Reddito fisso
abrdn: cosa insegna un decennio di investimenti in obbligazioni di frontiera
È essenziale selezionare un fund manager con un ottimo track record di investimenti nei mercati di frontiera e che sia in grado, in particolare, di valutare le implicazioni giuridiche e d'investimento degli eventi creditizi
di Leo Campagna 6 Dicembre 2023 19:05
La strategia di abrdn dedicata alle obbligazioni di frontiera ha tagliato il traguardo del decimo anniversario. Un periodo significativo per tracciare un bilancio sull’evoluzione di questa asset class. “Investire in un portafoglio con focus sulle obbligazioni di frontiera” fa sapere Kevin Daly, Investment Director, Emerging Markets Debt di abrdn “mette a disposizione una serie di opportunità di diversificazione in obbligazioni emesse da governi e altri organismi in circa 40-45 paesi, con la possibilità di trovare i rendimenti più elevati di tutti mercati emergenti. Un universo arricchito rispetto al tipico fondo obbligazionario dei mercati emergenti, che offre un'esposizione alle obbligazioni di frontiera limitata a circa il 25%”.
Daly sottolinea poi che i rendimenti delle obbligazioni di frontiera dipendono da fattori peculiari che in parte spiegano la robusta performance registrata quest'anno dai crediti distressed. Altrettanto interessante, per chi investe in bond dei paesi di frontiera, è la bassa correlazione con i Treasury USA. Inoltre, se dieci anni fa le emissioni di questo segmento erano limitate e i gestori che avevano le competenze necessarie per orientarsi in questo mercato erano solo una manciata, oggi la situazione è completamente diversa.
“Mentre negli ultimi 15 anni sono aumentate in modo costante le emissioni di questa asset class, le curve dei rendimenti si sono estese a 30 anni. Una dinamica agevolata, in parte, dai bassi rendimenti nei mercati sviluppati che hanno spinto a una continua ricerca di rendimento altrove, e anche dal miglioramento dei fondamentali degli emittenti e da una comprensione sempre più estesa delle obbligazioni di frontiera” spiega il manager di abrdn.
In questi ultimi anni, nonostante gli elevati rendimenti dei Treasury USA abbiano comunque ridotto la quota di mercato degli emittenti di frontiera, questi, in assenza di finanziamenti commerciali, si sono assicurati prestiti dal Fondo Monetario Internazionale a prezzi più bassi. “Si tratta di un fattore importante che riduce il rischio di insolvenza anche alla luce del fatto che, escludendo Kenya e Pakistan, non si vedono scadenze significative per il 2024” riferisce Daly.
Il manager ammette tuttavia che il rischio di credito sia aumentato e che, nei prossimi anni, potrebbero verificarsi ulteriori eventi creditizi, alla luce di un numero limitato di default storici sui titoli di Stato (cinque negli ultimi tre anni). Ma, al contempo, ritiene che gli spread attuali sovrastimino il rischio di default nella maggior parte degli emittenti della propria strategia.
“Guardando in prospettiva, abbiamo cercato di contrastare la percezione di rischio specifica dell’asset class evidenziando gli elevati rischi politici ed economici che esistono anche in molti dei mercati emergenti mainstream. Aggiungiamo, inoltre, che gli investimenti nei mercati di frontiera compensano i cosiddetti rischi più elevati offrendo rendimenti più interessanti” specifica Daly. Questo non significa sminuire i rischi, anche perché le ricadute della pandemia, della guerra Russia-Ucraina e dei tassi d'interesse più elevati più a lungo potrebbero provocare ulteriori eventi creditizi.
