La view
Neuberger Berman: il rientro dell’inflazione Usa reso più difficile da squilibri politici
Joseph V. Amato, President and Chief Investment Office, Equities, sottolinea i fattori che minano la sostenibilità del debito federale Usa e contribuiscono a radicare un’inflazione strutturalmente più elevata
di Stefano Caratelli 21 Settembre 2023 16:39
Gli ultimi dati sull’inflazione Usa, con il petrolio nuovamente a 90 dollari e la benzina in aumento, hanno registrato il primo rialzo degli ultimi tre mesi, comunque in gran parte in linea con le attese. Ma è fondamentale esaminare anche gli sviluppi di altri importanti accadimenti e delle loro conseguenze sulla crescita economica e sull’inflazione, come il maxi sciopero del settore auto e il possibile shutdown, vale a dire il blocco delle amministrazioni USA, che potrebbe verificarsi già il 1° ottobre. Lo rileva Neuberger Berman nelle Prospettive settimanali del CIO dedicate agli squilibri politici che minano la sostenibilità del debito statunitense e contribuiscono a radicare un’inflazione strutturalmente più elevata, firmate da Joseph V. Amato, President and Chief Investment Officer—Equities.
Il maxi-sciopero promosso dal sindacato United Auto Workers è emblematico dopo un anno di intensa attività sindacale che ha portato ad alcuni aumenti salariali significativi. Con i sindacati che chiedono migliori benefit oltre a salari più alti, i produttori di auto sembrano disposti a mettere sul piatto nuove offerte significative, a patto però di evitare rappresentino una minaccia più strutturale alla flessibilità ed alla competitività del settore nel lungo periodo. Amato osserva che mentre l’impatto immediato è rallentare la crescita, l’implicazione a lungo termine si rifletterebbe in un’inflazione più elevata, per una svolta strutturale nei tassi salariali, significativa componente nelle strutture dei costi per la maggior parte delle aziende.
Lo stesso, prosegue Amato potrebbe valere in caso di shutdown, che si verifica quando il Congresso non approva la legge di rifinanziamento del debito. Le potenziali perdite in termini di crescita verrebbero recuperate una volta che i politici arriveranno ad un accordo, ma sono gli squilibri politici sottostanti ad avere ripercussioni a lungo termine sulla sostenibilità del debito e, di conseguenza, sulle prospettive strutturali dell’inflazione. La crisi del tetto del debito USA a cui ha risposto il Fiscal Responsibility Act lo scorso giugno in realtà non è mai stata risolta, secondo l’esperto di Neuberger Berman, e ora un Congresso diviso ha tempo fino al 1° ottobre per trovare un compromesso.
Oltre un terzo del debito federale Usa scadrà entro tre anni e dovrà essere rifinanziato proprio mentre la Fed sta attuando una restrizione monetaria con il tasso sui Fed Funds al 5,5% e il rendimento dei Treasury decennali aumentato di 3,5 punti percentuali rispetto a tre anni fa. A fine luglio il peso degli interessi passivi netti in percentuale del gettito fiscale ha superato il 14% per la prima volta in 25 anni. Con le presidenziali in vista, osserva Amato, pochi membri del Congresso di entrambi gli schieramenti stanno seriamente parlando dei tagli alle spese, mentre anche la minoranza non sta certamente suggerendo aumenti delle imposte. L’unica cosa su cui sembrano concordare repubblicani e democratici è che non risulta necessaria alcuna manovra fiscale per riportare gli USA su un percorso sostenibile.
Amato ritiene che questo aumenti la minaccia di un’inflazione strutturalmente più elevata ed il rischio di repressione finanziaria. Quando gli interessi passivi del governo assorbono una quantità insostenibilmente elevata di gettito fiscale, una soluzione è tagliare altre spese, un’altra è aumentare le imposte, mentre un percorso alternativo sarebbe forzare al ribasso i tassi e consentire all’inflazione di erodere il costo reale dei pagamenti di interessi. In altre parole, gonfiare l’economia per ridurre il debito pubblico potrebbe essere l’unico modo per uscirne, anche se non è la soluzione ideale.
