Politica e finanza

La Francia spaventa i mercati ma non è la nuova crisi del debito e l’euro tiene

Gli allarmi sulla deriva populista investono banche e titoli di Stato francesi e italiani ma per ora sono prese di beneficio mentre neanche Le Pen parla di exit dalla moneta unica. La scommessa di Macron

di Stefano Caratelli 17 Giugno 2024 07:51

financialounge -  Bullettin euro francia mercati
Come ha scritto l’economista di una grande banca globale, è “inevitabile” che negli investitori si insinui il parallelismo tra le turbolenze che stanno investendo l’Eurozona e la crisi del debito di quasi 15 anni fa. Ma per ora, nonostante le drammatizzazioni, non se ne vedono serie avvisaglie. I bancari hanno ceduto pesantemente a Parigi e Milano, ma siamo nell’area delle prese di profitto che di solito vanno su quello che era salito di più, mentre anche le tensioni sugli spread di Italia e Francia sono contenute e non da allarme rosso. Macron con le elezioni anticipate fa una scommessa che pensa di non perdere: se riesce a compattare un fronte repubblicano rimette all’angolo Le Pen, che se invece vince dovrà governare, mestiere meno facile dell’opposizione, con un presidente che resta comunque capo dell’esecutivo fino al 2027 e le può rendere la vita difficile, in quanto a lui riporterebbe comunque un primo ministro di espressione lepeniana.

NESSUN "ALLARME EUROPA" TRAPELATO DAL G7


Intanto il G7 appena concluso in Puglia è rimasto concentrato sui pericoli “esterni”, a cominciare dalla guerra in Ucraina, e nessun allarme sulla tenuta dell’Eurozona è trapelato, neanche indirettamente. Il termine “exit” sembra definitivamente uscito dal linguaggio dei populisti europei, oggi più concentrati sull’insofferenza per la disciplina fiscale. Ma anche qui il caso italiano insegna che, quando si è al governo, la convenienza a non sgarrare troppo prevale, e il discorso potrebbe valere anche per Le Pen se mai le riuscisse il colpaccio elettorale. Intanto il dollaro resta forte, ma più per la traiettoria diversa di crescita economica e di politica monetaria rispetto non solo all’Europa che per la debolezza della moneta unica, che tutto sommato non si è allontanata troppo dall’area 1,10 e si mantiene comunque a distanza di sicurezza dalla parità.

EURO COMUNQUE A DISTANZA DAI LIVELLI DI GUARDIA


Di recente il WSJ ha fatto un titolone sul biglietto verde forte oggi come negli anni 80, quando la sconfitta dell’inflazione e la forte crescita orchestrate dall’accoppiata Ronald Reagan-Paul Volker lo aveva spinto tanto in alto da costringere i Paesi sviluppati a cercare di arginarlo con i famosi accordi del Plaza nel 1985 e del Louvre due anni dopo. Ma allora si confrontava con monete europee in ordine sparso, esposte a violente svalutazioni come la lira italiana e la sterlina britannica. Oggi l’euro, partito in discesa a inizio millennio in area 0,80 su dollaro e poi schizzato fino a quasi 1,60 nell’imminenza del crac Lehman, si è stabilizzato non lontano dal cambio di debutto a 1,1686. I livelli di guardia sono 1,20 sulla fascia alta, che penalizza troppo l’export, e la parità all’estremo opposto, pericolosa perché fa imbarcare inflazione.

GERMANIA ANELLO DEBOLE PIÙ DI FRANCIA E ITALIA


La forza del dollaro è dovuta alla debolezza di valute, come yen e sterlina, non a quella dell’euro, che grazie alla Bce si è mostrato negli ultimi 15 anni una solida àncora sia a fronte di shock esterni violenti, come pandemia e guerre, sia della volatilità estrema dell’inflazione da questi causata. Il quadro potrebbe essere scombinato da una nuova presidenza Trump o da un terremoto politico in Europa, dove sta per iniziare la complicata partita del rinnovo della governance dell’Unione. Più che la Francia o l’Italia, da un punto di vista strutturale l’anello debole sembra essere la Germania, dove la crescita economica non ha più le sponde di Russia e Cina mentre l’estremismo dell’AfD, che ha clamorosamente sorpassato alle europee la SPD, ha una faccia più minacciosa del Rassemblement di Le Pen, che oltretutto vorrebbe fare un governo di unità nazionale se dovesse vincere le elezioni anticipate.

BANCHE CENTRALI DIVENTATE GARANZIA DI STABILITÀ


Bisogna anche tener conto che dopo il doppio shock della crisi finanziaria e di quella del debito europeo le banche centrali sulle due sponde dell’Atlantico hanno tenuto insieme il sistema, facendo da guida anche alle politiche fiscali e di bilancio. Non può essere la normalità, la politica deve tornare al comando anche in economia, ma banche centrali indipendenti sono anch’esse il prodotto indiretto della governance democratica che ha in libere elezioni il suo meccanismo principale. Nelle prossime settimane vedremo come e se la politica riesce a tornare protagonista in Europa. Poter contare anche su istituzioni saldamente ancorate alla governance democratica per tenere la rotta monetaria e finanziaria sicuramente aiuta. Il buon bilanciamento delle due monete globali di riferimento finora tiene, e resta una garanzia di stabilità su un percorso di crescita economica protetto dalla minaccia dell’inflazione e dagli shock esterni e interni.

Bottom line. Più che farsi spaventare da una nuova crisi dell’euro in arrivo, gli investitori dovrebbero guardare con fiducia a un euro e a mercati finanziari che tutto sommato tengono anche a fronte di forte volatilità politica, e guardare a occasioni di ingresso che potrebbero aprirsi sul mercato azionario europeo alla ricerca di alternative o almeno di contrappesi rispetto ai sempre più costosi big tech americani.

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