Investimenti sostenibili

DPAM: le priorità della governance aziendale

Dalla salvaguardia dei diritti degli shareholder al cambiamento climatico, DPAM ha individuato sei temi fondamentali di confronto con le aziende come parte della sua politica di voto

di Redazione 24 Giugno 2024 12:39

financialounge -  DPAM ESG good governance
A fine 2023 è stato pubblicato il Corporate Governance Factbook: nel documento vengono rivisitati i principi di governance aziendale dell’OCSE e mostrate le modalità di implementazione di questi principi a livello mondiale. DPAM considera la governance un pilastro fondamentale per raggiungere determinati risultati ambientali, sociali e finanziari; come parte della propria politica di voto, ha definito sei tematiche prioritarie su cui si confronta sistematicamente con le aziende ancora non allineate con le best practice e i principi OCSE.

SHAREHOLDER: UN’AZIONE, UN VOTO, UN DIVIDENDO


I principi OCSE enfatizzano l’importanza della salvaguardia dei diritti degli azionisti, come la possibilità di partecipare e di votare durante le riunioni generali. Anche se negli ultimi anni si è registrato un notevole aumento delle società che emettono azioni a voto multiplo, allontanandosi così dall’“un’azione, un voto, un dividendo”, DPAM abbraccia questo principio che garantisce parità di trattamento a tutti gli azionisti, e si oppone all’adozione di misure che potrebbero limitare i loro diritti, come ad esempio la creazione di azioni con diritti speciali o di classi azionarie prive di diritto di voto, salvo i casi in cui queste misure siano necessarie per la salute sul lungo periodo dell’azienda.

INDIPENDENZA NEI CDA E COMITATI DI REVISIONE


Quasi tutte le giurisdizioni presenti nel Factbook hanno introdotto un requisito o una raccomandazione riguardo a una percentuale minima di amministratori indipendenti nel CDA. Il requisito più comune prevede che due o tre membri del consiglio d’amministrazione (o almeno il 30% dello stesso) siano indipendenti, mentre la raccomandazione più comune consiglia che almeno il 50% degli amministratori sia indipendente.

In linea con le best practice, DPAM richiede un quadro di riferimento solido per quanto riguarda la composizione e l’indipendenza degli amministratori del CDA: suggerisce che il consiglio delle società controllate sia composto per almeno un terzo da amministratori indipendenti, valore che sale al 50% per quanto riguarda le entità non controllate.

Per quanto riguarda i comitati, l'istituzione di comitati di revisione è una prassi quasi universale in tutte le giurisdizioni. Anche i comitati per le nomine e remunerazioni, sebbene non abbiano lo stesso livello di obbligatorietà, sono ampiamente incoraggiati. I requisiti legali possono variare, ma le raccomandazioni prevalenti rimangono quelle sull’indipendenza, specialmente all’interno dei comitati di revisione. Viene inoltre sottolineata l'importanza dei presidenti dei comitati indipendenti, particolarmente nei comitati di revisione, dove i requisiti per l’indipendenza sono più comuni.

DPAM incoraggia le società quotate in cui investe a istituire tre importanti comitati a livello di CDA: il comitato di revisione, quello per le nomine e remunerazioni e quello per la sostenibilità; è importante che essi siano indipendenti per almeno i due terzi, e che lo sia il presidente del comitato, per adempiere efficacemente alle proprie responsabilità di monitoraggio della performance dei dirigenti, di prevenzione dei conflitti d’interesse e di bilanciamento delle esigenze contrastanti dell’azienda.

IL CAPITOLO RETRIBUZIONI


Nella maggior parte delle giurisdizioni gli azionisti hanno voce in capitolo sulle politiche e sui livelli retributivi : l'88% di esse prevede infatti votazioni vincolanti o consultive, il 51% di queste giurisdizioni richiede voti vincolanti sui livelli retributivi, mentre un ulteriore 27% raccomanda voti consultivi. Esiste un'ampia gamma di meccanismi di “say on pay”, che comprendono ambiti di approvazione che vanno dagli obiettivi politici generali a specifici livelli di retribuzione dei dirigenti.

