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Tu chiamale, se vuoi, elezioni

In pieno clima da elezioni europee, diamo un’occhiata più approfondita all’imprinting comunicativo dei candidati alla Casa Bianca: Biden e Trump, ma non solo

di Lorenzo Cleopazzo 9 Giugno 2024 09:30

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Forse vi sarà capitato di sentire – dal salumiere, dalla parrucchiera o dall’edicolante – che questo weekend si vota per il Parlamento europeo.

Probabilmente, mentre voi state leggendo queste parole, qualcuno ha appena messo una croce sul simbolo del partito scelto per questa tornata, mentre si appresta ad uscire da una cabina montata così e così nell’aula della scuola del proprio paese.

Chissà, magari voi siete già andati o avete in programma di andarci più tardi. Magari non avete un orario ben definito, ché tanto uno vale l’altro. Oppure, per voi andare ai seggi significa programmare come per le partenze intelligenti: per trovare meno coda possibile.

Quanti “forse”, eh? Menomale che oggi non parliamo delle europee. Ditelo al salumiere, alla parrucchiera o all’edicolante: oggi ci spostiamo di continente con un volo first class per Washington.

Siamo pronti al decollo, il comandante vi prega di allacciare le cinture e di godervi il viaggio.

SEGNI DI CEDIMENTO


Questi sarebbero stati mostrati da Joe Biden, secondo il Wall Street Journal.

In un report molto approfondito e di grande impatto, il quotidiano di New York afferma che il presidente uscente, in alcune occasioni a porte chiuse, avrebbe avuto un atteggiamento definito “poorly”. Tradotto: non si sarebbe comportato come ci si aspetterebbe da un presidente degli Stati Uniti. E tutto, secondo i suoi detrattori, dovuto alla sua età, parlando per esempio di riunioni di gabinetto in cui l’81enne Biden avrebbe rischiato di addormentarsi o si affidava agli appunti anche per sottolineare questioni ovvie. Questi comportamenti, continua il WSJ, non fanno altro che mettere benzina sul fuoco della campagna elettorale dei Repubblicani, scatenatissimi contro il presidente uscente che invece, dalla sua ha poche altre frecce da scoccare.

Ecco, spostiamoci un attimo sull’altra sponda dei seggi americani. Da “Sleepy Joe” all’uomo che gli ha affibbiato questo soprannome: il suo avversario, Donald Trump. Anche il Tycoon, infatti, mostra non pochi segni di cedimento, al centro di una serie di accuse e con una condanna sulle spalle ancora fresca, inflittagli dal tribunale di New York negli ultimi giorni di maggio. E poi c’è sempre la questione di Capitol Hill e il relativo “rischio per la democrazia” sventolato dai democratici.

Il primo dibattito tra i due sarà il 27 giugno prossimo, ma nessuno si aspetta granché. L’età avanzata contro le condanne, la mancanza di energie contro chi invece di energia ne avrebbe fin troppa: stando agli analisti, i temi della campagna elettorale del 2024 sembrano proprio gli stessi di quella del 2020. Con una differenza importante, però: i due contendenti, questa volta, non sono da soli sul ring.

THE MAGIC NUMBER


Il tre è il numero perfetto. Si dice, no? Magari valeva per i padri della Chiesa, per i filosofi Scolastici o per Dante e alcuni suoi colleghi poeti. Di certo non valeva per Cesare. E sì, quel Cesare.

Immaginate la scena: Roma, 60 a.C. Da una parte c’è Pompeo, abilissimo generale e politico di grande spicco, che dal suo grado chiedeva di poter essere rieletto al Senato nonostante qualche legge che glielo impediva; dall’altra c’è Crasso, un nobile romano che tra i marmi dell’Urbe chiedeva maggiori agevolazioni per la sua classe sociale; infine, in un angolino, un po’ acquattato, c’era Cesare che non chiedeva altro che una spintarella per buttarsi nella politica che contava. Mettiamo assieme tre uomini ambiziosi, ognuno con le proprie mire, shakeriamo il giusto, ed ecco che nasce il primo Triumvirato. Come va avanti la storia? Tutti e tre inizialmente ottengono quello che volevano, ma le loro mire politiche non si fermano. Tira tu che tiro io, alla fine a spuntarla – lo sappiamo – fu proprio colui che inizialmente era il più in disparte dei tre, quello meno conosciuto, il profilo più basso.

IL TERZO INCOMODO


Un nome pesante non è sempre sinonimo di un nome scomodo. Vale per tutti i “Cesare” che hanno preso questo titolo da imperatori di Roma, così come per Robert F. Kennedy Jr, scrittore e avvocato, nonché nipote di JFK. Nella sfida con due giganti della politica come Biden e Trump, lui ha scelto di gareggiare per sé: nessun partito, solo tanta voglia di tuffarsi a capofitto in una sfida persa in partenza. Ex membro dei democratici, ma con posizioni vicine a quelle repubblicane più estreme. Insomma, un basso profilo, che non appena ha messo la testa fuori dal suo angolino per prendere parte a questo triumvirato moderno, ha frammentato l’opinione pubblica americana: ci sono elettori – pochi – che lo vedono come unica alternativa a due figure già trite e ritrite, e ci sono invece quelli – un po’ di più – che lo legano a tutte le vicende di disinformazione no-vax e compagnia di cui si è fatto portatore. Insomma, non proprio una figura positiva secondo l’opinione pubblica. Ora sì che invece il nome di Kennedy è diventato scomodo, e non certo per suo nonno. Anche John Fitzgerald ha scalato le gerarchie della politica partendo dal basso, e se forse ha diviso meno l’opinione pubblica di Cesare, di certo ha avuto un impatto fondamentale proprio come il senatore romano. Non si può dire la stessa cosa di Robert, che a differenza di Cesare se la vede con due grossi nomi molto più affannati di Pompeo e Crasso. Di fronte al disincanto di una campagna elettorale già vista e poco spettacolare – come piace invece agli americani - gli Usa potrebbero chiedersi se hanno davvero solo due scelte, una volta impugnata la matita in cabina. La risposta, con ogni probabilità, già la conosciamo.

BONUS TRACK


Che poi, avete presente il famoso “alea iacta est”? Ecco, sarebbe stata pronunciata da Cesare mentre attraversava il Rubicone nonostante il divieto di Pompeo di rientrare in Italia dalla Gallia. Il profilo basso del primo Triumvirato, però, non solo rientra in Italia, ma sconfigge e fa fuggire Pompeo dalla penisola, sbaragliando definitivamente i suoi avversari, ben più grossi e potenti di lui.

Alla faccia del profilo basso.

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