Le difficoltà di Pechino
Borsa ed economia cinesi ai minimi, Fmi preoccupato e JP Morgan ora preferisce l’India
La Cina fatica a riprendere il passo e i listini continuano a soffrire. Secondo Kristalina Georgieva, capo dell’Fmi, servono riforme strutturali per evitare un calo significativo della crescita
di Antonio Cardarelli 16 Gennaio 2024 11:29
Crisi immobiliare, consumi stagnanti e incertezze globali. La Cina sta attraversando un periodo molto delicato, probabilmente il più delicato degli ultimi decenni sotto il profilo economico. La situazione sta attirando l’attenzione delle istituzioni economiche mondiali e, ovviamente, delle società di investimento.
Il primo punto riguarda l’andamento dell’economia. Recentemente un gruppo di dieci esperti intervistati dall’AFP ha previsto una crescita del Pil cinese nel 2023 pari al 5,2%. Se confermato, si tratterebbe del dato più basso dal 1990 a questa parte, escludendo gli anni in cui la crescita è stata limitata dalle restrizioni sanitarie dovute alla pandemia. I problemi dell’economia cinese sono partiti dalla crisi immobiliare che finora non ha trovato soluzione. Diversi colossi immobiliari sono caduti sotto il peso di un debito troppo pesante. L’alta disoccupazione giovanile, unita al rallentamento globale e alla frenata dei consumi causata dalla mancanza di fiducia, ha bloccato gli ingranaggi dell’economia cinese.
Non a caso la Cina è ormai in deflazione. Le preoccupazioni delle istituzioni globali sono arrivate fino al World Economic Forum di Davos. “La Cina deve varare riforme strutturali per evitare un calo abbastanza significativo dei tassi di crescita", ha detto il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, in un'intervista a CNBC a margine dei lavori del World Economic Forum a Davos. La Cina, ha detto Georgieva, deve affrontare sfide sia a breve che a lungo termine. Nel breve termine il settore immobiliare cinese necessita ancora di "aggiustamenti" e quanto problema si aggiunge quello di un elevato livello di debito pubblico locale. A lungo termine, Georgieva ha sottolineato i cambiamenti demografici e una "perdita di fiducia". "In definitiva, ciò di cui la Cina ha bisogno - ha concluso - sono riforme strutturali per continuare ad aprire l'economia, per bilanciare il modello di crescita maggiormente verso il consumo interno, il che significa creare piu' fiducia nelle persone, in modo che non risparmino ma spendano di più”.
Il 2023 è stato un anno molto avaro per l’afflusso di investimenti esteri in Cina, con entrate per soli 6,1 miliardi di dollari. Si tratta del minimo da quando Bloomberg ha cominciato a monitorare i dati delle Borse di Shenzhen e Shanghai, nel 2017. Eppure il 2023 era iniziato bene per le Borse cinesi, ma con il passare dei mesi sia Shanghai che Hong Kong hanno perso man mano vigore, fino a risultare tra le peggiori a livello mondiale e registrando il terzo calo annuale. Shanghai ha toccato il minimo degli ultimi sette anni. Il futuro non lascia presagire riprese a breve termine, anche perché la situazione geopolitica potrebbe portare nuove tensioni in caso di elezione di Trump negli Usa. Inoltre, i rapporti tra Pechino e Washington sono già tesi per la questione Taiwan.
La concorrenza degli altri Paesi asiatici si fa sempre più forte. L’India è sempre più candidata a prendere il posto della Cina come motore della crescita globale. E le società di investimento lo sanno bene, come dimostrano le dichiarazioni di Mixo Das, Asian Equity Strategist di JP Morgan, riportate da CNBC. Attualmente è proprio l’India la scelta numero uno di JP Morgan in Asia, nell’ambito di una strategia che prevede una fase di “osservazione tattica” sulla Cina in attesa che economia e fiducia possano riprendere il passo.
ECONOMIA IN AFFANNO
Il primo punto riguarda l’andamento dell’economia. Recentemente un gruppo di dieci esperti intervistati dall’AFP ha previsto una crescita del Pil cinese nel 2023 pari al 5,2%. Se confermato, si tratterebbe del dato più basso dal 1990 a questa parte, escludendo gli anni in cui la crescita è stata limitata dalle restrizioni sanitarie dovute alla pandemia. I problemi dell’economia cinese sono partiti dalla crisi immobiliare che finora non ha trovato soluzione. Diversi colossi immobiliari sono caduti sotto il peso di un debito troppo pesante. L’alta disoccupazione giovanile, unita al rallentamento globale e alla frenata dei consumi causata dalla mancanza di fiducia, ha bloccato gli ingranaggi dell’economia cinese.
IL MONITO DEL FONDO MONETARIO
Non a caso la Cina è ormai in deflazione. Le preoccupazioni delle istituzioni globali sono arrivate fino al World Economic Forum di Davos. “La Cina deve varare riforme strutturali per evitare un calo abbastanza significativo dei tassi di crescita", ha detto il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, in un'intervista a CNBC a margine dei lavori del World Economic Forum a Davos. La Cina, ha detto Georgieva, deve affrontare sfide sia a breve che a lungo termine. Nel breve termine il settore immobiliare cinese necessita ancora di "aggiustamenti" e quanto problema si aggiunge quello di un elevato livello di debito pubblico locale. A lungo termine, Georgieva ha sottolineato i cambiamenti demografici e una "perdita di fiducia". "In definitiva, ciò di cui la Cina ha bisogno - ha concluso - sono riforme strutturali per continuare ad aprire l'economia, per bilanciare il modello di crescita maggiormente verso il consumo interno, il che significa creare piu' fiducia nelle persone, in modo che non risparmino ma spendano di più”.
BORSE SUI MINIMI
Il 2023 è stato un anno molto avaro per l’afflusso di investimenti esteri in Cina, con entrate per soli 6,1 miliardi di dollari. Si tratta del minimo da quando Bloomberg ha cominciato a monitorare i dati delle Borse di Shenzhen e Shanghai, nel 2017. Eppure il 2023 era iniziato bene per le Borse cinesi, ma con il passare dei mesi sia Shanghai che Hong Kong hanno perso man mano vigore, fino a risultare tra le peggiori a livello mondiale e registrando il terzo calo annuale. Shanghai ha toccato il minimo degli ultimi sette anni. Il futuro non lascia presagire riprese a breve termine, anche perché la situazione geopolitica potrebbe portare nuove tensioni in caso di elezione di Trump negli Usa. Inoltre, i rapporti tra Pechino e Washington sono già tesi per la questione Taiwan.
JP MORGAN PUNTA SULL’INDIA
La concorrenza degli altri Paesi asiatici si fa sempre più forte. L’India è sempre più candidata a prendere il posto della Cina come motore della crescita globale. E le società di investimento lo sanno bene, come dimostrano le dichiarazioni di Mixo Das, Asian Equity Strategist di JP Morgan, riportate da CNBC. Attualmente è proprio l’India la scelta numero uno di JP Morgan in Asia, nell’ambito di una strategia che prevede una fase di “osservazione tattica” sulla Cina in attesa che economia e fiducia possano riprendere il passo.
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