Il panorama della divulgazione delle retribuzioni individuali si è trasformato significativamente negli ultimi anni: oggi questa informazione viene richiesta nel 94% delle giurisdizioni, tipicamente per i membri del CdA e per i dirigenti chiave. DPAM sostiene politiche remunerative allineate con la strategia aziendale, gli interessi a lungo termine e la sostenibilità, incoraggiando la divulgazione per permettere agli azionisti di valutare l’equità e le contribuzioni di performance. La divulgazione delle retribuzioni su base individuale è considerata da DPUM una buona pratica, e tra le componenti chiave di un’efficace politica di remunerazione sono inclusi specifici obiettivi di performance per piani d’incentivazione a breve e lungo termine, integrazione di KPI ambientali e sociali negli obiettivi di performance e disposizioni di recupero.

SEPARAZIONE TRA CEO E PRESIDENTE


Nelle giurisdizioni con sistemi di CDA one-tier (composti esclusivamente dal CDA, senza consiglio di supervisione indipendente), solo il 34% impone la separazione dei ruoli di presidente del CDA e di CEO, mentre un ulteriore 40% la promuove tramite codici o incentivi. Nei sistemi two-tier, in cui è previsto un consiglio d’amministrazione di supervisione indipendente, si presume che la separazione sia richiesta come parte della normale struttura del consiglio di sorveglianza e del CDA. DPAM sostiene la necessità di una presidenza indipendente per garantire una solida governance aziendale in entrambe le tipologie di sistemi. La responsabilità del consiglio d’amministrazione include la direzione strategica, la supervisione della gestione e la rendicontazione degli azionisti, il che richiede un giudizio imparziale e libero dall’influenza del management, nonché un appropriato bilanciamento dei poteri per aumentare la responsabilità e migliorare la capacità decisionale del CDA, in modo indipendente dal management.

DIVERSITÀ DI GENERE NEL CDA


Oggi molte giurisdizioni richiedono o raccomandano che le società quotate rendano nota la composizione di genere a livello sia di CDA che di senior management, e alcune applicano quote obbligatorie o obiettivi volontari per la rappresentanza femminile nei consigli d’amministrazione.

Dal 2018, molte giurisdizioni hanno implementato misure per promuovere la partecipazione delle donne alla leadership aziendale, principalmente attraverso requisiti di divulgazione, mandati normativi come le quote e obiettivi volontari. Il 60% delle giurisdizioni intervistate prevede disposizioni obbligatorie per la divulgazione della composizione di genere dei CDA, mentre il 27% richiede la divulgazione del senior management. Anticipando ulteriori progressi futuri, la nuova Direttiva UE impone quote di genere bilanciate per le grandi aziende quotate europee: entro il 30 giugno 2026 verrà richiesto che il sesso meno rappresentato sia presente per almeno il 40% tra i membri non esecutivi del CDA o il 33% tra tutti gli amministratori.

In linea con questa direttiva, DPAM raccomanda una composizione diversificata del consiglio d’amministrazione, che comprenda professionisti con competenze, esperienze e background diversi, anche in termini di diversità di genere ed etnica. L’aspettativa è che le società abbiano almeno un terzo di rappresentanza del genere sottorappresentato nei loro consigli di amministrazione, a meno che le normative locali non prevedano una percentuale più alta.

CAMBIAMENTO CLIMATICO E AZZERAMENTO EMISSIONI


DPAM, nell’ambito del suo impegno per la sostenibilità, ha aderito all’Iniziativa Net-Zero Asset Managers (NZAM), che si pone come obiettivo l’azzeramento delle emissioni entro il 2050 tramite Science-Based Targets (STB). Questo comporta l’investimento in aziende con STB convalidati o l’assistenza alle aziende partecipate nella definizione di questi obiettivi. La politica di voto di DPAM si allinea a questo principio, concentrandosi sui rischi e sulle opportunità climatici, sull’iniziativa NZAM e sulle proposte Say on Climate. Essa si basa infatti in via prioritaria sulle migliori pratiche di transizione climatica, cercando impegni Net Zero, obiettivi allineati a 1,5 °C, piani di decarbonizzazione e reportistica allineata al TCFD. Sebbene non voti sistematicamente contro le proposte non conformi, DPAM ne sostiene l’allineamento e richiede alle aziende di divulgare i propri progressi sui piani di transizione, nonché le implicazioni dei risultati di voto.

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