si propongono come poli di investimenti e crescita in cooperazione con l’Occidente. E Meloni annuncia l’uscita dalla Via della Seta

di Stefano Caratelli 11 Settembre 2023 08:22

financialounge -  Asia mercati Via della Seta Weekly Bulletin
Al G20 di Dehli il premier indiano Modi si è preso la scena globale proponendosi come ricostruttore della fiducia tra Sud del mondo e Occidente e nuovo leader di un Asia più vicina all’America di Biden e all’Unione Europea, sancita dall’ingresso dell’Unione Africana nel club delle prime economie globali composto sia da paesi sviluppati che emergenti. L’ascesa di Modi è sottolineata dall’assenza al summit del presidente cinese Xi Jinping, i cui rapporti commerciali e politici con USA e UE continuano a deteriorarsi mentre il gigante asiatico non riesce a uscire dalle secche della frenata economica, della crisi immobiliare e dalla sempre più scomoda alleanza con la Russia di Putin, proclamata con sciagurato tempismo subito prima dell’invasione dell’Ucraina. A gennaio del 2017 Xi si era presentato al summit di Davos, davanti alla business community globale, come il paladino del libero scambio e della globalizzazione, minacciati dall’arrivo alla Casa Bianca del ‘protezionista’ Donald Trump, che stava per far partire la ‘guerra dei dazi’. Poi è andata come è andata, e Xi ora è arroccato nella trincea dei BRICS nel tentativo sinora poco efficace di rilanciare la sfida all’Occidente.

ADDIO DELL'ITALIA ALLA VIA DELLA SETA


Una posizione sempre più solitaria anche per quanto riguarda il grandioso progetto della nuova Via della Seta, che raccoglie sempre meno adesioni. Proprio in occasione del G20 in India la premier Meloni ha annunciato ufficialmente che l’Italia lascia la Via della Seta, anche se tiene la porta aperta agli scambi commerciali con la Cina, con una mossa che sembra indicare l’intenzione di aderire invece al nuovo corridoio commerciale Asia-Occidente via Arabia e India.

UNA TRIBUNA PIÙ PRESTIGIOSA DI QUELLA DEI BRICS


È vero che anche l’India di Modi fa parte dei BRICS, insieme a Brasile, Russia e Sudafrica oltre alla Cina, cui si aggiungeranno l’anno prossimo Argentina, Arabia, Egitto, Etiopia, Iran e Emirati. Ma la tribuna del G20 che ora si è preso Modi come ‘pontiere’ tra Sud e Nord del mondo e leader nascente di una nuova Asia è tutta un’altra cosa rispetto a quella di Johannesburg di qualche settimana fa. E intanto, 3.000 chilometri a Est di Dehli, un altro polo di attrazione globale si sta coagulando con al centro la capitale saudita di Riyad, al centro di un Medio Oriente che secondo il Wall Street Journal è diventato il ‘bancomat del globo’, grazie alle montagne di dollari che arrivano con un prezzo del petrolio che ha ripreso a correre. Sia indiani che arabi mantengono un piede nei BRICS, ma si stanno giocando anche, per ora in proprio ma magari domani in tandem, una partita ben più grande, che li potrebbe portare ad essere l’asse della finanza e della crescita di una nuova Asia meno legata e dipendente da una Cina sul viale del tramonto.

LA ‘DAVOS DEL DESERTO’ SBARCA ANCHE A HONG KONG


A fine ottobre proprio a Riyad si tiene il summit della Future Investment Initiative, un progetto voluto dal Principe della Corona saudita Mohammed bin Salman che si replicherà di dicembre a Hong Kong (guarda caso) e che ambisce a diventare la ‘Davos del deserto’, in alternativa a quella organizzata sulle nevi svizzere dal Word Economic Forum. Il primo si concentrerà sugli investimenti, soprattutto in infrastrutture fisiche e digitali, in linea con le ambizioni saudite di creare sulle sponde del Mar Rosso un hub tecnologico globale, mentre il secondo, il primo in Asia, ha un’agenda più ampia per mettere a fuoco obiettivi globali di crescita e sviluppo, non solo economici ma anche sociali e ambientali. In un momento in cui la raccolta di fondi da investire in Occidente è resa problematica dalla carenza di liquidità, dalla stretta monetaria e dall’inflazione, si prevede che Riyad sarà affollata di gestori di private equity, venture capital e fondi immobiliari in cerca di capitali, disponibili in abbondanza in Medio Oriente grazie anche al petrolio, mentre in America la raccolta langue.

UNA COMBINAZIONE CON MOLTE CARTE VINCENTI E QUALCHE PROBLEMA


La combinazione India-Paesi del Golfo ha numerose potenziali carte vincenti. La prima sono i numeri, quelli della prima popolazione del mondo fatta di giovani, a differenza della Cina, che può diventare un formidabile serbatoio di manodopera qualificata e professionalizzata, e quelli dei miliardi di dollari accumulati nelle casse dei fondi sovrani e di altre istituzioni di Arabia e dintorni alla disperata ricerca di impiego in tutti i campi, come mostrano i soldi profusi per accaparrarsi le star globali del calcio. I problemi ovviamente non mancano, e riguardano soprattutto le credenziali di affidabilità politica e democratica. Qui gli indiani sono più avanti, ma i legami che continuano a vincolarli a Cina e Russia, a cominciare dalle velleità dei BRICS, non aiutano. In Medio Oriente i passi da fare sono più sostanziali, ma i rapporti meno ostili con i vicini, a cominciare da Israele, avviati proprio nell’era Trump, vanno nella giusta direzione.

VERSO LA NORMALITÀ IN ATTESA DI BCE E FED


Intanto in Europa e USA gli investitori guardano alle prossime riunioni di BCE e Fed e al flusso di dati che continuano ad arrivare dal fronte delle economie e delle imprese. Fa titolo sui media la recente corsa al rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato, a partire dai Treasury USA, che ne ha causato un calo record dei prezzi. Ma ci si dimentica che nei lunghi anni del Quantitative Easing e dei tassi quasi zero quegli stessi prezzi erano arrivati a sfidare la forza di gravità, e ora stanno semplicemente tornando al suolo della normalità. Che è poi il punto di arrivo del percorso difficile intrapreso dalla Fed e dalle altre banche centrali per contrastare l’inflazione. Un ingrediente essenziale di una nuova normalità fatta di tassi di interesse a distanza ragionevole dal tasso di inflazione, di un mercato del reddito fisso di nuovo fattore di equilibrio dei portafogli, e di una componente azionaria prezzata correttamente rispetto alle attese di lungo termine, è sicuramente data dalla crescita, che in USA tiene e in Europa un po’ meno.

BOTTOM LINE


Una nuova Asia costruita su un asse India-Medio Oriente, capace di combinare il potenziale dei capitali arabi con quello della demografia indiana, potrebbe dar vita a un nuovo motore di crescita globale un po’ meno squilibrato di quello rappresentato dalla Cina per oltre vent’anni. E magari darebbe anche alla Cina il tempo e il modo per ripartire ‘insieme’ e non ‘contro’ l’Occidente.

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