Guerra e investimenti

Neuberger Berman: come costruire il portafoglio alla luce del conflitto Hamas-Israele

Secondo Erik Knutzen, Chief Investment Officer - Multi-Asset Class di NB, "gli investitori dovrebbero tenere in considerazione non tanto gli eventi del Medio Oriente, "quanto piuttosto le tendenze globali più radicate" che la guerra riflette

di Davide Lentini 19 Ottobre 2023 14:34

financialounge -  Erik Knutzen gestione di portafoglio guerra israele mercati Neuberger Berman
Il conflitto Hamas-Israele fino ad ora ha inciso relativamente sui mercati. L’impatto contenuto ha sorpreso gli analisti: i rendimenti obbligazionari sono scesi, ma le azioni sono salite, e anche oro, petrolio e titoli difensivi hanno registrato un rialzo, anche se moderato. C’è però il rischio di un’escalation della guerra, che potrebbe coinvolgere altri Paesi? Gli investitori e gli asset allocator, quindi, come dovrebbero pensare e rispondere a questi eventi? Per Erik Knutzen, Chief Investment Officer - Multi-Asset Class di Neuberger Berman, “dovrebbero cercare di posizionare il loro portafoglio non tanto in risposta agli eventi della scorsa settimana, quanto piuttosto alle tendenze globali più radicate che questi ultimi riflettono”.

SCENARIO DIVERSO RISPETTO ALLA GUERRA DEL '73


Nella sua analisi, Knutzen ricorda come “la guerra arabo-israeliana dello ‘Yom Kippur’ del 1973 presenti evidenti e inquietanti analogie con gli eventi di questi giorni. Allora le perdite iniziali del mercato azionario furono recuperate nel giro di una settimana - spiega - ma le conseguenze, tra cui un embargo petrolifero e numerosi errori politici a livello mondiale, contribuirono a innescare la stagflazione e un mercato ribassista pluriennale”. Oggi c’è un rischio simile? “Gli investitori - osserva il Chief Investment Officer - Multi-Asset Class di Neuberger Berman - sembrano riconoscere che i rapporti arabo-israeliani sono molto diversi oggi rispetto al 1973, che il mondo dipende molto meno dai combustibili fossili provenienti da questa regione e che Israele, pur essendo un’economia molto più grande e avanzata rispetto a 50 anni fa, non è ancora abbastanza influente da sconvolgere i mercati globali”.

IL CONFLITTO POTREBBE ALLARGARSI?


Resta il dubbio su un possibile allargamento della guerra ad altri Paesi, specie se verrà dimostrato un coinvolgimento diretto dell’Iran negli attacchi di Hamas. Ed è questa la variabile da tenere sotto controllo. Lo ha spiegato anche l’ammiraglio James Stavridis, 16° comandante supremo delle forze alleate della Nato, 15° comandante del comando europeo degli Stati Uniti e membro del board dei fondi Neuberger Berman. In un'intervista ha lanciato un monito: “In qualità di investitore, l’indicatore da tenere d’occhio è questo”. Dal suo punto di vista, questo conflitto rimarrà probabilmente una guerra a uno o due fronti tra Israele, Hamas e forse Hezbollah. Ma qualora Israele dovesse sentirsi costretta ad affrontare l’Iran, “gli Stati Uniti verranno coinvolti”, la Russia “propenderà, in questo caso, per l’Iran” e la Cina, che di recente ha cercato di costruirsi una posizione all’interno della regione, potrebbe trovarsi scomodamente divisa tra alleanze.

PEGGIORANO LE DINAMICHE ECONOMICHE


“E' questo il punto chiave per gli investitori - spiega Erik Knutzen - Il rischio consiste nel fatto che la diffidenza arabo-israeliana nei confronti dell’Iran potrebbe diventare un fronte più importante nelle tensioni tra Stati Uniti, Cina e Russia, ovvero gli attori globali coinvolti negli attuali stalli geopolitici e nella crescente segmentazione dell’ecosistema commerciale globale. Come una delle tante tessere del domino, questa situazione potrebbe peggiorare le attuali dinamiche economiche e geopolitiche”.

