Trend di investimento
Capital Group: i mercati azionari hanno ancora spazio per crescere
Un ulteriore rialzo è possibile e le opportunità di investimento più interessanti sono nell'intelligenza artificiale, società tech, aerospaziale, India e Giappone
di Redazione 19 Luglio 2024 17:45
Gli investitori non devono farsi spaventare dai picchi massimi. Questa la premessa da cui parte l’outlook sui mercati azionari per il secondo semestre 2024 di Capital Group. “Su lunghi periodi i mercati si sono mossi tendenzialmente al rialzo raggiungendo nuovi massimi numerose volte nei cicli precedenti”, spiega Julie Dickson, Investment Director azionario della società. Anche se le flessioni sono inevitabili e possono sempre verificarsi, “la storia ci insegna che i nuovi massimi hanno spesso rappresentato un buon punto d’ingresso per gli investitori di lungo periodo”.
La premessa di Dickson si basa su un’analisi dello storico. “Dal 1950, ogni volta che l’Indice S&P 500 ha toccato il suo primo massimo su un orizzonte di almeno un anno, i titoli hanno poi prodotto un rendimento medio del 17,1% per i successivi 12 mesi. Un investitore avrebbe realizzato dei guadagni in ciascuno di questi periodi salvo all’inizio della crisi finanziaria globale nel 2007. Per questo ci focalizziamo su temi come la globalizzazione, la produttività e l’innovazione, che sono potenti motori di crescita”. Eventuali battute d’arresto sono dunque da considerare fisiologiche. “Non mancheranno le flessioni, ma questo non cambia la traiettoria a lungo termine. Dunque, in linea generale assumo un posizionamento orientato a un apprezzamento del mercato. Quali conclusioni si possono trarre? Storicamente i mercati rialzisti sono stati più lunghi rispetto ai mercati ribassisti, determinando nuovi massimi all’interno di ciascun ciclo”.
Tra le opportunità di investimento più interessanti c’è naturalmente quella rappresentata dall’intelligenza artificiale, che promette di trasformare l’industria e il mondo del lavoro. “Per gli investitori la chiave del successo consisterà nel comprendere lo ‘stack’ dell’IA, e cioè i quattro livelli di tecnologia che consentono il funzionamento dell’intelligenza artificiale”, argomenta Dickson. “Le società cercano di posizionarsi per il successo in ciascuno di questi livelli: semiconduttori, infrastrutture, applicazioni e modelli IA. Alphabet, Meta e Microsoft investono decine di miliardi di dollari per ottenere una posizione dominante in più di un livello”.
Parlando di semiconduttori, la posizione dei leader nella produzione di chip, come Nvidia, Broadcom e Micron, appare solida: potrebbero continuare a mantenere una quota di mercato dominante per anni. “Stiamo valutando ciascun livello dello stack per determinare quali società hanno migliori chance di vittoria”, spiega Dickson. “In alcuni livelli come i semiconduttori, la risposta è relativamente ovvia perché apparentemente sono poche le società che possiedono le caratteristiche tecniche e finanziarie per poter competere con successo”.
Il tech può fungere inoltre da traino per altri settori. Dickson fornisce al proposito un esempio: “Poiché i data center dell’IA richiedono ampi quantitativi di elettricità, la costruzione trainerà la domanda di una serie di fonti di energia, ivi incluso il nucleare. A giugno 2023, Microsoft ha chiuso un accordo con Constellation Energy per rifornire di energia nucleare uno dei suoi centri dati”.
Sarebbe da sfatare il mito per cui le società del tech non fanno dividendi. A lungo considerati appannaggio di settori maturi con prospettive di crescita in rallentamento, i dividendi secondo Dickson stanno guadagnando il favore dei colossi della tecnologia dell'informazione. “Meta, Alphabet e Salesforce hanno introdotto dividendi nella prima metà del 2024, e il relativo annuncio segna un cambio radicale di narrativa. Il dividendo di Meta e Alphabet può essere considerato un segnale di disciplina di capitale tra gli innovatori tech nonché un impegno nei confronti degli azionisti”.
In fondo le società tech nel 2023 hanno versato il 14,1% dei dividendi liquidi totali per le società dell’Indice S&P 500, posizionandosi al secondo posto in termini di contributo settoriale in dollari. “Anche se i dividend yield di molte società tech sono modesti, gli importi in dollari sono enormi e ci aspettiamo una continua crescita degli utili sia quest’anno che nel 2025. In futuro, l’ampliamento del mercato dovrebbe creare per le strategie orientate ai dividendi un’opportunità per generare reddito e partecipare appieno all’apprezzamento del mercato. Per gli investitori orientati al reddito corrente – continua Dickson – le società attive nei settori della tecnologia e dell’aerospaziale hanno introdotto o incrementato i dividendi. I produttori di semiconduttori Broadcom e Texas Instruments e il conglomerato General Electric che si occupa di produzione e manutenzione di motori per jet, hanno incrementato i loro dividendi dalla fine del 2023”.
