Weekly bulletin
Inflazione sotto i riflettori anche nel 2024: non stare troppo “incollati” ai dati
I dati sull’occupazione Usa possono essere uno specchio distorto, ma la strada verso i target di Fed e Bce è tracciata, anche se può essere accidentata per continue tensioni geopolitiche in Medio Oriente
di Stefano Caratelli 8 Gennaio 2024 08:27
Dopo la cavalcata finale del 2023 nel segno di inflazione sconfitta e tagli dei tassi in arrivo, il 2024 è dei mercati è partito in frenata proprio per il ritorno di timori sull’inflazione, alimentati da un dato forte sull’occupazione Usa e preoccupazioni di spinte sui prezzi energetici dalle turbolenze in Medio Oriente e nel Mar Rosso, che potrebbero essere supportate dai dati in arrivo sui prezzi al consumo americani di dicembre. Circola anche la preoccupazione opposta, che un declino troppo marcato possa indicare un’economia indebolita oltre le attese dalla raffica di rialzi della Fed. Il consensus rilevato da Reuters punta a un aumento mensile dello 0,2% dopo lo 0,1% di novembre.
Anche nel resto del mondo, dall’Australia, alla Cina fino al Giappone l’attenzione degli investitori è concentrata sui dati dell’inflazione per capire la direzione delle prossime mosse delle banche centrali. Intanto sono in arrivo anche i risultati trimestrali e annuali dei colossi bancari Usa, da JP Morgan a BofA e Citi, i cui conti nello scorso anno sono stati supportati proprio dai rialzi dei tassi della Fed, compensando il calo del business dell’investment banking. Sotto i riflettori anche alcuni settori in sofferenza, come l’immobiliare commerciale, e la tenuta della spesa dei consumatori, finora instancabili soprattutto in Usa.
Lo scorso dicembre l’economia Usa ha creato 216.000 nuovi posti portando il totale dell’anno a 2,7 milioni con la disoccupazione al 3,7%, appena sopra i livelli di un anno prima, nonostante la stretta della Fed, che ha comunque portato l’inflazione molto vicina al target del 2%. Ma il mercato del lavoro americano è davvero così forte come sembrano dire i dati? Scavandoci dentro il WSJ sottolinea il declino della partecipazione alla forza lavoro scesa di ben 683.000 unità per l’effetto combinato di invecchiamento della popolazione e coda della pandemia. I salari corrono un po’ più dell’inflazione, ma in buona parte per lo sforzo di sostituzione dei posti che restano vuoti.
La partecipazione alla forza lavoro in Usa a dicembre è scesa al 62,5% dal 63,8% ma resta sopra il 62,3% di un anno prima mentre le pressioni salariali continuano ad allentarsi, indicando che il mercato del lavoro non si sta surriscaldando ma solo adeguando alle mutate condizioni demografiche. Per cui sembra proprio che la Fed abbia tutto il margine per abbassare i tassi anche senza bisogno di un aumento della disoccupazione o una netta diminuzione dei nuovi posti creati.
L'altro mantra citato a favore di un’economia Usa che corre troppo e che potrebbe aver bisogno di una stretta prolungata della Fed per non continuare a generare inflazione è più un effetto statistico dovuto alle anomalie degli ultimi quattro anni che alla forza intrinseca di investimenti e consumi, anche se questi ultimi stupiscono al rialzo. Sempre a dicembre, l’indice ISM dei servizi, che anche in USA continuano ad essere avanti rispetto al manifatturiero, è arretrato a 50,6 punti dai 52,7 di novembre, in espansione da 12 mesi ma ancora ai minimi da 12 anni. Ma soprattutto la componente occupazione è caduta di 7,4 punti, ben in territorio contrazione, ai minimi da luglio 2020.
La partenza del 2024 mostra che da qui almeno a novembre, quando gli americani sceglieranno il nuovo presidente, mercati e investitori saranno sottoposti a pressioni anche giornaliere provenienti dal fronte dei dati e della geopolitica. Non correre dietro a tutto, ma mantenere la lucidità per cogliere le occasioni quando si presentano , resta la ricetta migliore.
ATTENZIONE SU BANCHE CENTRALI E BIG BANCARI USA
Anche nel resto del mondo, dall’Australia, alla Cina fino al Giappone l’attenzione degli investitori è concentrata sui dati dell’inflazione per capire la direzione delle prossime mosse delle banche centrali. Intanto sono in arrivo anche i risultati trimestrali e annuali dei colossi bancari Usa, da JP Morgan a BofA e Citi, i cui conti nello scorso anno sono stati supportati proprio dai rialzi dei tassi della Fed, compensando il calo del business dell’investment banking. Sotto i riflettori anche alcuni settori in sofferenza, come l’immobiliare commerciale, e la tenuta della spesa dei consumatori, finora instancabili soprattutto in Usa.
MERCATO DEL LAVORO MENO SURRISCALDATO DI QUEL CHE SEMBRA
Lo scorso dicembre l’economia Usa ha creato 216.000 nuovi posti portando il totale dell’anno a 2,7 milioni con la disoccupazione al 3,7%, appena sopra i livelli di un anno prima, nonostante la stretta della Fed, che ha comunque portato l’inflazione molto vicina al target del 2%. Ma il mercato del lavoro americano è davvero così forte come sembrano dire i dati? Scavandoci dentro il WSJ sottolinea il declino della partecipazione alla forza lavoro scesa di ben 683.000 unità per l’effetto combinato di invecchiamento della popolazione e coda della pandemia. I salari corrono un po’ più dell’inflazione, ma in buona parte per lo sforzo di sostituzione dei posti che restano vuoti.
L’IMPORTANZA DEL FATTORE DEMOGRAFICO
La partecipazione alla forza lavoro in Usa a dicembre è scesa al 62,5% dal 63,8% ma resta sopra il 62,3% di un anno prima mentre le pressioni salariali continuano ad allentarsi, indicando che il mercato del lavoro non si sta surriscaldando ma solo adeguando alle mutate condizioni demografiche. Per cui sembra proprio che la Fed abbia tutto il margine per abbassare i tassi anche senza bisogno di un aumento della disoccupazione o una netta diminuzione dei nuovi posti creati.
OCCUPAZIONE USA IN DECLINO NEI SERVIZI
L'altro mantra citato a favore di un’economia Usa che corre troppo e che potrebbe aver bisogno di una stretta prolungata della Fed per non continuare a generare inflazione è più un effetto statistico dovuto alle anomalie degli ultimi quattro anni che alla forza intrinseca di investimenti e consumi, anche se questi ultimi stupiscono al rialzo. Sempre a dicembre, l’indice ISM dei servizi, che anche in USA continuano ad essere avanti rispetto al manifatturiero, è arretrato a 50,6 punti dai 52,7 di novembre, in espansione da 12 mesi ma ancora ai minimi da 12 anni. Ma soprattutto la componente occupazione è caduta di 7,4 punti, ben in territorio contrazione, ai minimi da luglio 2020.
BOTTOM LINE
La partenza del 2024 mostra che da qui almeno a novembre, quando gli americani sceglieranno il nuovo presidente, mercati e investitori saranno sottoposti a pressioni anche giornaliere provenienti dal fronte dei dati e della geopolitica. Non correre dietro a tutto, ma mantenere la lucidità per cogliere le occasioni quando si presentano , resta la ricetta migliore.
Trending