EFFICIENZA E PROSPERITA' A RISCHIO


Ma il conflitto Hamas-Israele non è l’unica variabile di cui tener conto in questo periodo. “Stiamo assistendo ad un importante cambiamento – sostiene ancora Knutzen - Il periodo prolungato di globalizzazione, di consenso politico e geopolitico, di bassa inflazione, sta lentamente cedendo il passo ad un'epoca contrassegnata da deglobalizzazione, agitazione populista, tensioni globali e inflazione in crescita. Abbiamo analizzato gli eventi che hanno portato a questo, i quattro momenti chiave della storia che minano l’avanzata della globalizzazione. Tutto è iniziato con la crisi finanziaria globale, a cui sono seguiti nel 2016 i risultati del referendum sulla Brexit e delle elezioni presidenziali americane (che avevano portato alla nomina di Donald Trump), la pandemia di Covid 19 e, più recentemente, l'invasione dell'Ucraina. Siamo dell'opinione che queste forze stiano rafforzando il ruolo dei governi nell'economia - aggiunge - al punto che gli attori economici stanno iniziando a dare priorità alla sicurezza, piuttosto che all'efficienza e alla prosperità. Stiamo inoltre osservando le aziende che, dove possibile, stanno cercando di accorciare, localizzare e semplificare le loro catene di approvvigionamento”.

GLI EVENTI DA CONSIDERARE


A fronte di tutto questo, per l’analista di Neuberger Berman “è probabile che vedremo un livello di inflazione strutturalmente più elevato, nonché cicli economici e mercati più volatili. Un esempio è rappresentato dai recenti dati sull'inflazione degli Stati Uniti. I prezzi sono in aumento, due volte più velocemente rispetto alla media pre-pandemica, e, cosa ancor più sorprendente, due volte più rapidi rispetto all'obiettivo stabilito dalla banca centrale”. In questo “domino”, gli eventi di Gaza si affiancano ad altri recenti fatti di cronaca, come il successo ottenuto dal partito populista Alternative für Deutschland (AfD) alle elezioni statali tedesche della scorsa settimana, la destituzione dello Speaker della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti la settimana precedente, e i segni di tensione in alcuni stati dell’Europa centrale e orientale in merito alla solidarietà con l’Ucraina. “Guardando al prossimo futuro, il fitto calendario elettorale del prossimo anno potrebbe portare con sé altri esempi di crescente populismo - spiega Knutzen - divisioni politiche interne e crisi geopolitiche. Si inizia con Taiwan a gennaio, per finire con gli Stati Uniti e, forse, il Regno Unito. L’anno prossimo si terranno inoltre le elezioni in Russia, India, Pakistan, Messico, Sud Africa, Corea del Sud e per il Parlamento Europeo”.

COME STRUTTURARE IL PORTAFOGLIO?


Quali sono, quindi, le implicazioni per l’asset allocation di portafoglio? “Chiedersi come posizionare un portafoglio in risposta a questi eventi è una domanda sbagliata - sostiene il Chief Investment Officer - Multi-Asset Class di Neuberger Berman - Riteniamo invece che gli investitori debbano riflettere ed interrogarsi su come posizionare il portafoglio rispetto a trend più strutturali e radicali come l’aumento dell’inflazione e la crescente segmentazione globale. Questi trend hanno contribuito a far salire i rendimenti obbligazionari (a questi livelli, le obbligazioni possono nuovamente fungere da fattori di diversificazione del portafoglio in caso di shock legati alla crescita), ma restano vulnerabili agli shock inflazionistici”. Per questo motivo, secondo Neuberger Berman, nel nuovo contesto è importante per gli investitori mantenere anche un’esposizione agli asset reali e alle materie prime, oltre che alle obbligazioni.

LA STRATEGIA DI ASSET ALLOCATION


“Mercati e strategie realmente non correlati tra loro - spiega Knutzen - possono inoltre contribuire ad assorbire parte della volatilità che si verifica quando le obbligazioni e gli asset più rischiosi si muovono in sincrono nella stessa direzione, dinamica questa che si registra comunemente quando l’inflazione è strutturalmente più elevata. Inoltre, tramite un’attenta strategia di asset allocation tattica è possibile posizionare il portafoglio per far fronte alle oscillazioni di mercato a breve termine, che spesso accompagnano i grandi eventi, evitando, in questo modo, di destabilizzare il portafoglio strategico a lungo termine”.

NON CONSIDERARE GLI EVENTI DI BREVE TERMINE


“Per questo motivo - spiegano da Neuberger Berman - è importante evitare gli eccessi dettati dagli eventi di breve termine, come nel caso della guerra appena scoppiata: ribadiamo l’opinione dell’ammiraglio Stavridis secondo cui è improbabile una grave escalation dell’attuale conflitto e che i recenti accordi arabo-israeliani sono incoraggianti ed è improbabile che vengano vanificati. D’altronde - conclude Erik Knutzen - è l’asset allocation strategica che dovrebbe tenere conto dei trend economici più strutturali, come la tendenza verso un mondo più frammentato, fragile e caratterizzato da un’inflazione più elevata”.

Trending