La tendenza

La crisi degli influencer, ora le aziende non pagano più come prima

Dagli Usa all’Italia, sembra essere cominciata l’era del de-influencing. I creator guadagnano sempre meno perché i marchi scelgono altre strategie di comunicazione e i compensi delle piattaforme sono in calo

di Antonio Cardarelli 24 Giugno 2024 11:32

financialounge -  chiara ferragni economia influencer
Tempi duri per gli influencer e per il loro giro d’affari. Prima Instagram e YouTube, poi Twitch e TikTok sembravano aver lanciato personaggi “nati” online, definitivamente decollati anche grazie al lockdown. Ma ora le cose sembrano essere cambiate, perché – complici anche alcuni casi come quello del pandorogate in Italia che ha coinvolto Chiara Ferragni – le aziende spendono meno, e vogliono sapere se le migliaia di euro investite negli influencer abbiano una ricaduta reale sulle vendite.

IL CASO DI CLINT BRANTLEY


La parabola di Chiara Ferragni in Italia è stata un campanello d’allarme per tutto il settore dell’influencer marketing. Ma la conferma di una crisi latente arriva anche dagli Usa, come dimostrano le cifre riportate in un articolo di approfondimento del Wall Street Journal. Il quotidiano economico cita diverse star dei social media, come per esempio Clint Brantley, diventato famoso per i contenuti postati su TikTok, Twitch e YouTube legati al videogioco Fortnite. Brantley può contare su oltre 400mila follower e ogni suo video ottiene in media 100mila visualizzazioni. Ma il suo reddito del 2023 è stato inferiore alla media dei lavoratori americani, quindi meno di 58mila dollari.

TANTO LAVORO E INCASSI IN CALO


Brantley confessa al Wall Street Journal di vivere ancora a casa dei genitori perché, non potendo contare su introiti sufficienti e nemmeno certi, non può pagare un affitto né tantomeno un mutuo. Inoltre, cosa valida per tutti i content creator, in caso di malattia niente contenuti e quindi niente incassi e, cosa non banale negli Usa, gli influencer devono pagarsi di tasca loro l’assicurazione sanitaria. Nel 2023 il mito dell’influencer che diventa ricco e famoso postando pochi contenuti in poco tempo sui social è stato sfatato. In primis perché nella maggior parte dei casi la produzione dei contenuti richiede ore e ore di lavoro tra pianificazione, riprese, montaggio e promozione sui social. E soprattutto perché gli incassi, solitamente derivanti da “mance” dei follower, abbonamenti e sponsorizzazioni delle aziende sono in calo.

LA CRISI DEGLI INFLUENCER


Secondo una ricerca di Goldman Sachs nel mondo circa 50 milioni di persone guadagnano denaro dai contenuti che postano online. Ma come evidenziato dall’agenzia di marketign NeoReach, nel 2023 il 48% dei creator ha guadagnato non più di 15mila dollari e solo il 13% ha superato i 100mila dollari. Ovviamente gli introiti hanno anche a che fare con il tempo che gli influencer dedicano ai contenuti, ma di certo coloro che vivono di questo devono dedicarci la maggior parte delle loro giornate. Senza dimenticare, come sottolinea il Wall Street Journal, che i creator sono completamente dipendenti dagli algoritmi delle piattaforme. Cosa evidente, per esempio, su TikTok, che all’inizio dava molta più visibilità (e compensi) per poi cambiare repentinamente, come racconta l’influencer Yuval Ben-Hayun. O come dimostra il caso di Danisha Carter, creator da 1,8 milioni di follower su TikTok che nel 2023 ha incassato 12mila dollari dal social.

LA TENDENZA IN ITALIA


Anche in Italia, dopo la “sbornia” da Ferragnez degli anni scorsi, sembra che le cose stiano cambiando. Le aziende sono meno disposte a investire ciecamente sugli influencer, chiedono a questi ultimi riscontri tangibili sui prodotti pubblicizzati, e in generale il pubblico sembra meno propenso a seguire i consigli dei creator più famosi. Il risultato è che le aziende, piano piano, stanno tornando a far pubblicizzare i prodotti a sportivi, attori e personaggi famosi che possono comunque contare su una presenza forte online.

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