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Sunday View

COP28: la storia delle conferenze sul clima

Dal primo confronto delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico a oggi: andiamo a scoprire da dove hanno avuto origine le COP e quali traguardi hanno - e non hanno - raggiunto

di Lorenzo Cleopazzo 3 Dicembre 2023 09:30

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Qui c’è qualcosa che non va. Deve averlo pensato quell’uomo, mentre camminava sulle Alpi tedesche, ammirandone i ghiacciai baciati dal Sole. Baciati? O forse dovremmo dire colpiti, sfiancati, scavati? Decisamente: qui c’è qualcosa che non va. Continua a ripeterselo, e non se ne dà pace, neppure quando ai monti europei deve sostituire la cattedra di professore, quando agli scarponi deve preferire il camice. Dal suo tavolo di grezzo legno, qualche spina a minacciare i polpastrelli, a quello elegantemente levigato e incravattato di un secolo più tardi. Dalla piccola stanza di un professore a Londra, all’enorme aula di un congresso a Stoccolma. Dalle prime scoperte sull’effetto serra, al primo accordo sul clima. Da John Tyndall, precursore degli studi sul riscaldamento globale, alle Nazioni Unite. Dalla seconda metà dell’800 a oggi.

Questa settimana, nel Sunday View, andiamo alla scoperta di come sono nate le Conferenze sul Clima, prima ancora di COP1. Si parla di ambiente, di accordi per tutelarlo, e di tavoli attorno ai quali questi accordi sono stati sanciti.

Non ci resta che scegliere un tavolo anche noi e prendere posto, che si comincia!

28 E NON SENTIRLI


COP1 e COP28, 1995 e 2023: in tutti questi anni le Nazioni Unite si sono ritrovate allo stesso tavolo per parlare sempre della stessa, scottante, questione. Il cambiamento climatico non è una scoperta degli ultimi tempi, e anche se negli anni Novanta non si imbrattavano i monumenti, non si bloccavano le strade o ci s’incollava ai dipinti, c’era comunque qualcuno che aveva riguardo del tema. Nel ’92, quando molti dei giovani attivisti d’oggi non erano ancora nati, le Nazioni Unite hanno pensato bene di ascoltare le preoccupazioni degli scienziati mettendo a punto un piano contro l’aumento delle temperature globali: l’UNFCCC. Questo impronunciabile trattato mise assieme ben 192 Paesi, li stessi che nel ’95 a Berlino diedero vita alla prima Conference of the Parties. Per gli amici, COP1.

Le conferenze sul clima affondano però le radici circa trent’anni prima, quando la Svezia, nel 1968, propone un tavolo internazionale per parlare dei problemi ambientali che già preoccupavano la comunità scientifica. Da qui è tutto un fermento, fino a che nel 1972 non ci si siede tutti attorno al tavolo auspicato dalla Svezia, e a Stoccolma le Nazioni Unite sottoscrivono l’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente. Questo è di fatto il primissimo vagito di una serie di accortezze che – sotto forma di trattati, piani, programmi e manifesti – porteranno il clima sempre più al centro dei dibattiti internazionali. Da qui alla COP1 del ’95 è un attimo, poi il Protocollo di Kyoto nel ’97, gli sfortunati Accordi di Copenaghen a COP15 – non vincolanti e troppo blandi nella loro definizione –, fino a quelli di Parigi a COP21, che hanno dato origine a impegni ben più solidi e concreti, come lo zero alla voce “emissioni nette” entro il 2050.

Tutti questi appuntamenti fino ad arrivare a quello che si sta svolgendo in questi giorni nella caldissima Dubai, lasciandoci alle spalle una scia di buone intenzioni e occasioni perse. Ma lasciamo per un attimo accordi e trattati negli Emirati e chiediamoci: tocca solo ai grandi potenti della Terra produrre grandi risultati per l’ambiente?

PENSARE VERDE


Partiamo da un assunto: oramai il pensiero contemporaneo non può esimersi dalla morale ecologica, con buona pace di chi vorrebbe ridurre il tutto a disinformazione e conformismo. E attenzione, non vogliamo scomodare poetici principi morali di stampo kantiano, che rischierebbero di sembrare vuoti o aleatori. Piuttosto andiamo nel concreto: per esempio con Hans Jonas, che a cavallo di metà ‘900 anticipa i primi trattati sul clima focalizzandosi sulle responsabilità concrete e pragmatiche dell’uomo verso tutto ciò che è vita. Oppure allarghiamo la visuale a pensatori ancora più recenti come il britannico Timothy Morton, nato proprio in quel ’68 in cui la Svezia proponeva il suo tavolo comune per l’ambiente. Morton definiva il cambiamento climatico come un Iperoggetto, ovvero un fenomeno fatto di tantissime variabili concatenate tra loro in modo complesso, a dimostrazione di quanto azioni piccole e apparentemente insignificanti possano avere effetti dilatati nello spazio e nel tempo. Una sorta di effetto farfalla. Ma del resto, è quello che si era già appurato con Heisenberg e la crew della Meccanica Quantistica.

No, i tavoli per il clima non coinvolgono solamente i politici e gli statisti di tutto il mondo, ma anche pensatori di ogni branca del pensiero. In altre parole, coinvolgono gli esseri umani.

POLLICI VERDI


Ça va sans dire: tutti noi, nel nostro piccolo, possiamo e dobbiamo fare la nostra parte per l’ambiente. Ma, permettetecelo, questo non vuole essere un pezzo su quanto la raccolta differenziata fatta a Catania possa salvare il ghiacciaio più grosso del Polo Nord. No, questo vuole essere un recap di come si è arrivati alla 28° conferenza sul clima, di quanto si è detto nelle precedenti ventisette e di cosa si è lasciato correre in questi anni. Vuole essere uno sguardo agli accordi passati, per studiare quelli presenti e sperare in quelli futuri. Vuole annullare le distanze tra Dubai e Stoccolma, tra 1968 e 2023, attraverso una catena di decine di Paesi uniti per un unico obbiettivo. Può suonare come un bel finale, no? Un “The End” tutto carino scritto in verde tra boccioli di rosa e arcobaleni. Okay forse un po’ stucchevole, ma, come si può appurare nel mentre che si legge, non è affatto la fine. Sì perché bella la catena di Paesi, bello dire “There’s no Planet B”, bello trovarsi tutti allo stesso tavolo, ma siamo anche consapevoli delle occasioni perse in quasi 60 anni. Senza abbattere il morale di nessuno – chi segue questa newsletter sa quanto ci piaccia essere ottimisti –, bisogna però fare i conti con quanto è stato fatto e quanto invece no. Intanto da Dubai qualcosa si sta già muovendo, e i primi, timidi, risultati in termini di accordi ce li siamo portati a casa. Bravi tutti, applausi, pacche sulle spalle e pollici in su. Rigorosamente pollici verdi. Verdi di speranza.

BONUS TRACK


Forse non è un caso che proprio la Svezia abbia proposto per prima un tavolo comune sul clima. Probabilmente avranno messo la Svizzera a leggere le istruzioni per montarlo. Si sa quanto occorra essere precisi con i mobili dai nomi nordici.

 

Credit Photo: COP28 / Neville Hopwood

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