“A partire dal 2020, abbiamo assistito a default governativi in Zambia, Belize, Suriname, Sri Lanka e Ghana. Ma ce ne sono stati anche in paesi non di frontiera, come l'Ecuador, l'Argentina e il Libano. Tuttavia, l'eventualità di ulteriori eventi creditizi non dovrebbe scoraggiare gli investimenti nei mercati di frontiera o emergenti. Resta cruciale selezionare un fund manager con un ottimo track record di investimenti nei mercati di frontiera e che sia in grado, in particolare, di valutare le implicazioni giuridiche e d'investimento degli eventi creditizi” conclude l’Investment Director, Emerging Markets Debt di abrdn.
BASSA CORRELAZIONE CON I TREASURY USA
Daly sottolinea poi che i rendimenti delle obbligazioni di frontiera dipendono da fattori peculiari che in parte spiegano la robusta performance registrata quest'anno dai crediti distressed. Altrettanto interessante, per chi investe in bond dei paesi di frontiera, è la bassa correlazione con i Treasury USA. Inoltre, se dieci anni fa le emissioni di questo segmento erano limitate e i gestori che avevano le competenze necessarie per orientarsi in questo mercato erano solo una manciata, oggi la situazione è completamente diversa.
LE CURVE DEI RENDIMENTI SI SONO ESTESE A 30 ANNI
“Mentre negli ultimi 15 anni sono aumentate in modo costante le emissioni di questa asset class, le curve dei rendimenti si sono estese a 30 anni. Una dinamica agevolata, in parte, dai bassi rendimenti nei mercati sviluppati che hanno spinto a una continua ricerca di rendimento altrove, e anche dal miglioramento dei fondamentali degli emittenti e da una comprensione sempre più estesa delle obbligazioni di frontiera” spiega il manager di abrdn.
RIDOTTO RISCHIO DI INSOLVENZA
In questi ultimi anni, nonostante gli elevati rendimenti dei Treasury USA abbiano comunque ridotto la quota di mercato degli emittenti di frontiera, questi, in assenza di finanziamenti commerciali, si sono assicurati prestiti dal Fondo Monetario Internazionale a prezzi più bassi. “Si tratta di un fattore importante che riduce il rischio di insolvenza anche alla luce del fatto che, escludendo Kenya e Pakistan, non si vedono scadenze significative per il 2024” riferisce Daly.
RISCHIO DI ULTERIORI EVENTI CREDITIZI
Il manager ammette tuttavia che il rischio di credito sia aumentato e che, nei prossimi anni, potrebbero verificarsi ulteriori eventi creditizi, alla luce di un numero limitato di default storici sui titoli di Stato (cinque negli ultimi tre anni). Ma, al contempo, ritiene che gli spread attuali sovrastimino il rischio di default nella maggior parte degli emittenti della propria strategia.
RENDIMENTI PIÙ INTERESSANTI
“Guardando in prospettiva, abbiamo cercato di contrastare la percezione di rischio specifica dell’asset class evidenziando gli elevati rischi politici ed economici che esistono anche in molti dei mercati emergenti mainstream. Aggiungiamo, inoltre, che gli investimenti nei mercati di frontiera compensano i cosiddetti rischi più elevati offrendo rendimenti più interessanti” specifica Daly. Questo non significa sminuire i rischi, anche perché le ricadute della pandemia, della guerra Russia-Ucraina e dei tassi d'interesse più elevati più a lungo potrebbero provocare ulteriori eventi creditizi.
UN FUND MANAGER CON UN OTTIMO TRACK RECORD
“A partire dal 2020, abbiamo assistito a default governativi in Zambia, Belize, Suriname, Sri Lanka e Ghana. Ma ce ne sono stati anche in paesi non di frontiera, come l'Ecuador, l'Argentina e il Libano. Tuttavia, l'eventualità di ulteriori eventi creditizi non dovrebbe scoraggiare gli investimenti nei mercati di frontiera o emergenti. Resta cruciale selezionare un fund manager con un ottimo track record di investimenti nei mercati di frontiera e che sia in grado, in particolare, di valutare le implicazioni giuridiche e d'investimento degli eventi creditizi” conclude l’Investment Director, Emerging Markets Debt di abrdn.