Asset allocation
Schroders: farsi tentare troppo dalla liquidità è un errore
Nonostante i tassi d’interesse possano sembrare interessanti, obbligazioni e azionario rappresentano alternative migliori per chi cerca rendimento
di Redazione 25 Luglio 2024 18:00
Dopo un decennio di tassi d’interesse praticamente a zero, l’offerta degli strumenti di liquidità da questo punto di vista è cambiata radicalmente: i tassi del 5% negli Stati Uniti e nel Regno Unito e il 4% in Europa fanno sì che il “cash” in questo momento non fornisca agli investitori solo una riserva di valore nominale e di denaro liquido, ma un rendimento reale positivo. Secondo Harry Goodacre, strategist della Strategic Reaserch Unit di Schroders, non rappresenta però la scelta migliore per chi è alla ricerca di income.
“Non c’è dubbio che gli attuali rendimenti della liquidità siano interessanti rispetto ad altre asset class” ammette Goodacre. “La liquidità, rappresentata nel nostro caso dai Treasury USA a tre mesi, assicura un rendimento superiore a quello di molti titoli di Stato, e livelli simili a quelli di molte obbligazioni societarie”. Ma per quanto possa svolgere un ruolo importante nei portafogli di molti investitori, prosegue lo strategist di Schroders, “non va considerata un asset ‘a basso rischio’, come potrebbe apparire in un primo momento”.
Per gli investitori alla ricerca di income, esistono “altre opzioni” in grado di “mitigare alcuni degli aspetti negativi della liquidità, senza accrescere eccessivamente il rischio in portafoglio”. Anche se la liquidità offre attualmente un tasso superiore all’inflazione, infatti, la situazione potrebbe essere solamente temporanea. “Le banche centrali stanno attendendo la conferma che l'inflazione sia stata domata prima di tagliare i tassi” prevede Goodacre. “I tassi per la liquidità potrebbero seguire al ribasso l'inflazione”.
Il cash, prosegue lo strategist di Schroders, “non offre un flusso di rendimento stabile o prevedibile. I tassi d’interesse sulla liquidità non sono costanti nel tempo. Le obbligazioni, invece, consentono di conseguire rendimenti per un periodo di tempo più lungo. Ad esempio, i bond societari di tipo investment grade rendono attualmente circa il 5-6% a fronte di una scadenza media di 9 anni. Inoltre, viste le perdite estremamente ridotte a seguito di default – fa notare Goodacre – potrebbero rappresentare un'opzione interessante per gli investitori a lungo termine meno preoccupati delle oscillazioni dei prezzi sul breve termine”.
Se qualche investitore dovesse temere possibili default nell’obbligazionario, si tratterebbe secondo Goodacre di una preoccupazione ingiustificata. “Storicamente, i default nel comparto investment grade sono stati molto rari, con un tasso medio annuo di insolvenze limitato allo 0,1% degli emittenti. Anche nel comparto high-yield, dove i tassi di default possono raggiungere picchi molto più elevati, il tasso di default medio annuo a lungo termine si è attestato attorno al 4% negli ultimi quattro decenni (2,9% dal 1920)”. Anche in caso di insolvenza, poi, non è tutto perduto. “I tassi di recupero delle obbligazioni interessate da un default si sono attestati, mediamente, attorno al 40% nel lungo periodo”.
“Le azioni nel lungo termine hanno registrato risultati migliori delle obbligazioni, che a loro volta hanno fatto meglio della liquidità” spiega lo strategist di Schroders, portando diversi esempi a sostegno della sua tesi. “Le azioni hanno offerto un rendimento superiore all'inflazione per diversi periodi, sia negli ultimi 5 anni (12% circa) sia in 50 anni (7% circa). Anche le obbligazioni, su periodi più lunghi, a 20 o 50 anni, hanno battuto l'inflazione”. Lo stesso discorso non vale per periodi di tempo più brevi, anche perché negli ultimi anni “le obbligazioni hanno risentito del rialzo dell'inflazione e dei corrispondenti tassi d'interesse più elevati. Nel reddito fisso, tendenzialmente le obbligazioni societarie hanno fatto meglio dell'inflazione con un margine maggiore rispetto ai titoli di Stato”. I rischi nel breve termine non devono spaventare gli investitori di lungo periodo. “Per ogni periodo di 20 anni, dal 1926 a oggi, le azioni hanno registrato rendimenti superiori all'inflazione” spiega infatti Goodacre.
La volatilità dell’azionario (e in misura minore delle obbligazioni) può portare a reazioni istintive e deleterie per l’investimento: Goodacre indica però un potenziale antidoto a questo tipo di risposte. “Gli investitori che percepiscono un reddito da dividendi potrebbero essere meno preoccupati dai cali temporanei delle quotazioni azionarie” spiega. Anche perché “le società tendono a essere molto riluttanti nel ridurre i dividendi” e dunque “gli investitori interessati alla generazione di reddito potrebbero non percepire direttamente una temporanea debolezza delle performance aziendali, finché continuano a ricevere gli utili”.
Il compromesso tra rischio e rendimento che caratterizza ogni investimento, continua lo strategist della Strategic Reaserch Unit di Schroders, è dunque da ricercare altrove, perché anche se “gli attuali tassi di interesse sulla liquidità possono sembrare interessanti, ma nel lungo termine un portafoglio troppo squilibrato potrebbe presentare svantaggi”. La liquidità da un lato “può fornire la certezza del valore nominale”, ma dall'altro “è esposta a un maggior rischio di reinvestimento rispetto ad asset come le obbligazioni, che possono bloccare più a lungo i tassi d’interesse attualmente elevati”. Considerando che storicamente le azioni hanno garantito una protezione migliore contro il rischio d’inflazione rispetto alla liquidità, conclude Goodacre, “per gli investitori orientati all’income sul lungo termine e disposti a farsi carico di una certa volatilità dei prezzi, una soluzione interessante può essere un mix diversificato di asset”.
