La view
Geopolitica in movimento, possibili volatilità e shock ma anche occasioni
Il G7 finanziario si è compattato sugli intenti, meno sulle azioni. La Cina divide sia il fronte occidentale che quello emergente. Le elezioni in UE e USA possono cambiare le foto di gruppo, ma non lo scenario
di Stefano Caratelli 27 Maggio 2024 08:57
Quanto saranno attuali la foto di gruppo e il comunicato finale del G7 finanziario appena concluso a Stresa tra sei mesi? A novembre si conteranno i voti conquistati da Biden e Trump alle elezioni per la Casa Bianca e parte del Congresso, mentre in Europa dovrebbe essersi da poco insediata la nuova governance fatta di Consiglio e Commissione europei dopo il rinnovo dell’Europarlamento a giugno. I ministri dell’Economia e i banchieri centrali dei Sette Grandi sul Lago Maggiore si sono concentrati soprattutto sulla Russia, per usare gli asset di Mosca congelati per sostenere l’Ucraina, e sulla Cina, per capire come contenerne la capacità industriale in continua crescita al servizio delle produzioni legate alla transizione energetica.
L’unità di intenti è stata affermata solennemente, quella delle azioni un po’ meno, con alcuni grandi paesi europei come Germania e Francia preoccupati di una guerra commerciale con Pechino, da cui avrebbe “tutto da perdere” un’industria continentale ancora molto dipendente dalle esportazioni verso la superpotenza asiatica, come hanno rimarcato il tedesco Lindner e il francese Le Maire. In effetti, negli ultimi due anni la Cina ha risposto alla fuga degli investitori e alle barriere all’ingresso introdotte dai Paesi occidentali, soprattutto gli USA, con un formidabile aumento della capacità produttiva e degli investimenti minerari nei Paesi Emergenti, soprattutto in Africa e America Latina.
Pechino ha spostato il flusso delle esportazioni verso gli altri emergenti in Asia e America Latina, un fenomeno poco visibile nei conti con l’estero, perché questi mercati sono stati aggrediti a prezzi stracciati, ma i volumi sono aumentati molto e hanno più che compensato le perdite nei Paesi sviluppati. Come nei casi di Messico e Cile, inondati di auto e acciaio made in China a costi non sostenibili dai produttori locali. Intanto i cinesi si accaparrano risorse minerarie essenziali per l’auto elettrica e l’energia verde in tutto il mondo.
La segretaria al Tesoro USA Janet Yellen è molto più determinate sul contrasto alla Cina dei suoi colleghi di Germania e Francia, necessario per mantenere su un binario di crescita l’industria manifatturiera sulle due sponde dell’Atlantico, soprattutto nel campo delle tecnologie verdi. Una linea che non dovrebbe cambiare molto se Trump dovesse prendere il posto di Biden tra cinque mesi, mentre probabilmente l’approccio politico-militare sarebbe diverso, sia sul fronte Cina-Taiwan che su quello Russia-Ucraina.
Intanto i cinesi continuano ad andare alla conquista di risorse strategiche in tutto il mondo, dal litio al cobalto a tutti i minerali essenziali per la transizione energetica. E grazie alla capacità in continua crescita di raffinare e trasformare in componenti questi minerali nel 2023 la Cina è arrivata a controllare oltre la metà della produzione di veicoli elettrici a livello globale, al 60% della capacità manifatturiera per le turbine eoliche e a controllare l’80% di ciascuna fase delle catene di fornitura mondiali di pannelli solari. La BBC calcola che ormai la Cina controlla un terzo delle estrazioni del ‘Triangolo del Litio’, tra Argentina, Bolivia e Cile, il metallo che insieme a Cobalto, Nickel e Manganese è essenziale per tutte queste componenti, di cui i cinesi continuano ad assicurarsi l’estrazione in tutto il mondo, dal Sudamerica all’Africa, al Sudest asiatico fino persino all’Australia.
