Le prospettive
2024 ad alto rischio geopolitico, ma mercati ed economie lo affrontano vaccinati
L’anno elettorale americano potrebbe rivelarsi una fonte di turbolenze per l’ordine mondiale già minacciato da tensioni persistenti, e c’è chi come Ray Dalio lo vede come il maggior rischio per la tenuta della stabilità
di Stefano Caratelli 12 Febbraio 2024 08:02
Lo scorso millennio si era chiuso con il ‘nuovo ordine mondiale’ messo a punto e perfezionato da Bill Clinton che aveva ereditato dal suo predecessore Bush padre la fine della Guerra Fredda e il collasso dell’URSS mettendo a regime nei suoi otto anni alla Casa Bianca un sistema di stabilità planetario basato sulla convenienza economica comune dei vari attori, senza la pretesa di imporre modelli politici occidentali. Quando qualcuno sgarrava, come Saddam Hussein in Kuwait nel 1990 o Milošević in ex Yugoslavia nel decennio successivo, arrivava la cavalleria americana con gli alleati della Nato a mettere le cose a posto, ma solo per tornarsene a casa a missione compiuta. Il WTO diventò la stanza di compensazione delle controversie economiche e commerciali, con la Cina dentro, aprendo il ventennio della globalizzazione.
Sembrava un mondo finalmente perfetto, celebrato da Fukuyama nel famoso libro La Fine della Storia, ma l’11 settembre con le guerre in Iraq e Afghanistan di Bush figlio, che voleva esportare la democrazia americana, cambiarono in parte il paradigma. Nel 2007-08 l’intero sistema rischiò di saltare, per una bomba atomica a orologeria innescata dallo stesso George W. che voleva lasciare in eredità, oltre alla democrazia ai Talebani, la ‘ownership society’: mutui gratis per tutti per realizzare il sogno americano. La bolla dei subprime rischiò di travolgere il sistema finanziario globale, che riuscì a salvarsi, come tre anni dopo l’Europa dalla crisi del debito, grazie agli anticorpi di un sistema di autorità indipendenti, a cominciare dalle banche centrali, e a un mercato dei capitali pronto a raschiare il fondo del barile pur di evitare il disastro.
E siamo ai giorni nostri, quando proprio quegli anticorpi, supportati dalla politica, hanno consentito alle economie e ai mercati di affrontare e superare la crisi del covid prima e l’escalation di tensioni e conflitti iniziata un anno fa con l’aggressione russa all’Ucraina. Ora ci si chiede se continueranno a tenere in caso di violente escalation geopolitiche, viste come il maggior rischio che il 2024 riserva. Graham Vanbergen, su The European Financial Review, scrive che il dividendo della pace seguito alla Guerra fredda ‘si sta disintegrando’, il quadro delle alleanze cambia e anche l’Intelligenza Artificiale potrebbe finire al servizio dei nemici della democrazia.
Tra le molte voci che in questi giorni indicano nelle tensioni geopolitiche il maggior rischio si distingue quella di Ray Dalio, che in un lungo post su Linkedin mette addirittura gli USA al centro della mappa del nuovo rischio per la stabilità globale. Dalio non è un Roudini qualunque, che di mestiere fa la Cassandra. Nel lontano 1975 fondò Bridgewater, per farlo diventare il primo hedge fund del mondo, e crede che la stabilità sia garantita in primo luogo dal buon funzionamento del sistema economico e monetario e da un uso delle nuove tecnologie diretto a questo fine. Ma proprio dai conflitti interni su benessere economico, valori e potere possono nascere crisi che compromettono l’equilibrio. Se succede negli USA, come Dalio teme, a causa di differenze inconciliabili esasperate dall’anno elettorale, l’equilibrio è a rischio a livello globale.
In un clima di sfiducia nelle istituzioni, compresa la magistratura, la nazione si divide su barricate ideologiche, l’appartenenza alle quali fa premio sui principi dello Stato di diritto e sul concetto di bene comune che ne è alle fondamenta. Chiunque vinca la corsa alla Casa Bianca, l’esito avrà grandi implicazioni per mercati e economie, per l’ordine interno e quello globale, date le visioni divergenti se non opposte dei due schieramenti sui temi chiave del futuro, dalla transizione energetica alle nuove tecnologie, con ricadute su regole, tasse, immigrazione e temi sociali. La buona notizia è che Dalio vede in calo, a differenza di molti, il rischio di conflitti ‘esterni’, a cominciare dalle tensioni USA-Cina.
Dopo gli stress test del Covid e delle guerre, il sistema economico e monetario globale sembra immunizzato anche dagli shock più violenti. Ma è in grado di sopportarne uno che aprisse una crepa nel cuore del meccanismo che fa girare il mondo? Si dice che gli americani alla fine fanno sempre la cosa giusta, ma solo dopo averne tentate diverse sbagliate. Alle elezioni mancano ancora nove mesi, e magari dopo qualche turbolenza già quest’estate si potrebbe avere visibilità su un esito meno preoccupante di quello immaginato da Dalio. La sfera di cristallo del Financial Times dice che Trump non sarà il prossimo presidente e che dal Medio Oriente non partirà un’escalation bellica globale.