LA LIQUIDITÀ NON È A BASSO RISCHIO
“Non c’è dubbio che gli attuali rendimenti della liquidità siano interessanti rispetto ad altre asset class” ammette Goodacre. “La liquidità, rappresentata nel nostro caso dai Treasury USA a tre mesi, assicura un rendimento superiore a quello di molti titoli di Stato, e livelli simili a quelli di molte obbligazioni societarie”. Ma per quanto possa svolgere un ruolo importante nei portafogli di molti investitori, prosegue lo strategist di Schroders, “non va considerata un asset ‘a basso rischio’, come potrebbe apparire in un primo momento”.
TASSI ALTI, MA PER QUANTO?
Per gli investitori alla ricerca di income, esistono “altre opzioni” in grado di “mitigare alcuni degli aspetti negativi della liquidità, senza accrescere eccessivamente il rischio in portafoglio”. Anche se la liquidità offre attualmente un tasso superiore all’inflazione, infatti, la situazione potrebbe essere solamente temporanea. “Le banche centrali stanno attendendo la conferma che l'inflazione sia stata domata prima di tagliare i tassi” prevede Goodacre. “I tassi per la liquidità potrebbero seguire al ribasso l'inflazione”.
OBBLIGAZIONI PIÙ REDDITIZIE
Il cash, prosegue lo strategist di Schroders, “non offre un flusso di rendimento stabile o prevedibile. I tassi d’interesse sulla liquidità non sono costanti nel tempo. Le obbligazioni, invece, consentono di conseguire rendimenti per un periodo di tempo più lungo. Ad esempio, i bond societari di tipo investment grade rendono attualmente circa il 5-6% a fronte di una scadenza media di 9 anni. Inoltre, viste le perdite estremamente ridotte a seguito di default – fa notare Goodacre – potrebbero rappresentare un'opzione interessante per gli investitori a lungo termine meno preoccupati delle oscillazioni dei prezzi sul breve termine”.
IL RISCHIO INSOLVENZA È MINIMO
Se qualche investitore dovesse temere possibili default nell’obbligazionario, si tratterebbe secondo Goodacre di una preoccupazione ingiustificata. “Storicamente, i default nel comparto investment grade sono stati molto rari, con un tasso medio annuo di insolvenze limitato allo 0,1% degli emittenti. Anche nel comparto high-yield, dove i tassi di default possono raggiungere picchi molto più elevati, il tasso di default medio annuo a lungo termine si è attestato attorno al 4% negli ultimi quattro decenni (2,9% dal 1920)”. Anche in caso di insolvenza, poi, non è tutto perduto. “I tassi di recupero delle obbligazioni interessate da un default si sono attestati, mediamente, attorno al 40% nel lungo periodo”.
SUL LUNGO PERIODO VINCE L’AZIONARIO
“Le azioni nel lungo termine hanno registrato risultati migliori delle obbligazioni, che a loro volta hanno fatto meglio della liquidità” spiega lo strategist di Schroders, portando diversi esempi a sostegno della sua tesi. “Le azioni hanno offerto un rendimento superiore all'inflazione per diversi periodi, sia negli ultimi 5 anni (12% circa) sia in 50 anni (7% circa). Anche le obbligazioni, su periodi più lunghi, a 20 o 50 anni, hanno battuto l'inflazione”. Lo stesso discorso non vale per periodi di tempo più brevi, anche perché negli ultimi anni “le obbligazioni hanno risentito del rialzo dell'inflazione e dei corrispondenti tassi d'interesse più elevati. Nel reddito fisso, tendenzialmente le obbligazioni societarie hanno fatto meglio dell'inflazione con un margine maggiore rispetto ai titoli di Stato”. I rischi nel breve termine non devono spaventare gli investitori di lungo periodo. “Per ogni periodo di 20 anni, dal 1926 a oggi, le azioni hanno registrato rendimenti superiori all'inflazione” spiega infatti Goodacre.
VOLATILITÀ E DIVIDENDI
La volatilità dell’azionario (e in misura minore delle obbligazioni) può portare a reazioni istintive e deleterie per l’investimento: Goodacre indica però un potenziale antidoto a questo tipo di risposte. “Gli investitori che percepiscono un reddito da dividendi potrebbero essere meno preoccupati dai cali temporanei delle quotazioni azionarie” spiega. Anche perché “le società tendono a essere molto riluttanti nel ridurre i dividendi” e dunque “gli investitori interessati alla generazione di reddito potrebbero non percepire direttamente una temporanea debolezza delle performance aziendali, finché continuano a ricevere gli utili”.
LA SOLUZIONE È NEL MIX DI ASSET
Il compromesso tra rischio e rendimento che caratterizza ogni investimento, continua lo strategist della Strategic Reaserch Unit di Schroders, è dunque da ricercare altrove, perché anche se “gli attuali tassi di interesse sulla liquidità possono sembrare interessanti, ma nel lungo termine un portafoglio troppo squilibrato potrebbe presentare svantaggi”. La liquidità da un lato “può fornire la certezza del valore nominale”, ma dall'altro “è esposta a un maggior rischio di reinvestimento rispetto ad asset come le obbligazioni, che possono bloccare più a lungo i tassi d’interesse attualmente elevati”. Considerando che storicamente le azioni hanno garantito una protezione migliore contro il rischio d’inflazione rispetto alla liquidità, conclude Goodacre, “per gli investitori orientati all’income sul lungo termine e disposti a farsi carico di una certa volatilità dei prezzi, una soluzione interessante può essere un mix diversificato di asset”.