I viaggi aerei sono ormai tornati ai livelli prepandemia. Considerando i passeggeri in crescita e le limitazioni delle supply chain, secondo l’Investment Director azionario di Capital Group il settore aerospaziale potrebbe essere all’inizio di un superciclo. “Oltre a prevedere qualche altro anno di crescita della domanda superiore alla media, il driver più interessante riguarda forse il lato offerta, con il backlog dei nuovi aeromobili che si estende al 2030. Mercati come l’India e la Cina stanno incrementando i loro ordinativi sulla scia dell’ampliamento dei viaggi aerei in risposta all’ascesa della classe media. In un settore dominato da due produttori, Boeing e Airbus, è difficile non pensare al conseguente potere di determinazione dei prezzi”.
Per Dickson l’aumento della domanda nel settore ha un effetto secondario altrettanto interessante. “Gli aeromobili esistenti volano più a lungo, e necessitano di più manutenzione. Quasi il 70% degli aeromobili commerciali in servizio ha più di cinque anni e il 32% più di 12. Queste dinamiche danno un’ulteriore spinta alle società che si occupano dei servizi aftermarket, un business che già di per sé offre margini interessanti. I fornitori di componenti come Safran e Melrose Industries traggono un valore significativo dai ricavi ricorrenti generati dai prodotti esistenti”, spiega l’analista di Capital Group. “Spesso sono più redditizie le parti di ricambio rispetto alla vendita iniziale perché le componenti sono sottoposte a manutenzione diverse volte lungo il ciclo di vita di un aereo. Caratteristiche durevoli come questa forniscono fondamenta solide per un potenziale di investimento a lungo termine”.
Riforme societarie, crescita dei salari e rivoluzione digitale sono gli ingredienti che stanno aiutando il Giappone a uscire da decenni di deflazione. “I policymaker spingono le aziende a dare la priorità agli azionisti, mentre il governo ha istituito un’agenzia digitale per chiudere il divario con i competitor globali in materia di innovazione. La digitalizzazione – nota Dickson – è la chiave per superare le sfide demografiche e incentivare la produttività, e questo focus sta trainando la domanda di prodotti di società come il produttore di soluzioni software OBIC e lo specialista del distance learning JustSystems. Nel frattempo, il costo ridotto di fare business in Giappone sta attirando investimenti diretti esteri”.
Anche l’industria dei semiconduttori giapponesi, spiega l’Investment Director azionario di Capital Group, sta vivendo un buon momento. “Pur non offrendo produttori avanzati o fonderie globali, aziende come Tokyo Electron producono materiali essenziali per la supply chain. Nel frattempo, le società globali stanno localizzando la produzione in Giappone; ne è un esempio l’impianto Kumamoto di TSMC. Il revival del capex e gli investimenti diretti esteri sono fattori reflazionistici. La recente apertura dello stabilimento Kumamoto di TSMC è considerata un successo, grazie alla disponibilità di risorse di progettazione, mentre l’apertura in Arizona ha risentito dei costi elevati, anche degli ingegneri stessi. Questo fa ben sperare per i futuri investimenti diretti esteri in Giappone”.
Si prospettano cambiamenti importanti anche per quanto riguarda i mercati emergenti, soprattutto a causa della riprogrammazione delle supply chain globali. “L’India, che sta divenendo una buona alternativa alla Cina – analizza Dickson – per la produzione di telefoni cellulari ed elettrodomestici, ne è un esempio. L’ascesa dell’India rappresenta comunque un trend più ampio. La crescita delle infrastrutture sta accelerando, i nuovi hub manifatturieri stanno incentivando le economie regionali e la transizione energetica mondiale sta spingendo gli investimenti esteri verso un mix più ampio di Paesi in via di sviluppo per soddisfare le esigenze produttive e di risorse naturali”.
Quella indiana non è, secondo l’Investment Director azionario di Capital Group, l’unica situazione da osservare con attenzione quando si considera la diversificazione delle supply chain operata dalle multinazionali. “Si tratta di un’opportunità interessante per Paesi come l’India, il Messico e l’Indonesia perché amplia le opzioni di investimento per i produttori in Europa e negli USA. Nel frattempo l’ampio sell-off in Cina ha creato opportunità per investire selettivamente in aziende con flussi di cassa solidi e quote di mercato dominanti, tra cui alcuni colossi tecnologici. Inoltre – conclude Dickson – gran parte dei mercati emergenti scambia con le valutazioni più ridotte su 10 anni su base prezzo/utili, e le banche centrali in molti di questi Paesi hanno ampio margine per tagliare i tassi d’interesse”.