Bottom line. Gli ultimi 4 anni hanno mostrato che economie e mercati ormai indossano un impermeabile in grado di resistere alle grandinate più violente. Il distacco con cui il mondo guarda al voto degli americani del 5 novembre è meno rassicurante di quello che sembra, ignorare il rischio non vuol dire che non ci sia. Restiamo comunque ancorati a quello che sappiamo, il mondo sta uscendo dal tunnel di inflazione e alti tassi senza sprofondare in recessione, e i mega trend della crescita sono sempre al lavoro. Nessuno ha davvero interesse a rovesciare il tavolo, meno che mai gli americani.
UN MONDO NON PERFETTO, MA CAPACE DI SUPERARE LE CRISI
Sembrava un mondo finalmente perfetto, celebrato da Fukuyama nel famoso libro La Fine della Storia, ma l’11 settembre con le guerre in Iraq e Afghanistan di Bush figlio, che voleva esportare la democrazia americana, cambiarono in parte il paradigma. Nel 2007-08 l’intero sistema rischiò di saltare, per una bomba atomica a orologeria innescata dallo stesso George W. che voleva lasciare in eredità, oltre alla democrazia ai Talebani, la ‘ownership society’: mutui gratis per tutti per realizzare il sogno americano. La bolla dei subprime rischiò di travolgere il sistema finanziario globale, che riuscì a salvarsi, come tre anni dopo l’Europa dalla crisi del debito, grazie agli anticorpi di un sistema di autorità indipendenti, a cominciare dalle banche centrali, e a un mercato dei capitali pronto a raschiare il fondo del barile pur di evitare il disastro.
GLI ANTICORPI CHE HANNO EVITATO I DISASTRI
E siamo ai giorni nostri, quando proprio quegli anticorpi, supportati dalla politica, hanno consentito alle economie e ai mercati di affrontare e superare la crisi del covid prima e l’escalation di tensioni e conflitti iniziata un anno fa con l’aggressione russa all’Ucraina. Ora ci si chiede se continueranno a tenere in caso di violente escalation geopolitiche, viste come il maggior rischio che il 2024 riserva. Graham Vanbergen, su The European Financial Review, scrive che il dividendo della pace seguito alla Guerra fredda ‘si sta disintegrando’, il quadro delle alleanze cambia e anche l’Intelligenza Artificiale potrebbe finire al servizio dei nemici della democrazia.
L’ALLERTA DI DALIO SULLE ELEZIONI AMERICANE
Tra le molte voci che in questi giorni indicano nelle tensioni geopolitiche il maggior rischio si distingue quella di Ray Dalio, che in un lungo post su Linkedin mette addirittura gli USA al centro della mappa del nuovo rischio per la stabilità globale. Dalio non è un Roudini qualunque, che di mestiere fa la Cassandra. Nel lontano 1975 fondò Bridgewater, per farlo diventare il primo hedge fund del mondo, e crede che la stabilità sia garantita in primo luogo dal buon funzionamento del sistema economico e monetario e da un uso delle nuove tecnologie diretto a questo fine. Ma proprio dai conflitti interni su benessere economico, valori e potere possono nascere crisi che compromettono l’equilibrio. Se succede negli USA, come Dalio teme, a causa di differenze inconciliabili esasperate dall’anno elettorale, l’equilibrio è a rischio a livello globale.
UNA NAZIONE DIVISA SU BARRICATE IDEOLOGICHE
In un clima di sfiducia nelle istituzioni, compresa la magistratura, la nazione si divide su barricate ideologiche, l’appartenenza alle quali fa premio sui principi dello Stato di diritto e sul concetto di bene comune che ne è alle fondamenta. Chiunque vinca la corsa alla Casa Bianca, l’esito avrà grandi implicazioni per mercati e economie, per l’ordine interno e quello globale, date le visioni divergenti se non opposte dei due schieramenti sui temi chiave del futuro, dalla transizione energetica alle nuove tecnologie, con ricadute su regole, tasse, immigrazione e temi sociali. La buona notizia è che Dalio vede in calo, a differenza di molti, il rischio di conflitti ‘esterni’, a cominciare dalle tensioni USA-Cina.
LE TENUTA AGLI STRESS TEST DI COVID E GUERRE
Dopo gli stress test del Covid e delle guerre, il sistema economico e monetario globale sembra immunizzato anche dagli shock più violenti. Ma è in grado di sopportarne uno che aprisse una crepa nel cuore del meccanismo che fa girare il mondo? Si dice che gli americani alla fine fanno sempre la cosa giusta, ma solo dopo averne tentate diverse sbagliate. Alle elezioni mancano ancora nove mesi, e magari dopo qualche turbolenza già quest’estate si potrebbe avere visibilità su un esito meno preoccupante di quello immaginato da Dalio. La sfera di cristallo del Financial Times dice che Trump non sarà il prossimo presidente e che dal Medio Oriente non partirà un’escalation bellica globale.
Bottom line. Gli ultimi 4 anni hanno mostrato che economie e mercati ormai indossano un impermeabile in grado di resistere alle grandinate più violente. Il distacco con cui il mondo guarda al voto degli americani del 5 novembre è meno rassicurante di quello che sembra, ignorare il rischio non vuol dire che non ci sia. Restiamo comunque ancorati a quello che sappiamo, il mondo sta uscendo dal tunnel di inflazione e alti tassi senza sprofondare in recessione, e i mega trend della crescita sono sempre al lavoro. Nessuno ha davvero interesse a rovesciare il tavolo, meno che mai gli americani.
Trending