L'intervista

“Prezzo reale del petrolio già sopra i 100 dollari, ma le banche centrali guardano ai salari”

Il professor Domenicantonio De Giorgio dell'Università Cattolica a Financialounge.com analizza i rialzi del prezzo del greggio dicendo che la Fed non ne terrà conto perché sarà l’andamento del mercato del lavoro a dettare la strada

di Annalisa Lospinuso 19 Settembre 2023 16:23

financialounge -  Domenicantonio De Giorgio FED inflazione mercati petrolio SpeechBox Unicatt
I prezzi del petrolio sono sulla buona strada per raggiungere i 100 dollari al barile questo mese per la prima volta nel 2023, dopo essere aumentati di quasi il 30% da giugno. I tagli alla produzione di Russia e Arabia Saudita e l’aumento della domanda da parte della Cina renderanno il mercato del greggio sempre più volatile e i mercati temono che si possa mettere a rischio l’operato delle banche centrali. Domenicantonio De Giorgio, professore Financial Markets, Credit and Banking Unicatt, intervenuto nella trasmissione SpeechBox su Financialounge.com On Air sottolinea che il prezzo reale dei barili di petrolio è già superiore ai 100 dollari.

GUARDA LA PUNTATA



 

PREZZI DEL PETROLIO IN CRESCITA


“Abbiamo un estremo rincaro del barile – dice il De Giorgio – soprattutto quando lo misuriamo in valuta locale. Noi dimentichiamo che il petrolio viene acquistato e poi trasformato in altro, come in rupia indiana, in divisa cinese e in tutte le valute dei Paesi emergenti, i quali pagano il barile in valuta locale, convertendolo poi in dollaro. Per cui il combinato di dollaro forte e prezzo del barile sta molto aumentando”.

L'IMPATTO SULLE POLITICHE MONETARIE


L’impatto del rincaro del petrolio sull’inflazione c’è ma non è diretto e potrebbe avere meno peso sulle decisioni delle banche centrali rispetto al mercato del lavoro. “Secondo me la Federal Reserve – continua il professore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – ne terrà conto poco, poiché il vero tema che sta facendo arrabbiare Jerome Powell e il non rientro è della forza lavoro, quindi l’elevato livello di inflazione salariale. Secondo me la Fed sarà molto meno aggressiva nel combattere l’inflazione ‘cattiva’ da materie prime di quanto non lo sia stata gli ultimi due anni per combattere quella invece di tipo salariale”.

LA FINE DEL CICLO DEI RIALZI


Per quanto riguarda, quindi, la reazione delle banche centrali si potrebbe essere vicini alla fine del ciclo di rialzi. “Personalmente ritengo che sia già finito il ciclo di rialzi – continua De Giorgio – e quindi la dinamica del mercato del lavoro, con tutte le sue oscillazioni, detterà la durata del mantenimento dei tassi a questi livelli. Senz’altro avere un’inflazione ‘cattiva’, quindi da materie prime, significa erodere il potere d’acquisto reale dei consumatori. E il valore reale dei salari è un elemento che preoccuperà non poco i gestori di politiche monetarie in avanti”.

Trending