Bottom line. Gi equilibri globali sono in movimento, il fronte occidentale potrebbe diventare meno compatto se arriva Trump, ma anche nell’area emergente la leadership cinese è sempre più in discussione, con la possibilità di inediti assi trasversali tra i due gruppi. Il tutto può sfociare in volatilità emotiva sui mercati e anche in shock più o meno violenti. Che, come insegna l’esperienza degli ultimi anni, possono rappresentare per gli investitori opportunità importanti, se si hanno le munizioni per coglierle.
RIAFFERMATA L’UNITA’ DI INTENTI, MENO QUELLA DELLE AZIONI
L’unità di intenti è stata affermata solennemente, quella delle azioni un po’ meno, con alcuni grandi paesi europei come Germania e Francia preoccupati di una guerra commerciale con Pechino, da cui avrebbe “tutto da perdere” un’industria continentale ancora molto dipendente dalle esportazioni verso la superpotenza asiatica, come hanno rimarcato il tedesco Lindner e il francese Le Maire. In effetti, negli ultimi due anni la Cina ha risposto alla fuga degli investitori e alle barriere all’ingresso introdotte dai Paesi occidentali, soprattutto gli USA, con un formidabile aumento della capacità produttiva e degli investimenti minerari nei Paesi Emergenti, soprattutto in Africa e America Latina.
CINA ALL’ATTACCO DEI MERCATI EMERGENTI
Pechino ha spostato il flusso delle esportazioni verso gli altri emergenti in Asia e America Latina, un fenomeno poco visibile nei conti con l’estero, perché questi mercati sono stati aggrediti a prezzi stracciati, ma i volumi sono aumentati molto e hanno più che compensato le perdite nei Paesi sviluppati. Come nei casi di Messico e Cile, inondati di auto e acciaio made in China a costi non sostenibili dai produttori locali. Intanto i cinesi si accaparrano risorse minerarie essenziali per l’auto elettrica e l’energia verde in tutto il mondo.
TRUMP AL POSTO DI BIDEN POTREBBE NON CAMBIARE MOLTO
La segretaria al Tesoro USA Janet Yellen è molto più determinate sul contrasto alla Cina dei suoi colleghi di Germania e Francia, necessario per mantenere su un binario di crescita l’industria manifatturiera sulle due sponde dell’Atlantico, soprattutto nel campo delle tecnologie verdi. Una linea che non dovrebbe cambiare molto se Trump dovesse prendere il posto di Biden tra cinque mesi, mentre probabilmente l’approccio politico-militare sarebbe diverso, sia sul fronte Cina-Taiwan che su quello Russia-Ucraina.
PECHINO SI ACCAPARRA LE RISORSE PER LA TRANSIZIONE VERDE
Intanto i cinesi continuano ad andare alla conquista di risorse strategiche in tutto il mondo, dal litio al cobalto a tutti i minerali essenziali per la transizione energetica. E grazie alla capacità in continua crescita di raffinare e trasformare in componenti questi minerali nel 2023 la Cina è arrivata a controllare oltre la metà della produzione di veicoli elettrici a livello globale, al 60% della capacità manifatturiera per le turbine eoliche e a controllare l’80% di ciascuna fase delle catene di fornitura mondiali di pannelli solari. La BBC calcola che ormai la Cina controlla un terzo delle estrazioni del ‘Triangolo del Litio’, tra Argentina, Bolivia e Cile, il metallo che insieme a Cobalto, Nickel e Manganese è essenziale per tutte queste componenti, di cui i cinesi continuano ad assicurarsi l’estrazione in tutto il mondo, dal Sudamerica all’Africa, al Sudest asiatico fino persino all’Australia.
Bottom line. Gi equilibri globali sono in movimento, il fronte occidentale potrebbe diventare meno compatto se arriva Trump, ma anche nell’area emergente la leadership cinese è sempre più in discussione, con la possibilità di inediti assi trasversali tra i due gruppi. Il tutto può sfociare in volatilità emotiva sui mercati e anche in shock più o meno violenti. Che, come insegna l’esperienza degli ultimi anni, possono rappresentare per gli investitori opportunità importanti, se si hanno le munizioni per coglierle.
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