L'America divisa

Biden resta la miglior scelta per i Dem anche dopo l’attentato a Trump

Finora gaffe e le incertezze avevano mosso poco i sondaggi, ora si inserisce una nuova variabile fatta anche della combattività di The Donald. Misurare la distanza tra parole e fatti resta la chiave

di Stefano Caratelli 15 Luglio 2024 07:59

financialounge -  attentanto Biden Trump USA
Mentre Joe Biden era sotto il fuoco amico dei molti che dagli attici di Manhattan alle ville di Beverly Hills gli chiedevano di abbandonare la sfida per la Casa Bianca, Donald Trump è finito sotto gli spari veri. Le conseguenze sul voto di novembre sono tutte da valutare. La reattività anche “fisica” del presidente che è corso a Washington, ha chiamato il rivale e sospeso gli spot della campagna, seguito da tutto il partito, potrebbe svelenire il clima confermando anche che è il miglior candidato che i Dem possano mettere in campo. Ma potrebbe anche scattare un “effetto martire e eroe” acceso dall’immagine del volto insanguinato di Trump che alza combattivo il pugno dopo l’attentato, capace forse di ribaltare i sondaggi che fino a subito prima lo davano testa a testa con Biden.

TRUMP COMBATTENTE, BIDEN COMMANDER IN CHIEF


Se Trump si è mostrato il combattente che è, e la sua immagine con il pugno chiuso sotto la bandiera a stelle e strisce diventa il nuovo manifesto elettorale. Ma anche Biden si è comportato da commander in chief, senza ombra di gaffes, nonostante l’opinione che non sia all’altezza, diffusa e molto interessata, tra le élite democratiche che popolano le due coste che si affacciano sull’Atlantico e sul Pacifico, che restano comunque distanti dalla sterminata “flyover country”, la grande pancia degli USA che i volti più noti dei Dem sorvolano senza spesso conoscerla troppo. Subito dopo il “disastroso” dibattito televisivo con Trump, negli Stati chiave, i cosiddetti swing states, Biden aveva accorciato a soli due punti il distacco con il rivale, come ha notato Bloomberg, e secondo un recentissimo sondaggio NPR/PBS News/Marist, riportato dal Drudgereport, manteneva addirittura un vantaggio a livello nazionale sempre di due punti: 50/48, con solo un 2% di indecisi.

DIETRO BIDEN C’È UNA SQUADRA SOLIDA


Le gaffe e i “vuoti” indubbiamente sono sotto gli occhi di tutti, ma lo è anche la lunga lista di decisioni azzeccate da Biden sia in politica estera che in economia da quando è alla Casa Bianca, come mostrano una crescita senza rivali nel mondo sviluppato e una Wall Street che infila un record dietro l’altro. Il fatto è che il Presidente degli Stati Uniti non è un uomo solo che si tiene tra le mani una testa confusa chiuso nello Studio Ovale, ma il capo e il volto pubblico di una squadra che nel caso di “sleepy Joe” è di prim’ordine, a partire da Anthony Blinken al Dipartimento di Stato e Janet Yellen al Tesoro, per fare i due nomi più importanti. È un tratto ricorrente nella storia delle “grandi” presidenze, Reagan prima e Bush senior poi potevano contare sul mitologico James A. Baker, che dal Tesoro insieme a Paul Volker sconfisse l’inflazione galoppante e poi fu il regista della vittoria nella prima Guerra del Golfo da segretario di Stato.

LA MISSIONE IMPOSSIBILE DI HILLARY NEL 2016


Forse Biden avrebbe fatto bene ad ascoltare chi gli chiedeva di correre contro Hillary Clinton alle primarie Dem del 2016. Avrebbe probabilmente battuto Trump, mission impossible per l’ex First Lady che per la pancia dell’America impersonava le detestate élite costiere, e di Trump politico non si sarebbe più parlato. Anche se i primi quattro anni di The Donald non sono stati così male, con mosse molto azzeccate sia in economia che in politica estera, con il contrasto alla Cina pigliatutto e l’apertura di un processo di distensione in Medio Oriente dialogando con i sauditi.

PAROLE, FATTI, E “FATTORE FED”


La distanza tra parole e fatti sembra il tratto che in qualche modo accomuna Trump e Biden. Il primo non riesce, o non vuole trattenerle, è il suo modo di scaldare i fan più scalmanati, ma quando passa alle decisioni concrete prevalgono, almeno nell’esperienza presidenziale fino al Covid, la concretezza e l’efficacia politica. Il secondo nelle parole involontariamente inciampa o se le dimentica proprio, ma quelle che contano sono scritte nei comunicati ufficiali che rispecchiano le decisioni dell’Amministrazione, anche se firmati dal Presidente. A favore di Biden gioca anche il “fattore Fed”, con cui ha sempre evitato accuratamente di interferire, anche se impegnata in una dura e per certi versi dolorosa lotta all’inflazione, a differenza di Trump che invece attaccava frontalmente Powel “colpevole” di non abbassare i tassi.


PREMIATA LA LOTTA CONTRO L’INFLAZIONE


Un’economia in buona salute, oggetto d’invidia nel resto del mondo sviluppato, e mercati finanziari che brillano, con un effetto benessere sui bilanci delle famiglie e dei consumatori, sono stati il premio per aver lasciato la Fed fare il suo lavoro nonostante le previsioni fosche secondo cui avrebbe fatto sprofondare gli USA in recessione. Adesso parte a Milwaukee, in Wisconsin, una Convention Repubblicana che si preannuncia ancor più senza storia dopo gli spari, con l’unico punto interrogativo sul nome che Trump sceglierà come vice. Per quella Democratica di Chicago bisogna aspettare ancora più di un mese, in cui si vedrà se alle élite costiere riesce di far fuori Biden, proiettando probabilmente così il partito verso una missione suicida come quella di Hillary nel 2016.

Bottom line. Se Biden sopravvive al fuoco amico delle élite Dem e magari riesce anche a battere Trump è sicuramente una buona notizia per mercati e investitori, ma anche una vittoria di Trump, magari galvanizzato dall’attentato, nel caso che a Chicago prevalgano le pulsioni suicide, sarebbe uno shock sostenibile e probabilmente temporaneo. I rischi riguardano più la politica estera, ma anche qui andranno misurati sui fatti e non sulle parole. E per fortuna la Fed ha quasi finito il lavoro, per cui The Donald potrà godersi il calo dei tassi senza dover cercare di forzare la mano.

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