I MERCATI RIALZISTI DURANO DI PIÙ
La premessa di Dickson si basa su un’analisi dello storico. “Dal 1950, ogni volta che l’Indice S&P 500 ha toccato il suo primo massimo su un orizzonte di almeno un anno, i titoli hanno poi prodotto un rendimento medio del 17,1% per i successivi 12 mesi. Un investitore avrebbe realizzato dei guadagni in ciascuno di questi periodi salvo all’inizio della crisi finanziaria globale nel 2007. Per questo ci focalizziamo su temi come la globalizzazione, la produttività e l’innovazione, che sono potenti motori di crescita”. Eventuali battute d’arresto sono dunque da considerare fisiologiche. “Non mancheranno le flessioni, ma questo non cambia la traiettoria a lungo termine. Dunque, in linea generale assumo un posizionamento orientato a un apprezzamento del mercato. Quali conclusioni si possono trarre? Storicamente i mercati rialzisti sono stati più lunghi rispetto ai mercati ribassisti, determinando nuovi massimi all’interno di ciascun ciclo”.
IA: COMPRENDERE LO STACK È LA CHIAVE DEL SUCCESSO
Tra le opportunità di investimento più interessanti c’è naturalmente quella rappresentata dall’intelligenza artificiale, che promette di trasformare l’industria e il mondo del lavoro. “Per gli investitori la chiave del successo consisterà nel comprendere lo ‘stack’ dell’IA, e cioè i quattro livelli di tecnologia che consentono il funzionamento dell’intelligenza artificiale”, argomenta Dickson. “Le società cercano di posizionarsi per il successo in ciascuno di questi livelli: semiconduttori, infrastrutture, applicazioni e modelli IA. Alphabet, Meta e Microsoft investono decine di miliardi di dollari per ottenere una posizione dominante in più di un livello”.
NEI SEMICONDUTTORI LA LEADERSHIP RIMANE SOLIDA
Parlando di semiconduttori, la posizione dei leader nella produzione di chip, come Nvidia, Broadcom e Micron, appare solida: potrebbero continuare a mantenere una quota di mercato dominante per anni. “Stiamo valutando ciascun livello dello stack per determinare quali società hanno migliori chance di vittoria”, spiega Dickson. “In alcuni livelli come i semiconduttori, la risposta è relativamente ovvia perché apparentemente sono poche le società che possiedono le caratteristiche tecniche e finanziarie per poter competere con successo”.
I DATA CENTER E L’ENERGIA NUCLEARE
Il tech può fungere inoltre da traino per altri settori. Dickson fornisce al proposito un esempio: “Poiché i data center dell’IA richiedono ampi quantitativi di elettricità, la costruzione trainerà la domanda di una serie di fonti di energia, ivi incluso il nucleare. A giugno 2023, Microsoft ha chiuso un accordo con Constellation Energy per rifornire di energia nucleare uno dei suoi centri dati”.
UN MITO DA SFATARE
Sarebbe da sfatare il mito per cui le società del tech non fanno dividendi. A lungo considerati appannaggio di settori maturi con prospettive di crescita in rallentamento, i dividendi secondo Dickson stanno guadagnando il favore dei colossi della tecnologia dell'informazione. “Meta, Alphabet e Salesforce hanno introdotto dividendi nella prima metà del 2024, e il relativo annuncio segna un cambio radicale di narrativa. Il dividendo di Meta e Alphabet può essere considerato un segnale di disciplina di capitale tra gli innovatori tech nonché un impegno nei confronti degli azionisti”.
TECH, DIVIDENDI IN CRESCITA
In fondo le società tech nel 2023 hanno versato il 14,1% dei dividendi liquidi totali per le società dell’Indice S&P 500, posizionandosi al secondo posto in termini di contributo settoriale in dollari. “Anche se i dividend yield di molte società tech sono modesti, gli importi in dollari sono enormi e ci aspettiamo una continua crescita degli utili sia quest’anno che nel 2025. In futuro, l’ampliamento del mercato dovrebbe creare per le strategie orientate ai dividendi un’opportunità per generare reddito e partecipare appieno all’apprezzamento del mercato. Per gli investitori orientati al reddito corrente – continua Dickson – le società attive nei settori della tecnologia e dell’aerospaziale hanno introdotto o incrementato i dividendi. I produttori di semiconduttori Broadcom e Texas Instruments e il conglomerato General Electric che si occupa di produzione e manutenzione di motori per jet, hanno incrementato i loro dividendi dalla fine del 2023”.
AEROSPAZIALE, L’INIZIO DI UN SUPERCICLO?
