Sunday View

Iran-Israele, la risposta delle Borse all’allargamento del conflitto

Le possibili escalation delle ostilità in Medio Oriente hanno fatto registrare molti segni meno sui listini globali, con la paura a farla da padrone. Come hanno risposto le Borse e quali sono le strategie degli investitori?

di Lorenzo Cleopazzo 21 Aprile 2024 09:30

financialounge -  medio oriente mercati sunday view
Qualsiasi conflitto porta con sé tanta amarezza e tanto dolore, figurarsi quando questo si allarga.

Ecco, non è mai semplice parlare di ostilità armate e attacchi tra due o più Paesi. Descrivendo le cronache delle ostilità, si rischia di apparire dimentichi delle vite in gioco, di chi certe cose non le legge sui giornali, ma le vive in prima persona. Questa può essere la paura di chi scrive, ma siamo certi che non ne è l’intenzione. Così come non è la nostra.

Nel Sunday View di questa settimana vogliamo provare ad analizzare non l’evento in sé – per cui forse non bastano le parole – quanto gli effetti che questo riporta negli ambiti che trattiamo ogni giorno. Al di là di qualsiasi posizione.

I NUMERI DOPO L’ATTACCO


La mattina del 19 aprile, i giornali e i loro lettori si sono svegliati con la notizia di un attacco israeliano all’Iran, mentre nella stessa mattinata il capo dell'esercito iraniano ha smentito che si trattasse di un bombardamento voluto da Israele. Forse un tentativo, questo, di stemperare la vicenda, ma quale che sia la verità, le Borse hanno fatto registrare le loro risposte.

L’attacco – o presunto attacco – israeliano all’Iran ha colpito anche l’economia. Non sono i razzi a far tremare i listini, ma la paura di quanti ne verranno ancora lanciati e dove. Al risveglio, se il petrolio ha registrato una fiammata verso l’alto, in Europa e in Asia le Borse hanno aperto al ribasso, con il FTSE MIB che cala dell’1% e Tokyo che ha registrato un -2,7%. In altre parole, cali su tutto il paniere e investitori in fuga dal catalogo dell’azionario.

Ciò che però si rafforza, visto il clima di paura, sono i soliti beni rifugio: oro e dollaro volano, mentre il Bitcoin si prenota il posto di “new entry” nella categoria.

I listini in Borsa, però, non sono gli unici ad essere affettati dalle ostilità in Medio Oriente. Grandi società come Google e Amazon collaborano su un progetto chiamato Nimbus, attraverso il quale le due Big Tech forniscono un’infrastruttura in cloud alle forze armate israeliane. Questa posizione non piace ai dipendenti che, nel caso di Google, hanno organizzato un sit-in di protesta. Risultato? No, Google non ha cancellato il progetto. Li ha licenziati tutti.

Un ennesimo segno evidente di come un conflitto tra due Paesi si ripercuote anche su zone geografiche non direttamente colpite. Così come la filosofia.

INFLUENZE ARISTOTELICHE


Se dicessimo che la base della filosofia medievale cristiana è arrivata – anche – dai paesi islamici, ci credereste? Forse può sembrare un controsenso, eppure è così.

In un periodo storico in cui il pensiero di Platone spopolava in qualsiasi salotto buono, oltre il Mediterraneo c’era chi alla metafisica preferiva la logica di Aristotele. Qualcuno che, come i primissimi pensatori delle colonie greche dell’Asia Minore, non era “solo” filosofo, ma anche medico, astronomo e, all’occorrenza, mistico. I due nomi più celebri dalle nostre parti furono Avicenna e Averroè, che tra XI e XII secolo ripresero l’intero corpus aristotelico e lo riscrissero per adattarlo alla propria cultura e alla propria religione.

Perché tanto successo anche nell’Europa cristiana? Presto detto: tra le altre cose, Avicenna parlava della realtà come un’emanazione del Puro Intelletto divino; mentre Averroè aveva messo in relazione fede e ragione, dove una non escludeva l’altra, anche se la prima aveva sempre la precedenza. A questo unite i testi sulla logica e sulle scienze, e capite perché i professori delle università di mezzo Medioevo avevano i poster di Aristotele e dei suoi commentatori arabi in cameretta

IL CUORE DEL VILLAGGIO


Il pensiero di Aristotele ieri, i risvolti economici oggi: se in geografia la toponomastica ha ancora una qualche valenza quantomeno orientativa, la stessa cosa non vale per la diffusione della filosofia e dei conflitti. Nel marketing si dice “think local, act global”, e questa frase rappresenta bene la situazione. Le sanzioni UE verso i paesi attaccanti, le pressioni della Casa Bianca... Non ricorda un canovaccio già visto? Forse nelle tensioni della Cina verso Taiwan, oppure nel conflitto in Ucraina a seguito dell’invasione russa.

Nell’era post-Covid, abbiamo tutti toccato con mano quanto basti una virgola per colpire il mondo intero. Dalla pandemia – compresa – in poi, abbiamo registrato sempre più vicende che hanno colpito i listini economici, dal blocco del Canale di Suez ai due conflitti in corso, passando anche per le già citate tensioni Usa-Cina. Eppure tutto va avanti, in una prospettiva che il sociologo Marshall McLuhan aveva descritto già quasi un secolo fa: non più un mondo di entità separate, ma un “villaggio globale”, dove i raccoglitori mangiano delle fortune dei cacciatori e dove entrambi si siedono di fronte allo stesso fuoco la sera. Oppure meglio ancora: un “monopsichismo”, come diceva Averroè. Una sola anima che abita l’uomo, non diviso tra fede e ragione, ma unito nell’appartenenza alla realtà.

Una sola anima che unisce anche tutte le popolazioni del mondo, non solo attraverso i listini delle Borse che salgono o scendono per eventi avvenuti a chilometri di distanza.

BONUS TRACK


A dire che in futuro l’uomo dovrebbe cambiare le cose nel mondo, qualcuno potrebbe dire “sé, ciao”. Che poi è più o meno la stessa risposta che avrà dato chi, nel Medioevo, si sarà sentito dire che dei filosofi arabi avrebbero spopolato nel mondo accademico cristiano, eppure...

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