Rendimenti obbligazionari
Ecco la strategia di UBS AM dopo il recente rally dei bond
Jonathan Gregory, head of UK fixed income, è positivo sui rendimenti obbligazionari: tra i titoli di Stato statunitensi ed europei, le strategie globali di UBS AM hanno ancora un’esposizione lunga, ma meno rispetto alla fine del 2023
di Leo Campagna 26 Gennaio 2024 15:32
Il 2024 sembra essere iniziato con una prospettiva sui bond apparentemente migliore rispetto al 2023, a patto, tuttavia, di comprendere le dinamiche alla base degli attuali prezzi obbligazionari. Ne è convinto Jonathan Gregory, head of UK fixed income di UBS Asset Management, secondo il quale molteplici fattori hanno determinato un'inversione di tendenza così sorprendente nei rendimenti obbligazionari alla fine del 2023.
Il primo dei fattori è strettamente legato alla riunione della Fed dello scorso dicembre. Un meeting durante il quale il presidente Powell ha segnalato la fine della pluriennale campagna di inasprimento della politica monetaria della Fed, facendo intravedere la prospettiva di alcuni tagli dei tassi nel 2024. Questo, però, non è l’unico fattore.
A beneficio del reddito fisso, da ottobre sono stati annunciati dati sull’inflazione e sul mercato del lavoro statunitense sempre più incoraggianti. Inoltre, mentre la Fed è più fiduciosa che negli Stati Uniti si possa verificare un soft landing, l’Eurozona, la Cina e il Regno Unito hanno sperimentato dinamiche economiche meno positive: la riduzione dell’inflazione, una crescita contenuta e indicatori previsionali poco incoraggianti nella seconda metà dell’anno. Fattori che, tendenzialmente, tendono a favorire il mercato obbligazionario.
Da notare, secondo Gregory, che oltre alle dichiarazioni più dovish della Fed a dicembre, la Bank of England e la Bce (anche nel meeting del 25 gennaio scorso) hanno mantenuto i tassi fermi: l’impressione è che abbiano raggiunto il picco di questo ciclo, sebbene non lo abbiano dichiarato esplicitamente come la banca centrale statunitense. Detto questo, le valutazioni (e i prezzi) di mercato potrebbero anticipare le tempistiche previste.
“Al momento, le valutazioni di mercato incorporano un taglio dei tassi di circa l’1% da parte di Fed e Bce entro l’estate (e di circa 50 punti base per la Bank of England) e di un ulteriore 0,5% entro la fine dell’anno da parte della Fed. Una previsione più ottimistica rispetto alla posizione della Fed che contempla tagli dei tassi nel corso dell'anno pari a circa lo 0,75%”, spiega l‘head of UK fixed income di UBS AM che inoltre ricorda come i rendimenti dei governativi decennali Usa, UK e della zona euro siano inferiori dell'1% o più, rispetto ai picchi registrati alla fine dello scorso anno.
“Proprio questo recente rafforzamento delle quotazioni dei bond ci ha indotto, nell’ambito delle nostre strategie globali, a ridurre la duration. Anche perché riteniamo improbabile che il ritmo del rally della fine dell'anno scorso possa proseguire in questo inizio d’anno mentre l'economia statunitense sta ancora performando meglio del previsto”, argomenta Jonathan Gregory.
Il manager propende nelle strategie globali per un’esposizione lunga, ma meno rispetto alla fine del 2023, nell’ambito dei titoli di Stato statunitensi ed europei. “I recenti dati sull’inflazione sono in linea con gli obiettivi delle banche centrali e quindi, allo stato attuale, la prospettiva di un taglio dei tassi di interesse sembra di gran lunga superiore a quella di un rialzo, anche se non tanto quanto prezzato dal mercato” puntualizza l‘head of UK fixed income di UBS AM che non esclude che l’Eurozona possa già essere in recessione, mentre il consensus indica una crescita di appena lo 0,5% per il 2024: uno scenario che potrebbe mettere pressione alla Bce per tagliare prima e di più rispetto alla Fed.
LA SVOLTA DELLA FED
Il primo dei fattori è strettamente legato alla riunione della Fed dello scorso dicembre. Un meeting durante il quale il presidente Powell ha segnalato la fine della pluriennale campagna di inasprimento della politica monetaria della Fed, facendo intravedere la prospettiva di alcuni tagli dei tassi nel 2024. Questo, però, non è l’unico fattore.
POSSIBILE SOFT LANDING NEGLI USA
A beneficio del reddito fisso, da ottobre sono stati annunciati dati sull’inflazione e sul mercato del lavoro statunitense sempre più incoraggianti. Inoltre, mentre la Fed è più fiduciosa che negli Stati Uniti si possa verificare un soft landing, l’Eurozona, la Cina e il Regno Unito hanno sperimentato dinamiche economiche meno positive: la riduzione dell’inflazione, una crescita contenuta e indicatori previsionali poco incoraggianti nella seconda metà dell’anno. Fattori che, tendenzialmente, tendono a favorire il mercato obbligazionario.
RAGGIUNTO IL PICCO DEI TASSI
Da notare, secondo Gregory, che oltre alle dichiarazioni più dovish della Fed a dicembre, la Bank of England e la Bce (anche nel meeting del 25 gennaio scorso) hanno mantenuto i tassi fermi: l’impressione è che abbiano raggiunto il picco di questo ciclo, sebbene non lo abbiano dichiarato esplicitamente come la banca centrale statunitense. Detto questo, le valutazioni (e i prezzi) di mercato potrebbero anticipare le tempistiche previste.
COSA INCORPORANO LE VALUTAZIONI DI MERCATO
“Al momento, le valutazioni di mercato incorporano un taglio dei tassi di circa l’1% da parte di Fed e Bce entro l’estate (e di circa 50 punti base per la Bank of England) e di un ulteriore 0,5% entro la fine dell’anno da parte della Fed. Una previsione più ottimistica rispetto alla posizione della Fed che contempla tagli dei tassi nel corso dell'anno pari a circa lo 0,75%”, spiega l‘head of UK fixed income di UBS AM che inoltre ricorda come i rendimenti dei governativi decennali Usa, UK e della zona euro siano inferiori dell'1% o più, rispetto ai picchi registrati alla fine dello scorso anno.
"PERCHE’ ABBIAMO RIDOTTO LA DURATION"
“Proprio questo recente rafforzamento delle quotazioni dei bond ci ha indotto, nell’ambito delle nostre strategie globali, a ridurre la duration. Anche perché riteniamo improbabile che il ritmo del rally della fine dell'anno scorso possa proseguire in questo inizio d’anno mentre l'economia statunitense sta ancora performando meglio del previsto”, argomenta Jonathan Gregory.
COSA PUO’ METTERE PRESSIONE ALLA BCE
Il manager propende nelle strategie globali per un’esposizione lunga, ma meno rispetto alla fine del 2023, nell’ambito dei titoli di Stato statunitensi ed europei. “I recenti dati sull’inflazione sono in linea con gli obiettivi delle banche centrali e quindi, allo stato attuale, la prospettiva di un taglio dei tassi di interesse sembra di gran lunga superiore a quella di un rialzo, anche se non tanto quanto prezzato dal mercato” puntualizza l‘head of UK fixed income di UBS AM che non esclude che l’Eurozona possa già essere in recessione, mentre il consensus indica una crescita di appena lo 0,5% per il 2024: uno scenario che potrebbe mettere pressione alla Bce per tagliare prima e di più rispetto alla Fed.
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