Analisi settoriale
Neuberger Berman: nel 2024 più cautela sui “magnifici 7” di Wall Street
Raheel Siddiqui, senior investment strategist, analizza i trend e le opportunità d’investimento legate a Apple, Alphabet, Amazon, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla dopo un 2023 di performance stellari
di Stefano Caratelli 17 Gennaio 2024 15:45
Nel 2023 le blue chip tecnologiche Usa hanno ottenuto risultati impressionanti, ma le buone notizie sembrano già prezzate. Invidiati dal resto dell’S&P 500, i "magnifici 7", Apple, Alphabet, Amazon, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla, hanno registrato una corsa straordinaria. Nei sette anni precedenti alla pandemia, il loro fatturato complessivo è cresciuto del 15% annuo composto, contro il 2% del resto dell'indice. Dal 2020, hanno aumentato le vendite del 16% l'anno. Ma la sensazione è che possa cambiare nel 2024, quando nomi con valutazioni meno ottimistiche potrebbero incontrare il favore degli investitori.
Sono le indicazioni di un commento di Raheel Siddiqui, senior investment strategist di Neuberger Berman, secondo cui, anche in un contesto di crescita difficile, lo scorso anno questi pesi massimi hanno ottenuto risultati impressionanti, con utili netti cresciuti del 34% rispetto all'1% degli altri 493 titoli dell’S&P 500, mentre i multipli di prezzo sono aumentati del 30% rispetto al 9% di tutti gli altri. Come gruppo, i “magnifici 7” hanno generato un ritorno annuale del 75% rispetto al 25% dell’S&P 500, che senza il loro contributo sarebbe cresciuto solo del 12%.
Senza questi sette nomi, prosegue l’esperto di Neuberger Berman, il settore tecnologico avrebbe guadagnato solo il 15% anziché il 50%, il settore Communication services il 7% contro il 50% e il settore Consumer discretionary il 6% contro il 33%. L'influenza di questi big si estende anche oltre i confini nazionali: il peso delle azioni Usa nell'indice MSCI ACWI ha toccato il massimo storico del 63% rispetto al 46% del 2013, e di conseguenza oggi il peso del Paese è 1,7 volte il resto del mondo complessivamente considerato, mentre senza i “magnifici 7”, sarebbe un più modesto 1,2.
Meno considerato, osserva Siddiqui, forse è il fatto che metà dello spostamento è dovuto al rialzo dei blue chip tecnologici, mentre a suo avviso, una simile riduzione della diversificazione geografica potrebbe avere implicazioni a lungo termine per l'asset allocation e la gestione del rischio. Nonostante i risultati, l’esperto di Neuberger Berman teme che quest’anno i “magnifici 7” possano incontrare venti contrari: in primo luogo per valutazioni che sembrano precarie, il che potrebbe renderli potenzialmente vulnerabili anche a piccoli incidenti di percorso, e in secondo luogo, queste società potrebbero rivelarsi più cicliche del previsto.
Inoltre, questi colossi sono spesso considerati difensivi, dato che guidano l'incessante modernizzazione della società e presentano bilanci solidi e margini relativamente elevati e stabili, ma a fronte di un beta degli utili rispetto al Pil inferiore del 30% rispetto al resto dell'S&P 500, il beta dei prezzi, pari a 1,4, è stato invece superiore del 50%. Infine, l’esperto di Neuberger Berman ritiene che i ritorni dei 7 big siano altamente correlati, indicando che detenerli come gruppo potrebbe comportare un rischio aggiuntivo più che una diversificazione. Dal 2017, la loro correlazione media a coppie è stata del 55%, il 70% in più rispetto al resto dell’S&P 500.
Alla luce del loro ruolo, in conclusione Siddiqui prevede che i “magnifici 7” continueranno a influenzare le performance dei gestori attivi nel 2024. E avverte che “gli investitori farebbero bene a procedere con cautela”.
LA CORSA DEI MULTIPLI DI PREZZO
Sono le indicazioni di un commento di Raheel Siddiqui, senior investment strategist di Neuberger Berman, secondo cui, anche in un contesto di crescita difficile, lo scorso anno questi pesi massimi hanno ottenuto risultati impressionanti, con utili netti cresciuti del 34% rispetto all'1% degli altri 493 titoli dell’S&P 500, mentre i multipli di prezzo sono aumentati del 30% rispetto al 9% di tutti gli altri. Come gruppo, i “magnifici 7” hanno generato un ritorno annuale del 75% rispetto al 25% dell’S&P 500, che senza il loro contributo sarebbe cresciuto solo del 12%.
INFLUENZA OLTRE I CONFINI AMERICANI
Senza questi sette nomi, prosegue l’esperto di Neuberger Berman, il settore tecnologico avrebbe guadagnato solo il 15% anziché il 50%, il settore Communication services il 7% contro il 50% e il settore Consumer discretionary il 6% contro il 33%. L'influenza di questi big si estende anche oltre i confini nazionali: il peso delle azioni Usa nell'indice MSCI ACWI ha toccato il massimo storico del 63% rispetto al 46% del 2013, e di conseguenza oggi il peso del Paese è 1,7 volte il resto del mondo complessivamente considerato, mentre senza i “magnifici 7”, sarebbe un più modesto 1,2.
CONCENTRAZIONE IN UN SOLO PAESE
Meno considerato, osserva Siddiqui, forse è il fatto che metà dello spostamento è dovuto al rialzo dei blue chip tecnologici, mentre a suo avviso, una simile riduzione della diversificazione geografica potrebbe avere implicazioni a lungo termine per l'asset allocation e la gestione del rischio. Nonostante i risultati, l’esperto di Neuberger Berman teme che quest’anno i “magnifici 7” possano incontrare venti contrari: in primo luogo per valutazioni che sembrano precarie, il che potrebbe renderli potenzialmente vulnerabili anche a piccoli incidenti di percorso, e in secondo luogo, queste società potrebbero rivelarsi più cicliche del previsto.
CONSIDERATI TITOLI DIFENSIVI MA NON DIVERSIFICANO
Inoltre, questi colossi sono spesso considerati difensivi, dato che guidano l'incessante modernizzazione della società e presentano bilanci solidi e margini relativamente elevati e stabili, ma a fronte di un beta degli utili rispetto al Pil inferiore del 30% rispetto al resto dell'S&P 500, il beta dei prezzi, pari a 1,4, è stato invece superiore del 50%. Infine, l’esperto di Neuberger Berman ritiene che i ritorni dei 7 big siano altamente correlati, indicando che detenerli come gruppo potrebbe comportare un rischio aggiuntivo più che una diversificazione. Dal 2017, la loro correlazione media a coppie è stata del 55%, il 70% in più rispetto al resto dell’S&P 500.
GLI INVESTITORI DOVREBBERO PROCEDERE CON CAUTELA
Alla luce del loro ruolo, in conclusione Siddiqui prevede che i “magnifici 7” continueranno a influenzare le performance dei gestori attivi nel 2024. E avverte che “gli investitori farebbero bene a procedere con cautela”.