Lo studio

Invesco: i fondi sovrani puntano sui mercati emergenti

Le tensioni geopolitiche diventano la principale preoccupazione degli investitori sovrani e spingono a una maggiore diversificazione geografica. La transizione energetica diventa una tema prioritario per gli investimenti a lungo termine

di Fabrizio Arnhold 23 Luglio 2024 08:00

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Per l’83% degli intervistati le tensioni geopolitiche sono uno dei principali rischi per la crescita globale nel prossimo anno, a causa delle preoccupazioni per la rivalità tra le principali potenze e per le potenziali interruzioni degli scambi commerciali. È quello che emerge dalla dodicesima edizione dell’Invesco Global Sovereign Asset Management Study, che sottolinea come la geopolitica abbia ormai superato l’inflazione come preoccupazione degli investitori sovrani.

PUNTARE SUI MERCATI EMERGENTI


Si punta sui mercati emergenti. Il 67% dei fondi sovrani prevede che nei prossimi tre anni i mercati emergenti eguaglieranno o supereranno la performance dei mercati sviluppati. I fondi sovrani, inoltre, hanno registrato un rendimento medio del 7,2%, un miglioramento significativo rispetto al -3,5% registrato lo scorso anno, primo dato negativo dal 2013, dall’inizio dell’indagine di Invesco, che si basa sulle opinioni di 140 chief investment officer di 83 fondi sovrani e 57 banche centrali.

PRONTI AD ATTRARRE INVESTIMENTI


La rivalità strategica tra Usa e Cina, per i fondi sovrani, può creare opportunità per i mercati emergenti come attrarre investimenti, stringere nuove partnership e affermare la propria influenza economica e politica sulla scena globale. Secondo quanto emerge dallo studio di Invesco, la maggioranza dei fondi sovrani (54%) si aspetta che questa dinamica competitiva favorisca i mercati emergenti, rispetto al solo 12% che non è d’accordo. L’Asia, Cina esclusa, è vista come la regione più attraente in assoluto, come un particolare interesse per l’India, grazie al suo vasto mercato interno, alla crescente classe media e alla crescente competitività globale. Da seguire anche Messico e Brasile, ben posizionati per il near-shoring verso gli Stati Uniti. Nello specifico il debito dei paesi emergenti è visto come un’asset class interessante per i fondi sovrani al fine di diversificare i propri portafogli.

CORRE L’ORO


L’intensificarsi delle tensioni geopolitiche crea uno scenario favorevole alla corsa dell’oro. La maggioranza delle banche centrali (56%) concorda sul fatto che la possibile militarizzazione delle riserve renda l’oro più attraente, mentre il 48% ritiene che l’incremento del debito statunitense ne abbia aumentato l’appeal. "Lo status dell'oro come bene tangibile e apolitico dà fiducia alle banche centrali", commenta Rod Ringrow, Head of Official Institutions di Invesco. "Soprattutto se si considera la sfida di trovare alternative valide al dollaro Usa come valuta di riserva".

TASSI DI INTERESSE E RENDIMENTI


L’indagine di Invesco ha messo in evidenza una visione diffusa secondo cui l’inflazione e i tassi di interesse sono destinati a rimanere più alti di quanto previsto in precedenza: il 43% dei fondi sovrani e delle banche centrali prevede che l’inflazione si assesterà al di sopra degli obiettivi delle banche centrali, mentre circa la metà (55%) sostiene che gli obiettivi saranno raggiunti. Il 71% dei fondi sovrani e delle banche centrali prevede che i tassi di interesse e i rendimenti obbligazionari rimarranno, nel lungo periodo, intorno al 5%. La transizione energetica è considerata un’opportunità di investimento sempre più interessante, con il 30% dei fondi sovrani e delle banche centrali che la considera una tema di allocazione prioritario. “I sovrani che si occupano di sviluppo e, in particolare, di responsabilità, hanno spesso un forte orientamento al benessere della società, oltre a rendimenti costanti a lungo termine, che rendono questi investimenti attrattivi”, conclude Ringrow.

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