Questi sono i motivi per cui alcuni eventi attuali in ambito politico ed economico, come il maxi-sciopero nel settore auto e la situazione di stallo del Governo USA, rafforzano la view di Neuberger Berman secondo cui sarà difficile riportare l’inflazione ai livelli obiettivo e sarà ancora più difficile sostenere le manovre che saranno necessarie per farlo.
PESA ANCHE IL MAXI-SCIOPERO DELL’AUTO
Il maxi-sciopero promosso dal sindacato United Auto Workers è emblematico dopo un anno di intensa attività sindacale che ha portato ad alcuni aumenti salariali significativi. Con i sindacati che chiedono migliori benefit oltre a salari più alti, i produttori di auto sembrano disposti a mettere sul piatto nuove offerte significative, a patto però di evitare rappresentino una minaccia più strutturale alla flessibilità ed alla competitività del settore nel lungo periodo. Amato osserva che mentre l’impatto immediato è rallentare la crescita, l’implicazione a lungo termine si rifletterebbe in un’inflazione più elevata, per una svolta strutturale nei tassi salariali, significativa componente nelle strutture dei costi per la maggior parte delle aziende.
LA CRISI DEL TETTO AL DEBITO NON E’ STATA RISOLTA
Lo stesso, prosegue Amato potrebbe valere in caso di shutdown, che si verifica quando il Congresso non approva la legge di rifinanziamento del debito. Le potenziali perdite in termini di crescita verrebbero recuperate una volta che i politici arriveranno ad un accordo, ma sono gli squilibri politici sottostanti ad avere ripercussioni a lungo termine sulla sostenibilità del debito e, di conseguenza, sulle prospettive strutturali dell’inflazione. La crisi del tetto del debito USA a cui ha risposto il Fiscal Responsibility Act lo scorso giugno in realtà non è mai stata risolta, secondo l’esperto di Neuberger Berman, e ora un Congresso diviso ha tempo fino al 1° ottobre per trovare un compromesso.
RESISTENZE SIA AI TAGLI DI SPESA CHE ALL’AUMENTO DELLE TASSE
Oltre un terzo del debito federale Usa scadrà entro tre anni e dovrà essere rifinanziato proprio mentre la Fed sta attuando una restrizione monetaria con il tasso sui Fed Funds al 5,5% e il rendimento dei Treasury decennali aumentato di 3,5 punti percentuali rispetto a tre anni fa. A fine luglio il peso degli interessi passivi netti in percentuale del gettito fiscale ha superato il 14% per la prima volta in 25 anni. Con le presidenziali in vista, osserva Amato, pochi membri del Congresso di entrambi gli schieramenti stanno seriamente parlando dei tagli alle spese, mentre anche la minoranza non sta certamente suggerendo aumenti delle imposte. L’unica cosa su cui sembrano concordare repubblicani e democratici è che non risulta necessaria alcuna manovra fiscale per riportare gli USA su un percorso sostenibile.
L’ALTERNATIVA DI FORZARE I TASSI AL RIBASSO
Amato ritiene che questo aumenti la minaccia di un’inflazione strutturalmente più elevata ed il rischio di repressione finanziaria. Quando gli interessi passivi del governo assorbono una quantità insostenibilmente elevata di gettito fiscale, una soluzione è tagliare altre spese, un’altra è aumentare le imposte, mentre un percorso alternativo sarebbe forzare al ribasso i tassi e consentire all’inflazione di erodere il costo reale dei pagamenti di interessi. In altre parole, gonfiare l’economia per ridurre il debito pubblico potrebbe essere l’unico modo per uscirne, anche se non è la soluzione ideale.
DIFFICILE RIPORTARE L’INFLAZIONE ALL’OBIETTIVO
Questi sono i motivi per cui alcuni eventi attuali in ambito politico ed economico, come il maxi-sciopero nel settore auto e la situazione di stallo del Governo USA, rafforzano la view di Neuberger Berman secondo cui sarà difficile riportare l’inflazione ai livelli obiettivo e sarà ancora più difficile sostenere le manovre che saranno necessarie per farlo.