I viaggi aerei sono ormai tornati ai livelli prepandemia. Considerando i passeggeri in crescita e le limitazioni delle supply chain, secondo l’Investment Director azionario di Capital Group il settore aerospaziale potrebbe essere all’inizio di un superciclo. “Oltre a prevedere qualche altro anno di crescita della domanda superiore alla media, il driver più interessante riguarda forse il lato offerta, con il backlog dei nuovi aeromobili che si estende al 2030. Mercati come l’India e la Cina stanno incrementando i loro ordinativi sulla scia dell’ampliamento dei viaggi aerei in risposta all’ascesa della classe media. In un settore dominato da due produttori, Boeing e Airbus, è difficile non pensare al conseguente potere di determinazione dei prezzi”.
IL BUSINESS DELL’AFTER MARKET
Per Dickson l’aumento della domanda nel settore ha un effetto secondario altrettanto interessante. “Gli aeromobili esistenti volano più a lungo, e necessitano di più manutenzione. Quasi il 70% degli aeromobili commerciali in servizio ha più di cinque anni e il 32% più di 12. Queste dinamiche danno un’ulteriore spinta alle società che si occupano dei servizi aftermarket, un business che già di per sé offre margini interessanti. I fornitori di componenti come Safran e Melrose Industries traggono un valore significativo dai ricavi ricorrenti generati dai prodotti esistenti”, spiega l’analista di Capital Group. “Spesso sono più redditizie le parti di ricambio rispetto alla vendita iniziale perché le componenti sono sottoposte a manutenzione diverse volte lungo il ciclo di vita di un aereo. Caratteristiche durevoli come questa forniscono fondamenta solide per un potenziale di investimento a lungo termine”.
IL GIAPPONE E LA RIVOLUZIONE DIGITALE
Riforme societarie, crescita dei salari e rivoluzione digitale sono gli ingredienti che stanno aiutando il Giappone a uscire da decenni di deflazione. “I policymaker spingono le aziende a dare la priorità agli azionisti, mentre il governo ha istituito un’agenzia digitale per chiudere il divario con i competitor globali in materia di innovazione. La digitalizzazione – nota Dickson – è la chiave per superare le sfide demografiche e incentivare la produttività, e questo focus sta trainando la domanda di prodotti di società come il produttore di soluzioni software OBIC e lo specialista del distance learning JustSystems. Nel frattempo, il costo ridotto di fare business in Giappone sta attirando investimenti diretti esteri”.
TOKYO E LA SUPPLY CHAIN DEI CHIP
Anche l’industria dei semiconduttori giapponesi, spiega l’Investment Director azionario di Capital Group, sta vivendo un buon momento. “Pur non offrendo produttori avanzati o fonderie globali, aziende come Tokyo Electron producono materiali essenziali per la supply chain. Nel frattempo, le società globali stanno localizzando la produzione in Giappone; ne è un esempio l’impianto Kumamoto di TSMC. Il revival del capex e gli investimenti diretti esteri sono fattori reflazionistici. La recente apertura dello stabilimento Kumamoto di TSMC è considerata un successo, grazie alla disponibilità di risorse di progettazione, mentre l’apertura in Arizona ha risentito dei costi elevati, anche degli ingegneri stessi. Questo fa ben sperare per i futuri investimenti diretti esteri in Giappone”.
L’ASCESA DELL’INDIA
Si prospettano cambiamenti importanti anche per quanto riguarda i mercati emergenti, soprattutto a causa della riprogrammazione delle supply chain globali. “L’India, che sta divenendo una buona alternativa alla Cina – analizza Dickson – per la produzione di telefoni cellulari ed elettrodomestici, ne è un esempio. L’ascesa dell’India rappresenta comunque un trend più ampio. La crescita delle infrastrutture sta accelerando, i nuovi hub manifatturieri stanno incentivando le economie regionali e la transizione energetica mondiale sta spingendo gli investimenti esteri verso un mix più ampio di Paesi in via di sviluppo per soddisfare le esigenze produttive e di risorse naturali”.
LE ALTRE OPPORTUNITÀ NEI MERCATI EMERGENTI
Quella indiana non è, secondo l’Investment Director azionario di Capital Group, l’unica situazione da osservare con attenzione quando si considera la diversificazione delle supply chain operata dalle multinazionali. “Si tratta di un’opportunità interessante per Paesi come l’India, il Messico e l’Indonesia perché amplia le opzioni di investimento per i produttori in Europa e negli USA. Nel frattempo l’ampio sell-off in Cina ha creato opportunità per investire selettivamente in aziende con flussi di cassa solidi e quote di mercato dominanti, tra cui alcuni colossi tecnologici. Inoltre – conclude Dickson – gran parte dei mercati emergenti scambia con le valutazioni più ridotte su 10 anni su base prezzo/utili, e le banche centrali in molti di questi Paesi hanno ampio margine per tagliare i tassi d’interesse”.